«CIAK SI GIRA» A SCUOLA UN CORTOMETRAGGIO SUL BULLISMO


«Creare un film responsabilizza. Ciò si verifica specialmente per quei ragazzi con problemi comportamentali, che dimostrano poca volontà e scarsa motivazione». È soddisfatto il professor Salvatore Aiello, docente di Lettere alla Scuola Media di Montecchia di Crosara (Vr), nonché regista del cortometraggio «Voto 4», interpretato dagli allievi all’interno del laboratorio di cinema «Ciak».

Ho raccolto le impressioni di alcuni studenti. Martina Menegolo (classe II A) sostiene che «nel film mi sono sentita importante e a mio agio. Quanto prodotto orienta a capire le cose giuste e le sbagliate». Apprezzano la qualità del lavoro svolto, gli studenti. Anzi ora rivelano idee più chiare rispetto al bullismo. «Se dovessi incontrare un bullo, informerei insegnante e dirigente» sottolinea Francesco Mello (II B). Gli fa eco Dharmender Singh, della medesima classe: «Proverei prima di tutto a farlo ragionare, poiché, indossando i panni del bullo, non si ottiene niente. In caso contrario, darei comunicazione ai suoi genitori e li pregherei di tenerlo lontano dalle brutte amicizie, di farlo riflettere». Andrea Casotto (III B) precisa: «L’esperienza cinematografica mi ha cambiato: mi ha permesso di compiere una battaglia contro il bullismo, che potrà sempre tornare utile in futuro». E Veronica Zenatello (II A): «Adesso sto più attenta ai comportamenti degli altri».

Nel tentativo di approfondire la questione, ho chiesto ai ragazzi se il fenomeno del bullismo interessa entrambi i sessi. Secondo Anna Biondaro (II A) «tutti e due: i maschi usano le mani, le femmine ti escludono». La pensa in questo modo anche Andrea Albertini (III B): «Tra i maschi il bullismo si manifesta costantemente, ma riguardo alle femmine si potrebbe parlare più correttamente di emarginazione dal gruppo, di allontanamenti anche senza prese in giro o burle».

Ebbene, per quali motivi si diventa bulli? Risposte ancora meritevoli di attenzione e considerazione. Elia Carbognin (II A) e Francesca Perna (II B) pensano che i motivi siano rintracciabili nel «far vedere che si è più grandi». Sara Dal Cortivo (II A) risponde: «Per farsi conoscere dagli altri».

Ulteriori interpretazioni, a pioggia: «Per farsi notare e per avere più amici», «Perché si è costretti dai coetanei», «Perché dentro, nell’animo, non si è sicuri di sé», «Per aver la certezza di essere rispettati, anche se questa non è la strada migliore». E la famiglia, la scuola come possono intervenire? «Consentendo il confronto diretto, il dialogo aperto» mi dicono gli alunni. «Innanzitutto serve comprendere il ragazzo, quindi rivolgergli la parola, ma sarebbe anche opportuno ricercare la collaborazione di una persona più competente ed esterna ai fatti. La famiglia dovrebbe essere la prima responsabile dell’educazione e del comportamento del figlio. Perciò, insieme alla scuola, ha il compito di prendere provvedimenti e, per quanto possibile, di prevenire la comparsa del bullismo».

Infine i ragazzi commentano, entusiasti: «Il film ci ha richiesto fatica e impegno. Bello e avvincente, trasmette un messaggio positivo che può essere seguito da altri. Sotto la guida del  nostro esperto professore, l’abbiamo “costruito” passo dopo passo, immedesimandoci nella storia. La profonda collaborazione fra tutti noi ha determinato la buona riuscita del lavoro. «Voto 4» è stato un modo per aprirci ai compagni, per credere nei loro talenti, per avere fiducia anche in chi magari si ritiene meno capace, insomma… per crescere».

E il professor Aiello aggiunge: «Ho scelto un assistente alla regia come mio braccio destro durante le riprese, specialmente per le più complesse, come ad esempio le scene corali. La sceneggiatura prevedeva personaggi adulti, così ho contattato i colleghi proponendo loro le varie parti. Il coinvolgimento dei genitori, con i set approntati anche nelle abitazioni degli allievi, ha fatto sì che le famiglie vivessero l’esperienza della “scuola che va a casa”. Le scene in esterni sono state girate in paese, e ciò ha favorito una migliore conoscenza del territorio».



Maria Bertilla Franchetti