[Checchino Antonini • 20.10.03] Intervista a Raniero La Valle.

RANIERO LA VALLE: «L’ONU NON PUO’ NASCONDERE L’INVASIONE»

Di un «quadro nuovo», ha parlato il leader ds Fassino a proposito della delibera Onu, che trasforma gli eserciti occupanti l’Iraq in forza multinazionale sebbene agli ordini del Pentagono. «No non sono d’accordo: da un punto di vista giuridico la risoluzione non muta il carattere della presenza di forze straniere è un’occupazione che segue l’aggressione di un paese sovrano», spiega a Liberazione Raniero La Valle, storico esponente della sinistra cristiana, a lungo senatore indipendente eletto nelle liste deL PCI. In virtù del “quadro nuovo”, sembra che pezzi di Quercia, rami d’Ulivo e petali di Margherita che, solo una settimana fa, marciavano tra Perugia e Assisi, siano pronti a calcarsi di nuovo l’elmetto sul capo e spedire alpini freschi a Baghdad per rimpiazzare i demoralizzati marines. 

C’è una risoluzione delle Nazioni Unite del dicembre ’74 che chiarisce le idee sulla questione, visto che ognuno tende a definire aggressioni le guerre del suo nemico. L’aggressione è un crimine di diritto internazionale e, secondo quella norma dell’Onu, “consiste nell’uso delle forze armate da parte di uno stato contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di un altro stato”. Ne consegue che è aggressione anche “qualsiasi occupazione militare anche temporanea derivante da quell’attacco” (recita l’articolo 3). Come, appunto, la presenza oggi delle forze straniere in Iraq. Il consiglio di sicurezza non può stravolgere le sue leggi. 

Però quella risoluzione ha trovato l’unanimità. 

Bisogna chiedersi perché Francia, Germania, Russia, Cina ma anche paesi come Messico, Cile, Guinea e Camerun, che non s’erano lasciati corrompere dagli Usa, abbiano cambiato idea. Non credo che si siano pentiti, penso che l’abbiano fatto per uscire dall’illegalità della situazione attuale, per ripristinare un quadro internazionale condiviso. Ma Francia e Germania continuano a rifiutare uomini e soldi per quel teatro. Non esistono le condizioni perché l’Italia prolunghi la sua partecipazione finora, per altro, solo simbolica in una regione lontana dagli scontri. 

Dunque l’apertura di credito, la cosiddetta “svolta” di cui si parla nel centrosinistra stride parecchio con la contrarietà alla guerra della stragrande maggioranza della popolazione. 

Certo, un voto per prolungare la missione è incompatibile con il sentimento pacifista profondo di grandi masse ma c’è una questione più generale: qual’è il ruolo di Italia e Europa in una situazione così grave? Perché un conto è cercare di ripristinare il quadro internazionale, altro comportarsi da sgabello degli Stati Uniti. E’ importante la coincidenza della risoluzione con l’irruzione dell’ambasciatore Usa che è piombato nel mezzo di un vertice tra i ministri della difesa di Francia, Belgio, Germania e Lussemburgo per scongiurare la costituzione di un “quartier generale della difesa europea”. L’unico comando deve essere quello della Nato, gli Usa non vogliono che l’Europa sia autonoma da questo punto di vista e sarebbe un suicidio assecondarne i piani fornendo loro supporti in Iraq. 

Dopo tutto questo, ritiene urgente una riforma dell’Onu? 

Le Nazioni Unite non funzionano perché non vengono messe in condizione di poterlo fare. Gli Usa stanno compiendo una secessione dal ’99. Il problema allora è che si ritorni all’Onu attuando disposizioni mai attuate. Ad esempio, ricorrere a forze armate autonome dagli stati per ripristinare la pace e la sicurezza o, ancora, facendo funzionare l’assemblea generale quando non riesce a funzionare il consiglio di sicurezza. Si può ancora fare molto con le norme vigenti: a partire dalla costituzione di una forza di interposizione da spedire in Israele. 

E che ruolo può svolgere la “seconda potenza mondiale”, come è stato definito il movimento contro la guerra “senza se e senza ma”? 

Deve fare politica. Deve raccordarsi con le istituzioni perché certe questioni vanno approfondite e la rappresentanza politica non va lasciata a sé stessa. I movimenti devono elaborare posizioni politiche mature.