06.08.07 – Verona – «IL RACCONTO DEL LUPO»

Nell’ambito della Rassegna dell’autore del «FESTIVAL DEL TEATRO DI VERONA», si terrà lunedì 6 agosto alle ore 21 a Verona, presso l’Arsenale «IL RACCONTO DEL LUPO», di Gianni Franceschini, a cura del Viva Opera CIrcus, con Gianni Franceschini (attore-pittore) e Dario Ferronato (chitarre e armonica). Lo spettacolo: Il LUPO è un “luogo” dell’immaginario popolare, un insieme di simboli e significati talmente ampio da toccare civiltà e culture diverse. Il LUPO è cacciatore, accompagnatore nell’aldilà, abitatore delle tenebre, indice di coraggio e forza, ma anche di fertilità e vita. E’ un animale da uccidere e da salvare, un animale che si trasforma, l’uomo può diventare lupo, le persone ai margini del mondo vivono come dei lupi. Il LUPO divora, non si stanca mai, è misterioso e magico. Al LUPO si parla, al LUPO si scrivono lettere, col LUPO si può perfino ballare, il LUPO mangia, ma può anche salvare e allevare bambini. Cosa può significare oggi per i bambini/ragazzi il LUPO? Oggi non si incontrano più i lupi nei boschi, ma resta pur nella non-realtà un fascino indescrivibile, forse perchè profondo, infantile e primitivo, verso questa bestia che permette e stimola fantasticherie e immaginazioni straordinarie. Il LUPO è lo sconosciuto, il pauroso e quindi l’affascinante, è forse la parte nascosta, marginale di ognuno di noi. Il LUPO porta con sè una contraddizione irrisolvibile, ha in sè due aspetti opposti: quello feroce e violento della sua natura selvaggia e quello benefico del suo potere di illuminare le tenebre e quindi di guidare i passaggi, viaggi verso scoperte, percorsi verso la crescita e la maturazione. Il LUPO accompagna tra inquietudini e luminosità, lungo il sentiero della vita. Un uomo arriva nella sua casa, in un paese, dopo tanto tempo; la famiglia e i vecchi amici lo stanno aspettando. Lui è scomparso tanti anni prima. Comincia a raccontare…in realtà non era sparito, ma si era trasformato in lupo, ora ha avuto un permesso speciale dal re dei lupi per poter ritornare per un solo giorno uomo. Ecco che racconta come si vive da lupi, qual’è la sua storia, quali i suoi incontri , le sue vicende, la sua meravigliosa esperienza. Ritornano sensazioni di vita passata, della sua infanzia, delle sue paure ed aspirazioni, i rapporti con l’ambiente e i motivi della sua antica trasformazione, quasi una fuga da un mondo che non riusciva a conoscere, a fare suo. Cresce una denuncia del malessere del ragazzo, dei suoi sogni, del suo voler essere capito, della sua scelta di cambiare il mondo. Quasi un disperato desiderio di qualcosa di migliore, che simbolicamente diviene la vita coi lupi, ma che è metafora di qualsiasi scelta di un valore anche irrazionale ed inspiegabile. L’uomo ritorna alla sua vita selvaggia di lupo, lasciando ai suoi cari umani l’esempio e forse la voglia di scoprire una dimensione di vita comune più vera, fondata sulle relazioni e sui sentimenti piuttosto che sulle apparenze e i ruoli dati da un contesto sociale. L’emozione, la comicità, il dramma si alternano con commenti musicali e un estemporaneo intermezzo con la partecipazione del pubblico. Come nelle narrazioni dei contastorie irrompono anche il colore, il segno e la figura in immagini pittoriche proiettate e create dal vivo.
Linguaggi: Teatro d’attore, narrazione, proiezioni video, musica dal vivo.

Note a cura di Marzia Pieri – docente storia del teatro università di Siena
“Questo spettacolo di Gianni Franceschini, ufficialmente destinato ai bambini, è una specie di raffinato dramma di formazione, denso di simboli e di riferimenti alla sua storia umana e artistica e cioè al teatro, alla poesia, al senso del precario e avventuroso di questo nostro stare al mondo. Il racconto del lupo che si anima in scena dai gesti parchi e remoti del cantastorie/attore è la fiaba eterna della paura, qui rovesciato di segno con provocatoria efficacia, ma sempre carica di inquietudine.
Costante, il protagonista, torna stanco e affamato al suo luogo d’origine, e lì si racconta, davanti a una platea muta e variamente ostile o indifferente; i genitori, il sindaco, il maestro, il prete, i carabinieri ma anche i bambini che reduplicano sul palco i suoi elettrizzati interlocutori della platea, e, un po’ in disparte, due personaggi-chiave: l’amata Maristella e il poeta Giuliano, i suoi numi tutelari. Costante racconta a tutti loro la storia – vera o finta che sia – delle meravigliose avventure che gli sono capitate dal giorno lontano della sua sparizione che aveva gettato tutti in subbuglio. Stonato e reietto nel mondo degli uomini, ma, come il principe di Calderon suo omonimo, sempre fedele con semplicità a se stesso, egli cerca il proprio destino nell’altrove magico del bosco, portandosi dietro un tesoro che nasconde sottoterra: le insegne principesche (mantello, cappello, cavallo) e i simboli della creatività (il pennello e il libro di poesie). Inseguendo questo tesoro sottrattogli da una lupa spaventosa, precipita, come Alice, in un buco nero, da cui riemerge in un’altra dimensione.
E’ il regno dei lupi, un mondo che sta fra la corte dei miracoli, il paese collodiano delle api industriose e la città di Utopia, con un re severo e bonario e molti coprotagonisti, reduci da tutte le fiabe del mondo con i loro acciacchi di vittime obbligate (il lupo bollito dei tre porcellini e quello ricucito e riempito di sassi di Cappuccetto Rosso) e le loro identità specifiche che, via via, Costante è in grado di riconoscere oltre l’indistinto terrore di essere mangiato da un momento all’altro che all’inizio l’attanaglia.
Comincia così per lui una nuova vita, cioè la vita la più normale, finalmente in armonia con se stesso e con gli altri: si gioca a calcio, si va a scuola, si caccia, si imparano poesie, si fa festa, si fa all’amore nelle notti di luna, si recita. All’inizio stupito e impacciato dalle nuove regole di questo mondo dove tutti hanno spazio di esistere, Costante, lentamente, trova se stesso, finchè il bacio della misteriosa e selvaggia Argento, la lupa che lo ha attirato nell’avventura, lo guarisce della perdita inconsolabile di Maristella, scomparsa in un’auto blu nell’autostrada che aveva cancellato i suoi campi di gioco e di tutte le sue perdite e le sue sconfitte.
Così può entrare nella compagnia del Teatro dei Miracoli, guidata da quel fra Lupo Capocomico che ha imparato, a Gubbio, a conoscere gli uomini recitando la parte conveniente del lupo buono secondo gli insegnamenti di un uomo un po’ speciale come San Francesco. Lo spettacolo, che dà corpo ai sogni, restituisce a Costante la sua vera identità di Principe, segna il compimento di tutta la sua vita, appena un attimo prima che l’irruzione violenta degli uomini distrugga il mondo dei lupi in una battaglia all’ultimo sangue.
Ma il teatro è in grado appunto di fare i miracoli non importa dove e come: il Principe Costante si è coperto di gloria anche se gli assassini hanno distrutto l’anima della foresta. Risparmiato dai predoni per la sua insignificanza, chiede licenza al re e, preannunciato dal poeta Giuliano che fa da tramite fra i due mondi, torna fra i suoi a raccontare la propria storia, per poi ripartire verso il bosco con i suoi tesori lasciando alle spalle il segno del lupo dipinto freneticamente in scena in un’indiavolata performance conclusiva che entusiasma i bambini del pubblico.
La magia ha funzionato ancora una volta; c’è dentro una miscela di forme spettacolari diverse, una memoria culturale ricca e complessa che accosta alla narratività epica dei racconti di fiabe, da cui si genera l’anima stessa del teatro, lo spessore metateatrale della tragedia barocca, antropologia, psicanalisi e autobiografismo all’ombra luminosa di Scabia, l’amico-maestro che Gianni Franceschini da anni affianca in una comune testimonianza di fede tranquilla nella necessità della poesia”. (Marzia Pieri)