Organizzare un pranzo per 5 mila persone senza comprare nulla? Sì, è possibile. E’ successo il 10 maggio 2016 a New York, dove un collettivo di attivisti e volontari ha allestito una cucina a cielo aperto nella centrale Union Square con l’obiettivo di dimostrare che, soltanto usando eccedenze alimentari, si potrebbero sfamare tantissime persone. L’iniziativa si chiama «Feeding 5.000» ed è partita in Europa, dall’organizzazione Feedback, con il supporto di Stuart Tristram, uno dei volti più conosciuti della lotta contro gli sprechi.
Dopo aver toccato le principali città europee –tra cui Londra, Amsterdam e Bruxelles– è sbarcata negli Stati Uniti, tra i paesi con il più alto tasso di sperpero a livello mondiale. Il tour antispreco è proseguito a Washington, lo scorso 18 maggio. Come previsto, il pranzo ha attirato l’attenzione di newyorkesi e dei media, facendo il giro del mondo, rendendo impossibile ignorare il messaggio: sprechiamo troppo.
Un’iniziativa simile è quella di David Gross, cuoco e attivista che, partito dall’Austria, sta girando l’Europa con un furgoncino -la «wastemobile», che funziona a olio vegetale], su cui è montata una cucina mobile.
L’idea di Gross è simile a quella di Feeding 5000: creare un momento-evento in un luogo centrale di una città, coinvolgendo chef, attivisti e volontari del territorio, per attirare l’attenzione di più persone possibili, in modo divertente, ma sempre attento a veicolare un messaggio, cioè che sprecare è sbagliato e che troppo spesso gettiamo via il cibo senza riflettere.
Anche Gross fa dimostrazioni culinarie con cibo sprecato -dette «Wastecooking»-, coinvolgendo i passanti per assaggi o per insegnare loro ricette che permettono di usare il cibo magari non esteticamente perfetto, ma ancora sano e cucinabile.
David Gross è protagonista di una serie TV sul tema degli sprechi alimentari, che lo scorso anno è diventata anche un documentario che ha avuto fortuna nei festival indipendenti, amplificando la forza del suo messaggio.
Trovo che anche queste iniziative siano fondamentali per tenere alta l’attenzione sul tema degli sprechi. Spesso le organizzazioni attive contro gli sperperi e a favore della valorizzazione delle eccedenze lavorano nell’ombra. Penso ai volontari che vanno ogni sera a ritirare il cibo dai locali o dalle navi con un unico scopo: servire un pasto gratuito in più a chi ha bisogno. Mi riferisco a quelli che hanno aderito alla rete antispreco Pasto Buono, come i City Angels a Milano o i volontari del Csv a Napoli, ma anche ai tanti altri che tengono vive le mense caritative o si occupano di settori spesso trascurati, come ad esempio i giovani di EquoEvento, che ritirano il cibo rimasto al termine di feste o ricevimenti.
In questo panorama, composto da volontari silenziosi, è importante che qualcuno alzi la voce, ricordando in modo dirompente l’impegno dalle Nazioni Unite [Obiettivi di sviluppo sostenibile]: dimezzare lo spreco pro-capite di cibo entro il 2030 e ridurre le perdite alimentari nella produzione di cibo.
Gregorio Fogliani