[Amnesty International • 08.01.04] Mentre il governo sudanese e l'Esercito popolare di liberazione del Sudan (Spla) raggiungono un accordo sulla divisione dei proventi del petrolio e di altre risorse, la popolazione civile e' presa in trappola nel conflitto che prosegue senza soluzione di continuita' nella regione del Darfur. In questo territorio il governo e le forze filo-governative si scontrano con l'Esercito di liberazione del Sudan (Sla) e il Movimento giustizia e uguaglianza (Jem)...

SUDAN. AMNESTY INTERNATIONAL DENUNCIA UCCISIONI, RAPIMENTI DI BAMBINI E DETENZIONI ARBITRARIE

Mentre il governo sudanese e l’Esercito popolare di liberazione del Sudan (Spla) raggiungono un accordo sulla divisione dei proventi del petrolio e di altre risorse, la popolazione civile e’ presa in trappola nel conflitto che prosegue senza soluzione di continuita’ nella regione del Darfur. In questo territorio il governo e le forze filo-governative si scontrano con l’Esercito di liberazione del Sudan (Sla) e il Movimento giustizia e uguaglianza (Jem).
“Un accordo di pace duraturo per il Sudan non può essere concluso finche’ gli abusi dei diritti umani provocati dalla guerra nel Sud continuano ad aver luogo” ha affermato Amnesty International. “Mentre i colloqui di pace in Kenya facevano registrare progressi importanti per quanto riguarda gli accordi tra il governo e lo Spla, il conflitto e la crisi umanitaria nel Darfur sono peggiorati. I villaggi vengono distrutti e abbiamo i nomi di centinaia di persone uccise e di bambini rapiti dalle milizie filo-governative”.
Secondo stime delle Nazioni Unite, il conflitto ha già provocato 3000 morti, soprattutto civili. L’aviazione sudanese ha bombardato i villaggi, ma nella maggior parte dei casi le uccisioni e le distruzioni sono state provocate dalle milizie filo-governative conosciute come Janjawid. La scorsa settimana sono state uccise piu’ di 200 persone, per lo più donne e bambini, e decine di villaggi intorno alla città di Zalingel sono state attaccate dall’esercito e dalle milizie Janjawid. Le abitazioni sono state date alle fiamme, il bestiame e altri beni sono stati razziati. Circa 7000 persone sono state costrette ad abbandonare le proprie abitazioni per fuggire all’interno del paese o verso i confini del Ciad. La maggior parte di esse ha urgente bisogno di cibo e cure mediche. Il 2 gennaio almeno 13 persone, compresi bambini di nove anni, sono state rapite dalle milizie Janjawid nel villaggio di Ma’un. Amnesty International ha ricevuto ulteriori segnalazioni di rapimenti di bambini e adulti.
“Queste notizie rappresentano la drammatica ripetizione di quanto già accaduto nella regione di Bahr el-Ghazal, a ovest della capitale Khartum, tra il 1983 e il 2002, i peggiori anni del conflitto con lo Spla. In quel periodo almeno 12.000 persone, soprattutto bambini e giovani appartenenti ai gruppi etnici meridionali, vennero rapite dalle milizie del Nord sostenute dal governo sudanese” ? ha denunciato Amnesty International. Dallo scorso aprile la regione del Darfur ha conosciuto un vero e proprio esodo di massa. Oltre 700.000 persone hanno lasciato le proprie abitazioni per riparare altrove nel Darfur, più di 90.000 si sono rifugiate in Ciad. Di conseguenza, la popolazione delle principali città del Darfur e’ raddoppiata. Ciò nonostante, il governo sta accentuando la crisi umanitaria nella regione, permettendo alle proprie milizie di saccheggiare, uccidere e distruggere e limitando il movimento delle organizzazioni umanitarie, che pertanto non riescono a consegnare gli aiuti umanitari che la comunità internazionale ha messo a disposizione per i rifugiati. Decine di attivisti del Darfur sono stati arrestati perché sospettate di simpatizzare per l’opposizione e si trovano agli arresti senza possibilità di contatti con l’esterno o di una revisione giudiziaria. Molti di loro hanno denunciato di aver subito torture o maltrattamenti. Amnesty International rinnova il proprio appello per l’immediato dispiegamento di osservatori, compresi esperti nel diritto internazionale dei diritti umani, e l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulla crisi in corso nel Darfur.