LIBRI. «FUORITEMPIO. OMELIE LAICHE»

[Valerio Gigante – Luca Kocci • 28.11.08] «Fuoritempio. Omelie laiche» raccoglie una scelta significativa di commenti al Vangelo della domenica affidati a uomini e donne, credenti, non credenti oppure cristiani non cattolici, laici o preti o religiosi che per scelta, per condizione o per decreto si trovano a vivere da credenti “sulla strada”, fuori da ogni protezione o benedizione del potere ecclesiastico. Riflessioni, non “prediche”, poco clericali, quindi; ma forse proprio per questo profondamente evangeliche, condotte da persone che hanno accolto l’invito di lasciarsi provocare dal dirompente messaggio di Gesù.

«Fuoritempio. Omelie laiche» raccoglie una scelta significativa di commenti al Vangelo della domenica affidati a uomini e donne, credenti, non credenti oppure cristiani non cattolici, laici o preti o religiosi che per scelta, per condizione o per decreto si trovano a vivere da credenti “sulla strada”, fuori da ogni protezione o benedizione del potere ecclesiastico. Riflessioni, non “prediche”, poco clericali, quindi; ma forse proprio per questo profondamente evangeliche, condotte da persone che hanno accolto l’invito di lasciarsi provocare dal dirompente messaggio di Gesù.

Ad alternarsi sulle pagine di questo libro, nato da una rubrica che Adista, storica agenzia progressista di informazione politico-religiosa, ha inaugurato nel 1998, un eterogeneo e autorevole gruppo di “omileti”, significativo anche e soprattutto per un pubblico di lettori laici, poco addentro alle questioni del tempio, ma forse curiosi di leggere un commento al Vangelo sottratto al genere predicatorio, svestito del rassicurante ed asettico stile del linguaggio ecclesialese, che cerca di far risuonare la grazia dell’inquietudine, della domanda, dell’attesa, che evita vapori spiritualistici e languori buonisti, che tenta di «affliggere i consolati» – come proponeva don Tonino Bello – e di convertire i buoni.

Testi di: Vinicio Albanesi, Franco Barbero, Angelo Bertani, Luigi Bettazzi, Fausto Bertinotti, Leonardo Boff, Giancarlo Bregantini, Benedetto Calati, Gabriella Caramore, Anna Carfora, Giancarlo Caselli, Augusto Cavadi, Stefano Ceccanti, Giovanni Cereti, Vannino Chiti, Giancarla Codrignani, Vitaliano Della Sala, Nicoletta Dentico, Daniela Di Carlo, Giovanni Franzoni, Jacques Gaillot, Gianni Geraci, Rita Giaretta, Maria Caterina Jacobelli, Lidia Maggi, Giuliana Martirani, Enzo Mazzi, Arturo Paoli, Renzo Petraglio, Xabier Pikaza, Marco Politi, Antonietta Potente, Pasquale Quaranta, Armido Rizzi, Brunetto Salvarani, Mirella Sartori, Giorgio Tonini, Adriana Valerio, Marcello Vigli, Adriana Zarri.

AUTORI

Valerio Gigante e Luca Kocci, amici sin dagli anni universitari, hanno uno biografia simile. Entrambi nati nel 1973, entrambi insegnanti di Lettere, lavorano da diversi anni come redattori dell’Agenzia di informazione religiosa «Adista».

Valerio GiganteLuca Kocci (a cura di)

FUORITEMPIO. OMELIE LAICHE (anno B)

Di Girolamo editore, Trapani

Anno 2008 – 208 pagine – 15,00 euro

ISBN 9788887778427

Il testo può essere acquistato presso l’editore Di Girolamo.

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Prefazione

SEMPRE LA STESSA PREDICA?

Un breve commento al Vangelo della domenica affidato alla scrittura non dei soliti “addetti ai lavori” – preti e religiosi che già usano i pulpiti ecclesiastici e mediatici – ma ai “non addetti”: uomini e donne, magari profetici ma ritenuti un po’ “eretici”,  e per questo privi (o privati) del pulpito o ridotti al silenzio da una gerarchia ecclesiastica che sempre meno ama chi si ostina a cantare “fuori dal coro”. Uomini e donne che per scelta, per condizione o per decreto si trovano a vivere la loro condizione di credenti (ma spesso anche di non credenti sensibili al fascino del rivoluzionario messaggio evangelico) “sulla strada”, fuori da ogni protezione o benedizione del potere ecclesiastico.

Insomma,una omelia “fuori-tempio”, che esce dalla sacralità del tempio per entrare nella laicità della storia, come l’Incarnazione: è stata la sfida raccolta in dieci anni (siamo partiti nell’autunno del 1998) da Adista, l’agenzia di stampa laica che da più di 40 anni diffonde informazione religiosa a tutto campo e senza reticenze. Tante apparenti contraddizioni unite ad un’iniziativa che – per come è nata – è stata a suo modo dirompente, portando con sé una riflessione profonda e radicale sul senso della laicità; e non solo per questa esperienza della Parola, portata fuori dal perimetro che disegna la separatezza del templum fidae aperto dell’agorà in cui le interpretazioni confliggono.

Si tratta, in realtà, di fare i conti fino in fondo con le violente trasformazioni che stanno cambiando questo nostro inquieto presente, sempre più simile per paradosso al falso movimento di un “fermo-immagine” che non lascia spazio ad attesa alcuna, né a senso ulteriore. Uno still-life dai contorni vaghi e incerti sembra il ritratto di questa transizione lunga che attraversa la politica come la società, la giustizia come i diritti, l’economia come l’informazione, la Chiesa come la cultura: come cantava qualcuno tempo fa, «c’è sempre qualcosa che bolle, ma niente nella pentola».

Eppure, nella foschia di questi giorni, c’è chi possiede bussole e sestanti adatti a realizzare i propri disegni, le proprie mappe, i propri interessi: è il caso, ad esempio, dell’affannosa ricerca di una sorta di “sicurezza nazionale” della fede (Ad tuendam fidem ), di “radici” su cui tentare di far crescere una pianta che non si vuole riconoscere dai propri frutti, come pure insegna il Vangelo; o di “progetti culturali” che si configurano come l’offensiva più massiccia e capillare per normalizzare il cammino di liberazione di un popolo che il Concilio aveva chiamato a decifrare i segni dei tempi, a farsi Chiesa con coraggio e responsabilità. O per i tanti provvedimenti che in questi anni hanno “silenziato”, indebolito, perseguitato in vario modo le voci più profetiche della cristianità inquieta, adulta, non omologata al pensiero unico laico ed ecclesiastico.

Non è, dunque, per una sorta di ripiegamento, né tantomeno per cercare scorciatoie che abbiamo pensato ad una sorta di «Lectio humana», costruita settimana dopo settimana interrogando da vicino il testo evangelico per riscoprirne lo scandalo e l’implacabilità profetica; l’irriducibilità del kerygma ad ogni pretesa omologazione. Come già avvertiva Sergio Quinzio, «ascoltando le omelie nelle nostre chiese, assuefatti come siamo a sentirci ripetere le antiche parole, non ne capiamo più nemmeno il senso (…). Non appartengono al nostro linguaggio, e forse la più grande difficoltà che l’uomo contemporaneo incontra quando cerca di avvicinarsi alla fede cristiana sta appunto in questa profonda differenza di linguaggi».

Ed è proprio questo scarto che siamo chiamati a trasformare in sfida, opportunità di dialogo e confronto per capire cosa continuino a dirci queste parole e come lascino il segno nelle nostre storie di donne e di uomini, di popolo dell’Esodo che, nonostante tutto, continua a cercare. Ognuna di queste omelie – che, etimologicamente, rinviano al chiamare a raccolta di una moltitudine che è e vuole essere comunità – sperimenta il bilico e l’equilibrio di quella laicità che Mario Cuminetti diceva essere a un tempo «assunzione di aporie e contraddizioni, sofferenza e rabbia, speranza e sogno».

I commenti che proponiamo si propongono di sottrarre il Vangelo al genere predicatorio del tempio, per restituirlo alla laicità e alla universalità delle strade e di coloro che le percorrono negli ambiti più diversi della vita quotidiana. Rispetto alla gloria della Domenica, l’invito è, dunque, a fare esperienza del Sabato; a lasciare che nel silenzio delle opere risuoni la grazia dell’inquietudine, della domanda, dell’attesa, della pazienza, degli spazi bianchi in cui la Parola prende il suo timbro e riceve il suo senso. Nessun vapore spirituale, né languore “buonista”, però: se queste omelie sapranno affliggere i consolati, avranno svolto solo metà del proprio.