[di Vittorio Zambaldo (L'Arena) • 10.08.02] Perché proprio a Verona, sacerdoti e laici, si sono distinti nel dialogo ecumenico con la Chiesa ortodossa russa? L'interrogativo se l'è posto padre Vladimir Zelinsky, parroco ortodosso a Brescia, docente di lingua e civiltà russa all'Università Cattolica di Milano e Brescia, dopo la lettera-appello, che chiedeva di superare le attuali difficoltà e di tenere vivo il dialogo tra Chiese sorelle, inviata da Verona ad Alessio II e dopo la risposta del patriarca di Mosca e di tutta la Russia a don Luigi Adami, primo firmatario. Zelinsky, incaricato di redigere un articolo per la rivista Chiesa e tempo, quadrimestrale teologico ufficiale del Patriarcato, ha voluto incontrare a San Zeno di Colognola i protagonisti di questo dialogo paziente e tenace. «La nostra iniziativa non ha avuto nessuna veste ufficiale», premette don Luigi Adami, «ma è stata solo un gesto personale nato dalla sensibilità ecumenica di alcuni cattolici che vivono da molti anni una relazione di amicizia e di dialogo con fratelli nella stessa fede», sottolinea il sacerdote, presente all'incontro con altri confratelli (don Sergio Carrarin, don Ruggero Favalli, don Giovanni Gottardi, don Piergiorgio Morbioli) e alcuni laici (Silvana Pozzerle, del Segretariato per le attività ecumeniche, Renzo Caprara, cattolico con la moglie Marina Bakhmatova, ortodossa russa).

VERONA, PARTE DA QUI IL DIALOGO ECUMENICO CON LA RUSSIA

Perché proprio a Verona, sacerdoti e laici, si sono distinti nel dialogo ecumenico con la Chiesa ortodossa russa? L’interrogativo se l’è posto padre Vladimir Zelinsky, parroco ortodosso a Brescia, docente di lingua e civiltà russa all’Università Cattolica di Milano e Brescia, dopo la lettera-appello, che chiedeva di superare le attuali difficoltà e di tenere vivo il dialogo tra Chiese sorelle, inviata da Verona ad Alessio II e dopo la risposta del patriarca di Mosca e di tutta la Russia a don Luigi Adami, primo firmatario. Zelinsky, incaricato di redigere un articolo per la rivista Chiesa e tempo, quadrimestrale teologico ufficiale del Patriarcato, ha voluto incontrare a San Zeno di Colognola i protagonisti di questo dialogo paziente e tenace. «La nostra iniziativa non ha avuto nessuna veste ufficiale», premette don Luigi Adami, «ma è stata solo un gesto personale nato dalla sensibilità ecumenica di alcuni cattolici che vivono da molti anni una relazione di amicizia e di dialogo con fratelli nella stessa fede», sottolinea il sacerdote, presente all’incontro con altri confratelli (don Sergio Carrarin, don Ruggero Favalli, don Giovanni Gottardi, don Piergiorgio Morbioli) e alcuni laici (Silvana Pozzerle, del Segretariato per le attività ecumeniche, Renzo Caprara, cattolico con la moglie Marina Bakhmatova, ortodossa russa). Don Luigi ripercorre le tappe che hanno portato alle recenti difficoltà di dialogo fra Vaticano e Patriarcato, in particolare la decisione dello scorso 11 febbraio di elevare a diocesi le quattro amministrazioni apostoliche create in Russia dal 1991. «Una decisione, ci pare, non rispettosa della Chiesa russa, per il modo in cui è stata attuata, e inoltre non necessaria per assistere pastoralmente i cattolici romani residenti nella Federazione russa», ritengono i firmatari della lettera.
Alessio II ha risposto due mesi dopo dichiarandosi cordialmente riconoscente, grato per la comprensione della sofferenza della Chiesa russa e convinto che i rapporti di collaborazione possano continuare, con la speranza che prima o poi le attuali difficoltà siano superate. Il viaggio a Mosca di un nutrito gruppo di pellegrini veronesi lo scorso luglio, guidato da don Adami e dal giornalista Luigi Sandri, ha rinsaldato i legami tra le due comunità cristiane. «Apprezziamo molto la vostra coraggiosa decisione di mandarci la lettera per sostenere la nostra posizione. Penso che questa sia veramente una manifestazione fraterna nei confronti della Chiesa sorella. Siete venuti per conoscere la vita della nostra chiesa e pregare al cospetto dei suoi santi», ha ricordato Alessio II ricevendo i veronesi nel monastero di San Daniele sede del Patriarcato. La più alta guida spirituale degli ortodossi russi ha richiamato il Concilio Vaticano II e definito «non amichevole» il comportamento del Vaticano che ha istituito le diocesi in terra russa. «Riteniamo che fra Chiese sorelle non ci possa essere il proselitismo, ma questo avviene da parte dei cattolici in Russia, dando aiuti materiali a gente povera per comperarne gli animi, perfino negli orfanotrofi si fa proselitismo. Quando l’attività della chiesa greco-cattolica fu sospesa dal governo sovietico», ricorda il Patriarca, «quanti sono rimasti nell’animo cattolici hanno continuato a pregare e servirsi delle nostre chiese, formandosi nei nostri seminari. Sarebbe stato naturale, con il ritorno della libertà religiosa, un grazie alla chiesa sorella, invece sull’onda del nazionalismo gli ortodossi sono cacciati a forza dalle proprie chiese, i sacerdoti picchiati, dissacrati i luoghi sacri e tutto ciò non nel selvaggio medioevo ma ai giorni nostri e nei confronti di una chiesa sorella. Finché non ci saranno condizioni di parità per la chiesa ortodossa russa e per i cattolici nelle regioni occidentali dell’Ucraina questo sarà un serio ostacolo ad un incontro tra me e il Papa», sottolinea Alessio II. «Non abbiamo nessun mandato, nessuna veste ufficiale, per questa visita», ribadisce don Adami all’udienza con il patriarca, «solo un’ispirazione che parte dallo Spirito. Nella nostra povertà e piccolezza continueremo a pregare e ad agire perché nonostante le difficoltà cresca il dialogo ecumenico e la fraternità fra noi e le nostre chiese», conclude il sacerdote veronese. Padre Zelinsky ascolta il racconto delle lettere e del viaggio e riflette: «Il vostro gesto è stato molto importante perché ha fatto capire agli ortodossi che non tutta la Chiesa cattolica è oppressiva come alcuni tentano di dipingerla. La maggioranza del clero ortodosso non è né contro né a favore dei cattolici, sta cercando solo la verità in un momento difficilissimo dal punto di vista delle condizioni materiali, ma poverissimo anche per gli spiriti aggrediti dalla secolarizzazione e dal consumismo occidentale», nota il religioso russo. Usa un paragone efficace per descrivere la situazione: «Noi ortodossi russi siamo come un convalescente che è uscito da una lunga malattia. Abbiamo bisogno di tempo per riprendere forza e dialogare alla pari con chi ci sta accanto e ogni gesto potrebbe essere interpretato come una sopraffazione di chi è in salute e approfitta delle tue condizioni». In questa luce i cattolici veronesi stessi chiedono alla propria coscienza se abbia senso intervenire in questo momento con doni ed elargizioni che potrebbero essere mal compresi. «L’attenzione primaria deve essere il servizio dell’accoglienza per conoscerci reciprocamente. La conoscenza deve precedere la carità», spiega Marina Bakhmatova. L’ecumenismo sperimentato nella chiesetta veronese di San Salvatore Vecchio, non più utilizzata per il culto e concessa dal vescovo in uso agli ortodossi russi della nostra città, non ha prodotto nessuna conversione di cattolici all’ortodossia né viceversa. «Perché l’ecumenismo è scambio di doni, non furto in casa d’altri», rimarca padre Zelinsky. Lo hanno messo in pratica anche le suore di Madre Teresa di Calcutta che a Mosca, davanti a un moribondo che chiedeva il battesimo, sono andate a chiamare il pope perché celebrasse il sacramento. Il diritto canonico avrebbe permesso anche a un bambino di amministrare il battesimo, ma l’ecumenismo ha delle regole che sono scritte nei cuori e non nei codici.