[2001] William Van Alen Jr è un avvocato con la pelata, le labbra strette e sottili, le mani spesso incrociate sul grembo, un impeccabile giacca blu e una dedizione ossessiva della Bibbia. Un giorno chiese a Gesù Cristo "la fede e la guida della vita terrena". Un percorso tortuoso e un’ispirazione improvvisa lo hanno portato nel 1996 alla creazione di un fondo destinato a seguaci delle Sacre Scritture per conciliare l’investimento con l’armonia dei valori biblici: il fondo di Noé ( Noah’s Fund).

PREGHIERE E CAPITAL GAIN

Il simbolo è quello di una colomba con un ramoscello d’ulivo che si allontana dall’Arca. Van Alen ha raccolto sottoscrizioni per 14,6 milioni di dollari, poco meno di 30 miliardi di lire, ha un rendimento cumulativo del 103,77%, annualizzato del 16,63%, anche perché negli ultimi 12 mesi ha subito una perdita del 44%. Come politica d’investimento, il fondo di Noè segue i principi biblici fondamentali: non investe in aziende che operano direttamente o attraverso le loro sussidiarie nella produzione di alcool, tabacco, nella gestione del gioco d’azzardo o nella pornografia. Di più: il 10% delle commissioni viene destinato a missioni caritatevoli, come l’Esercito della Salvezza, la Crociata di Cristo Internazionale e il Centro antiaborto di Modesto, in California. Quei 14,6 milioni di dollari possono sembrare una cifra da nulla. Ma il fondo di Noè è solo un esempio: fra il 1997 e il 2000 si è vista in America una vera e propria esplosione di fondi di investimento a connotazione religiosa. Mussulmani, mennoniti, cattolici, avventisti del settimo giorno, scienziati cristiani, luterani hanno dato alla fede un contrappunto finanziario nel rispetto delle regole molto particolari di questa o quella denominazione religiosa. La stima è che il mercato legato ai “valori” (che include anche i boicottaggi politici, come capitò al Sud Africa), possa valere circa 2mila miliardi di dollari (4.000.000.000.000.000.= di lire), pari al rimborso del debito americano in dieci anni proposto da George W. Bush. Quello religioso in particolare è stimato a livello globale tra gli 800 e i mille miliardi di dollari. La necessità di conciliare esigenze di investimento spesso diverse con i dettami religiosi, non è più soltanto un problema morale, ma molto semplicemente un problema di segmentazione di mercato al quale i grandi gruppi finanziari come Citicorp o Commerzbank o fondi pensione come Calpers o Tiaa-Cref hanno già risposto offendo a loro volta prodotti specializzati. “E’ un nuovo mercato che rientra nella tradizione di investimenti legati ai “valori”. Oggi non si può ignorare”, dice Amy Domini, un precursore nel settore degli investimenti con connotazione morale o religiosa.Il suo fondo, costituito nel 1984, gestisce circa 2 miliardi di dollari: alla fine dello scorso anno la Ford, la Hewlett Packard e Gap l’hanno incluso fra le destinazioni per i loro fondi pensione: “Dobbiamo scegliere l’investimento in funzione dei nostri principi cristiani – continua Domini – le aziende del settore difesa o quelle del settore energetico nucleare sono off limits per il Domini funds, ma guardiamo anche ad altro: ad esempio abbiamo escluso Wal-Mart, perché favorisce il lavoro nero a cottimo”. L’onda, dunque, sale. I Christian Scientist – 200mila anime che si rifanno a un movimento religioso fondato nel 1875 da Mary Baker Eddy, contraria all’uso dei medici e delle medicine – possono investire nel fondo Allegiance, fondato tre anni fa. “Nel 2000 siamo scesi solo dell’8%, la prudenza della fede ci aiuta!”, dice Kevin Kuinitchett. Peccato che negli ultimi 12 mesi, complice il calo generalizzato della Borsa che domina i mercati, la flessione sia del 36%. Allegiance non investirà mai in aziende farmaceutiche, che producono attrezzature e macchine per gli ospedali, e men che meno nelle biotecnologie o nella genetica. Gli avventisti dispongono del Pooled Income Fund e i mennoniti del Mma Praxis Mutual Funds. John Rempel, pastore mennonita, era preoccupato del fatto che un fondo secolare nel quale investiva aveva partecipazioni in una miniera sudamericana irrispettosa dei diritti umani. Ha disinvestito ed è passato al Mma, che offre prodotti diversi (reddito fisso, azionario, media capitalizzazione internazionale) fedeli ai principi promulgati da Menno Simons, un prete olandese, che attorno al 1537 fondò il movimento da una scissione da Martin Lutero. E i cattolici? Per loro c’é l’Aquinas Fund, un fondo che vale 179 milioni di dollari. Nel depliant campeggia il ritratto di San Tommaso D’Aquino, guida spirituale del fondo. “Valori cattolici attraverso una proprietà attiva”, recita lo slogan. Le regole d’investimento riflettono le direttive di una lettera pastorale dei vescovi cattolici americani intitolata “Giustizia economica per tutti”. A differenza di Allegiance, Aquinas non ha problemi d’investimento nel settore sanitario (ci mancherebbe!). I suoi princìpi sono simili a quelli degli altri fondi cristiani, dei luterani o degli avventisti del settimo giorno: no all’alcool, al gioco d’azzardo, alla pornografia (il che taglia fuori una bella fetta dei titoli editoriali e dei media). No soprattutto a chi appoggia o finanzia l’aborto: sei aziende farmaceutiche, su pressioni di Aquinas, hanno dovuto firmare l’impegno a non distribuire la cosiddetta pillola del giorno dopo. Senza contare che una parte dei proventi di Aquinas vanno al St. Antoninus Institute, un istituto che appoggia attività abortiste. I fondi più attivi, ma anche più intransigenti, sono quelli musulmani. Le regole sono molto strette. Niente maiale, niente alcool. Osservare le regole per poi fare i profitti su attività considerate illecite è quantomeno un imbarazzo. Anche perché un consiglio di teologi islamici esperti delle leggi musulmane della Sharia ha già condannato gli investitori impudenti e imprudenti. Ma la faccenda si complica perché la Sharia proibisce il reddito da tassi d’interesse. E in un’economia di mercato caratterizzata da rendimenti obbligazionari privati e pubblici, attività bancarie e grosse operazioni di leverage per finanziare un’acquisizione, la vita per il musulmano osservante desideroso d’investire si fa presto impossibile. Peggio ancora, se un musulmano partecipa a un hedge fund dovrà sincerarsi che il fondo non operi in attività di short selling, altro grande anatema. Tanto più che il mercato musulmano ha un valore di circa 150 miliardi di dollari, oltre 300mila miliardi di lire. Per questo l’anno scorso Commerzbank ha lanciato un fondo destinato esclusivamente ai musulmani, che boicotta “istituzioni finanziarie che applicano tassi d’interesse e favorisce aziende automobilistiche, delle tlc, del petrolio”. La Citicorp ha lanciato un fondo analogo un paio di mesi fa. E visto che c’è mercato, la Dow Jones ha creato un gruppo per l’ “indice islamico”, cominciando a setacciare due paesi musulmani inclusi nel suo indice globale: Malesia e Indonesia. Il risultato è stato deludente: seguendo i dettami della legge islamica, solo 28 aziende locali potevano essere catalogate in osservanza delle leggi. A quel punto, il comitato per la Sharia ha cercato di esprimere pareri più “indulgenti”. La conclusione è stata che un tasso di interesse, se molto basso – sotto al 5% – poteva essere accettato. A quel punto, l’indice musulmano su 34 Paesi ha potuto includere 600 aziende: un numero finalmente accettabile per un’adeguata politica d’investimento. Uno dei fondo musulmani più importanti è Amana growth, che offre persino partecipazioni ai programmi di pensionamento sul mercato americano. “Investimenti per tutti, musulmani e non”, recita lo slogan con un improvviso slancio ecumenico. E poi chiosa: “la prudenza e la fede, alla fine pagano doppio”. Non c’è solo il capital gain da mettere in conto, c’é anche il dividendo spirituale!. Infine sarebbe interessante sapere come tutti questi fondi “etici” si comportano con le azioni IBM,  senza i cui macchinari, la manutenzione continua e il rifornimento di schede perforate, i campi di sterminio di Hitler non avrebbero mai potuto eseguire lo sterminio; macchine di calcolo, stampanti, selezionatrici e programmi ad hoc stavano fin dentro i lager, come a Dachau, Mauthausen e Storkow.