APPELLO. CARCERE, «SALVIAMO LA LEGGE GOZZINI»


«Si respira, nella società libera, sempre più paura e ansia per la sicurezza e per la qualità della propria vita, e in carcere intanto, tra le persone detenute cresce l’ansia che nessuno “fuori”, abbia più voglia di riaccogliere chi ha commesso reati, ma ha anche iniziato un faticoso percorso di reinserimento. C’è una legge, così importante, che permette a chi sta in galera di avviare un lento rientro nella società fatto di piccoli passi, che vanno dai permessi premio alle misure alternative alla detenzione, e di coltivare in ogni caso la speranza che ci sia sempre un’altra possibilità nella vita, ed è la legge Gozzini. Una legge che vogliamo difendere con forza, perché in questi anni ha permesso a migliaia di persone di ricostruirsi un futuro decente dopo il carcere».

Inizia con queste parole l’appello «Salviamo la legge Gozzini!» lanciato nei giorni scorsi dalla rivista Ristretti Orizzonti in difesa della Legge Gozzini, che potrebbe venire scardinata dal Disegno di legge «Berselli» (il n. 623, avente per oggetto: «Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e al codice di procedura penale, in materia di permessi premio e di misure alternative alla detenzione»), che mira a ridurre drasticamente i “benefici penitenziari”, abolendo la liberazione anticipata, vietando la semilibertà per gli ergastolani e, in generale, rendendo più difficile l’ammissione a tutte le misure alternative. Spiega la rivista: «a nostro avviso il Disegno di legge “Berselli” rappresenta un pericolo gravissimo per il reinserimento dei detenuti, per il governo delle carceri e per la sicurezza di tutta la società. Ha senso rinunciare, in un momento in cui al centro dell’attenzione di tutti c’è la voglia di vivere più sicuri, a una legge che da anni contribuisce proprio a creare sicurezza?».

Vi invitiamo ad informarvi, leggendo sia il Disegno di legge «Berselli», sia l’appello «Salviamo la legge Gozzini!»: «ai nostri lettori lanciamo un appello – scrive la redazione di Ristretti Orizzonti- : «Salviamo la legge Gozzini!». Invitiamo tutti voi ad aderire a questo appello, inviandoci una vostra riflessione (o semplicemente il vostro nome), organizzando iniziative pubbliche, promuovendo una maggiore conoscenza rispetto al funzionamento dei cosiddetti “benefici per i detenuti”». Per aderire all’appello inviare un messaggio a [email protected]

Proponiamo, di seguito, una recente riflessione di Vincenzo Andraous sulla proposta di abrogazione della Riforma Penitenziaria.


ALTRO CHE SPEGNERE LA SPERANZA

Vincenzo andraous[Vincenzo Andraous • 18.06.08] Molti hanno detto che per conoscere le fondamenta e i caratteri di una democrazia, occorre indagare anzitutto il sistema penitenziario come la misura più indicativa della civiltà di un popolo. Da detenuto ho avuto la fortuna di conoscere un grande uomo e un grande cardinale, che mi ha  mostrato in pochi minuti come la sola ritorsione non solo è contraddetta dall’etica evangelica, ma non porta i risultati desiderati.

Da qualche tempo sul carcere italiano è calato un silenzio refrattario all’impegno dell’ascolto, una indifferenza che genera un trascinamento lontano dal dolore  e dalla sofferenza, come se dialogare sulla umanizzazione della pena fosse diventato un atto di lassismo politico e istituzionale.

Eppure il carcere è luogo deputato alla elaborazione della pena, della colpa, dove l’uomo della pena nel tempo non sarà più l’uomo della condanna; ma quale uomo potrà diventare in una condizione di perenne disagio, costretto fino alle ginocchia nel proprio malessere, e in quello dell’altro?

Un tempo il dentro e il fuori interagivano, riuscendo a edificare ponti di socializzazione, attraverso una capacità di coinvolgimento partecipativo da parte del personale penitenziario, con impegno da parte di quel volontariato solidale perché costruttivo, basato sulla fatica dialogica e comportamentale, e con una interazione proficua e necessaria con la società tutta.

Perfino a chi disconosce la  funzione del carcere e l’utilità della pena, non può sfuggire il valore educativo del lavoro, che la stessa Costituzione pone a fondamento del nostro Stato Repubblicano: senza occasioni di lavoro, senza l’acquisizione di strumenti formativi  professionali, il carcere come istituzione non può raggiungere gli obiettivi che gli sono richiesti, gli scopi per cui esiste nella sua utilità sociale.

In questa inquietante insicurezza, che spinge a richiedere maggiori tutele e garanzie per le vittime e i cittadini onesti, forse è proprio questo il momento di ripensare non all’abolizione della Riforma Penitenziaria, non a rendere nuovamente invisibili uomini che hanno saputo ravvedersi e tornare ad essere parte viva del consorzio sociale. É necessario ripensare un carcere dove esistano veramente tempi e modi di ristrutturazione educativa, rifacendo per davvero i conti con la metà della popolazione detenuta non italiana, con un buon altro quarto di tossicodipendenti, mentre la rimanenza è quella criminalità che ben conosciamo.

Riforme e innovazioni non sono istituti-totem da imbalsamare, ma vista prospettica per rispondere efficacemente alla richieste della collettività, che si duole di una recidiva che permane un mostro a due facce: una dimostra che la pena non aiuta a migliorare le persone, l’altra che il carcere non si riappropria della funzione di salvaguardia della comunità.

Altro che ammazzare la speranza annullando la legge Gozzini, è urgente trasformare l’ozio e un tempo pericolosamente bloccato in occasioni di lavoro e abitudine alla fatica progettuale, affinché il rispetto per la dignità personale divenga qualcosa da guadagnarsi durante l’arco della condanna, proprio perché quella speranza di essere uomini  migliori dipenderà dal lavoro che ognuno di noi sarà disponibile a fare con se stesso.

Vincenzo Andraous