CARE DONNE…


Sono perplessa e inquieta. Nel nostro Paese stanno succedendo cose che ci riguardano, ma non “sento” reazioni “di genere”. C’è una donna che denuncia i limiti del marito e giustamente ne indica la condizione di «uomo malato»; ci sono uomini che ne giustificano le anomalie comportamentali di semplice «utilizzatore finale» di donne in vendita; c’è un presidente del consiglio che nomina a cariche pubbliche e mette in liste elettorali o scambia con cariche in enti pubblici meteorine e billionarine: e noi non reagiamo politicamente?

Ci sono ragazze, del nostro genere, che si fanno vanto di ricevere farfalline d’oro per prestazioni anche solo di passività ad atti di concupiscenza visiva e tattile, che non si sentono prostituite o private di libertà e dignità: e noi senza un sussulto? Sono sorelle o figlie o nipoti delle nostre generazioni. Abbiamo posto in questione lo stacco generazionale di ragazze che non raccolgono l’eredità di madri e nonne per rivendicare non la parità al modello unico, ma la libertà di genere per cose serissime come il lavoro o la famiglia, e non sentiamo che in questa squallida vetrina pubblica quella libertà diventa uno scherno e che tutte subiamo una molteplice violenza?

Ditemi che mi sbaglio, che state raccogliendo le forze e le idee per dire che non si può parlare di stalking nella società civile, se non si rimedia a queste violenze di immagine, di linguaggio, di valori, di regole istituzionali, di prassi politica. Il nostro ragionare e operare per dare senso ad una società dei due generi ha sempre inteso contribuire a migliorare tutte le relazioni, quelle private come quelle pubbliche. Se questo è vero, non possiamo tacere né per dolore né per rabbia né per avvilimento: il silenzio è complicità e connivenza con un sultanato delle menti che arriva a pervertire anche la coscienza di alcune di noi che sono destinate a essere non “veline”, ma generatrici di futuro. (G.C.)

Fonte: da «L’opinione di», nel sito di Mosaico di pace