ALEX ZANOTELLI: «SERVE UN FORTE RISVEGLIO DELLE COSCIENZE»

Dalla rivista mensile di Pax Christi «Mosaico di pace» di novembre 2005 riprendiamo l’editoriale di Alex Zanotelli.

P. alex zanotelliLa barbara uccisione dell’on. Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria ci ha riportati tutti a toccare con mano lo strapotere della ‘ndrangheta, oggi regina delle mafie. Ci rendiamo conto che le mafie, dalla Sicilia alla Campania, sono ritornate a controllare il territorio come e più di prima. E non è semplicemente un fenomeno meridionale ma è ormai un cancro che rode l’intero tessuto nazionale. «Il problema oggi – ha detto il coraggioso vescovo mons. Bregantini ai funerali di Fortugno – non è solo a Locri ma è soprattutto a Roma. C’è una dimensione nazionale e non solo locale». É quanto mi avevano ripetuto i ragazzi tossicodipendenti del rione Sanità di Napoli: «Alex, non usare più la parola camorra, ma parla di ‘o sistema’». La ‘ndrangheta ha un fatturato di 35 milioni di euro, superiore al Pil della California. É sempre più ricca e sempre più internazionale, spiazzando la stessa Cosa Nostra. «Si è rafforzata nel silenzio – ha scritto recentemente Attilio Bolzoni su “La Repubblica” – nelle complicità vicine e lontane, ha stretto patti con i cartelli colombiani, si è inserita nelle logge massoniche o nel sistema economico come neanche i siciliani erano riusciti a fare». É importante oggi sottolineare questi intrecci tra cosche mafiose e logge massoniche.

Sembra ormai confermato che ogni cosca abbia il suo rappresentante nella locale loggia massonica (trovo incredibile il totale silenzio stampa sulla massoneria e sul ruolo che sta giocando). Questa situazione preoccupa seriamente questa redazione di “Mosaico di pace” perché la nostra è una rivista collocata a Sud e non può non essere interpellata dal fenomeno mafioso. Come possiamo dirci una rivista sulla pace se non ci impegniamo in prima fila ad analizzare e poi a sfidare queste organizzazioni criminali responsabili di una violenza inaudita all’interno delle nostre comunità? E’ questo l’insegnamento di Tonino Bello (che ha voluto – e ha voluto al Sud – “Mosaico di pace”) che tanto si è impegnato anche su questo fronte. In fedeltà al grande vescovo (“santo” lo ha chiamato Bregantini) la nostra rivista desidera affrontare con più coraggio questo “cancro”. «La ‘ndrangheta non è un tumore da estirpare da un organismo sano – afferma l’antropologo Lombardi Satriani -. É così invischiata nel tessuto economico che non si può non entrare in contatto». É soprattutto nella cultura così profondamente mafiosa. Una cultura diffusa che sta diventando globalizzata. Le piccole cosche della ‘ndrangheta e di Cosa nostra sono legate a livello mondiale (e sono le più ricche del pianeta) e controllano il cuore della finanza internazionale. Sono queste famiglie, legate sia alle mafie sia alle logge massoniche sia ai servizi segreti, che governano il mondo. É questo intreccio incredibile fra realtà mafiose locali e grandi famiglie che controllano la finanza che rende ancora più difficile l’impegno contro le mafie locali. Davanti a tutto questo, cosa possiamo fare noi?

MANIFESTAZIONE a locriNon lasciamo sola la Chiesa e la comunità calabrese. Sarebbe bello leggere un appello congiunto dell’episcopato calabrese. Una lettura condivisa della realtà che possa incoraggiare le comunità cristiane della regione. Perché non pensare un Concilio regionale delle Chiese del Sud per affrontare questa drammatica realtà? Sarebbe auspicabile che tutta la Chiesa italiana si prepari al convegno nazionale del prossimo anno a Verona focalizzando l’attenzione su questo problema chiave. Per realizzare tutto questo e’ necessario che le realtà ecclesiali di base facciano rete con tutte le altre realtà. Solo così possiamo affrontare le mafie: esse non possono ammazzare intere comunità né un popolo unito. Non ci servono croci, ci servono cittadini uniti che si alzano in piedi.

Occorre un forte risveglio delle coscienze, non alimentando piu’ l’iniquità del male, opponendoci alle richieste estorsive, denunciando l’usura. Occorre uno sforzo comune da parte di tutti contro una diffusa cultura mafiosa che è humus per il dilagare della criminalità organizzata. In un contesto mafioso deve nascere uno stile di vita alternativo: «Più chiara sia la nostra parola di preti, più vivo il Vangelo che annunciamo, più profetica la nostra testimonianza cristiana, più consequenziale tutta la nostra vita» (mons. Bregantini).

Alex Zanotelli


GRILLOnews vi propone di seguito l’intera omelia pronunciata da Mons. GianCarlo Maria BREGANTINI il 19 ottobre durante il funerale dell’on. Francesco Fortugno

 

MONS. GIANCARLO MARIA BREGANTINI

OMELIA PER LA LITURGIA ESEQUIALE DELL’ON. FRANCESCO FORTUGNO

Cattedrale di Locri, mercoledì 19 ottobre 2005


MONS. giancarlo bregantiniCarissimi fratelli e sorelle,

vi saluto con un cuore pieno di lacrime e di coraggio, nel nome del Cristo Risorto, alfa ed omega, punto focale della nostra Storia, anelito di ogni cuore e speranza che asciuga le tante lacrime dai nostri occhi. In primo luogo mi stringo ai familiari dell’on. Francesco Fortugno, cui va la mia più affettuosa solidarietà e vicinanza, le tante Autorità di ogni ordine e grado, a livello locale, regionale e nazionale, cui rivolgo un rispettoso saluto di stima, insieme ai tanti presbiteri e seminaristi, con le religiose, i giovani soprattutto e l’intero popolo di Dio.

La cerimonia che stiamo vivendo si inserisce, direttamente, proprio nel grande evento del CONGRESSO EUCARISTICO DIOCESANO. Infatti, proprio mentre la Diocesi tutta, nella memorabile serata di luce di Domenica pomeriggio, celebrava l’inizio del Congresso, segno di riconciliazione nel sangue del Cristo, “versato per amore” in luoghi dove tanto sangue era stato versato, è giunta la notizia della barbara uccisione dell’On. Francesco Fortugno, il cui sangue si aggiunge così al tanto sangue già sparso in questa nostra amata ed amara terra della Locride. Si è forse accorciata la mano del Signore sopra di noi?

Ben ha dipinto questa situazione di tristezza diffusa il profeta Geremia: “da grande calamità è stata colpita la figlia del mio popolo, da una ferita mortale…!” (14,17). Non sia fuori luogo la terribile domanda, sgorgata dal cuore del profeta: Hai forse rigettato completamente la città di Sion?…perchè ci hai colpito? Non c’è rimedio per noi! Aspettavamo la pace, l’ora della salvezza ed ecco il terrore” (14,19). 

Proprio perché tanto la amiamo questa terra, tutti noi, ci penetra dentro questa ferita mortale. E mille volte ci chiediamo: “perché tanto sangue? Perché questa uccisione? Chi l’ha così proditoriamente pensata, organizzata e attuata? Perché proprio nei confronti di quest’uomo, che si è sempre distinto per umanità, tanto ascolto, amabilità, vicinanza alla gente, spessore umano e politico, senso religioso della vita in lui e nella sua vasta famiglia, cui siamo affettuosamente vicini e solidali? Perché?”.

Sul piano delle indagini, dovranno essere gli inquirenti a saper rispondere. Con forza, chiediamo che sia fatta luce al più presto e con la maggior professionalità possibile, fino all’arresto dei colpevoli. Senza esternazioni fuori luogo. ma con quella serietà e misura che arriva, pazientemente, ma ostinatamente, allo scopo, da tutti atteso.

Sul piano politico, abbiamo finalmente visto una riscossa forte di tutte le realtà partitiche, nazionali e regionali, per reagire a questa devastante offesa alla Politica. La visita di ieri pomeriggio del Presidente Ciampi, in questo senso, si è stata di grande conforto e sostegno, con le sue parole affettuose, umanissime ed insieme incoraggianti per il futuro di questa nostra terra. Perché il problema, oggi, non è solo a Locri, ma è soprattutto a Roma. Cioè a dimensione nazionale, non solo locale.

La ‘ndrangheta, infatti, con questo delitto:  ha voluto dire che intende dominare e sottomettere proprio la Politica, locale e nazionale, perché sia strumento docile ai suoi enormi interessi economici; cerca perciò di spezzare i legami, preziosi, tra la classe politica e la gente, per ricondurli a sé, per meglio dominare e piegare entrambi; per questo, ha voluto dare un macabro messaggio di umiliazione sociale, per intimorire e paralizzare ogni altra azione di bene e di sviluppo.

Questa è la nostra lettura. Condivisa da tanti, da tutti, crediamo, oggi, in questa cattedrale e fuori sulla piazza, gremita di gente, con occhi rigati di rabbia e di dolore. Eppure, qui si innesta la scelta che come Diocesi abbiamo fatto di iniziare il Congresso Eucaristico proprio da una zona bagnata di tanto sangue, anche recente. Cioè, proprio là dove il sangue è stato versato da mani inique, è necessario “versare”  il sangue di Cristo, l’unico antidoto perché non sia più versato il sangue del fratello. Solo Cristo, che ha istituito l’eucarestia nella notte del tradimento, come supremo dono d’amore, potrà trasformare la violenza in amore, la morte in vita e la vendetta in perdono.

Due striscioni si congiungono, idealmente, nel mio cuore: quello bianchissimo dei nostri studenti delle scuole di Locri, che con questa immagine hanno colpito e fatto pensare l’Italia tutta. Con tutti voi, anch’io ho tanto apprezzato il loro gesto, la loro fantasia creativa, che con l’intuizione giovanile, sa parlare con i segni in modo efficace.  E lo striscione dei ragazzi di Bruzzano, altrettanto coraggioso, che così recitava: “In Gesù eucaristico, la violenza si trasforma in amore!”, valorizzando la grande omelia di Papa Benedetto ai giovani della Giornata Mondiale a Colonia!

Queste due immagini hanno una forza immensa: l’indignazione e la tristezza dello striscione bianco, insieme con la forza trasformante che, tutti insieme, dobbiamo dare a questo tragico evento, riempiendo lo striscione bianco di parole di speranza. Di fronte all’evento, non dobbiamo subirlo, ma trasformarlo; non viverlo nel vuoto della rabbia, ma valorizzarlo, per nuova progettualità culturale; non lasciarlo nella emotività di pochi giorni, già tipica di questa terra e per giunta, ora, sussidiati da una inaspettata catena mediatica, ma proporre a noi tutti una triplice purificazione, che cambi il nostro cuore e la nostra terra. Paolo ci ha detto: Perciò non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si fa disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno!  (2 Corinzi, 4,16).

Mi poneva un giornalista una domanda inaspettata ed originale: “Ma questo atto, non potrebbe essere un gesto di debolezza?”. Ho tanto riflettuto su questa intuizione, molto ci ho pregato. E credo sia la chiave di lettura che dobbiamo dare a questo evento. Il vangelo lo ha reso con efficacia immensa, nella toccante immagine del seme che muore e produce molto frutto. (Giovanni 12, 24-26).

La morte dell’onorevole Fortugno sia proprio questo seme che, caduto in terra, muore sì ma nel suo morire, porta per tutti noi, per la nostra gente, per questa amata terra di Calabria, per il suo ospedale, per la politica e per la chiesa tutta una purificazione trasformante.

A triplice livello:  spirituale, culturale, politico.

a) UNA PURIFICAZIONE SPIRITUALE: è per noi, radunati in questo luogo, la principale e decisiva. Come chiesa, sulla scia del santo vescovo don Tonino Bello, questo evento ci spinga sempre più a quelle tre scelte fondamentali: annunciare, denunciare, rinunciare. Più chiara sia la nostra Parola di preti, più vivo il Vangelo che annunciamo, più profetica la nostra testimonianza di cristiani, più consequenziale in tutto la nostra vita. A tutti i preti e a tutti i cristiani chiedo chiarezza di vita, coraggio anche fino al martirio. Alla bellezza della Domenica, aggiungiamo la coerenza del lunedì!

Cresca l’Adorazione eucaristica, frutto di questo Congresso, fattosi tremendamente vero, per imparare, da quel gesto, specie per i giovani, ad adorare solo e soltanto la grandezza di Dio, senza mai piegare il capo di fronte al male e di fronte ad altri idoli, suadenti ma ingannevoli, per non essere succubi dei prepotenti e dei mafiosi. Riprendiamo l’efficace scelta del digiuno, per la conversione dei delinquenti. Non sembri fuori luogo questo gesto antico, perché resta sempre una delle forme più attive di non-violenza, per affinare le nostre coscienze, per non ingoiare i cammelli, per resistere al falso mito del denaro facile, per risvegliare le coscienze dei deboli, allenandoci così ad un’etica di speranza e di coraggio.

b) UNA PURIFICAZIONE SOCIO-CULTURALE,  frutto maturo della purificazione spirituale. Perché una vera spiritualità cambia poi la nostra vita. Specie nell’ambito dell’onestà nella vita professionale e sul lavoro, fatto di impegno serio, con una rinnovata motivazione e aggiornata qualificazione. Non più vivere né pensare in termini di assistenzialismo, che ha devastato la nostra coscienza e desertificato la nostra terra, svuotandola di ogni iniziativa imprenditoriale. Se tutto aspettiamo dagli altri, nulla mai faremo e nulla costruiremo per il futuro nostro e dei giovani né saremo più capaci di opporsi a chi, con la forza della violenza, vuole mangiare sugli appalti, speculare sulla cooperazione, organizzare il controllo del territorio. Occorre un forte risveglio delle nostre coscienze, non alimentando più l’iniquità del male, opponendoci alle richieste estorsive, denunciando l’usura. Ecco perché mi piace riportare qui uno striscione dei giovani, che ieri hanno sfilato nelle vie della nostra città, così ferita ed insieme così tenace: L’omertà, la vostra forza; noi giovani, la vostra fine! Ma soprattutto, occorre che tanto, tanto amiamo questa nostra terra di Calabria. E’ poco amata, poco conosciuta, mal raccontata (solo nei grandi eventi negativi si vedono le televisioni nazionali e i corrispondenti dei grandi giornali!). Ogni mamma, ogni maestra, ogni catechista sappia trasmettere, con passione, l’amore alla propria terra. Allora, le case saranno finite, le strade curate, le scuole dignitose, le chiese aperte, i lavori fatti bene, i circoli culturali attivi, i partiti concreti, le iniziative imprenditoriali portate a termine!

c) UNA PURIFICAZIONE POLITICO-ECONOMICA, frutto maturo del precedente cammino spirituale, etico e culturale.

Finalmente, in quest’occasione, si sono svegliati i grandi partiti sul caso Calabria. E’ triste, per me, dire “caso Calabria”. Non la cito mai così, la chiamo sempre “terra di giardino”, perché così l’hanno fatta le mani sapienti del Padre, riempendola di colori e di profumi! Ma quanto sangue in questo giardino, quante volte Caino vi ha ucciso  Abele!

E allora, chiedo a tutte le forze politiche di star molto accanto alla gente, di ascoltarla, di star vicino alla Locride, di seguire i nostri passi, di intrecciare le economie del Nord, più organizzate, con la freschezza delle intuizioni dei nostri giovani imprenditori, di rifinanziare il prestito d’onore, di non tagliare la spesa sociale, perché allora, non intervenendo adeguatamente nelle ferite aperte, esse non saranno feritoie di grazia ma cancrena sociale, che la mafia, astutamente e perfidamente, utilizzerà per i suoi iniqui scopi!

Soprattutto dobbiamo tutti vigilare, con mezzi adeguati e forze intelligenti,  specie con la Guardia di Finanza, sull’utilizzo dei fondi, sui palazzi che crescono di colpo, sull’usura, piaga vergognosa che la mafia utilizza vastamente per il controllo del territorio, intervenendo tramite un pool di polizia specializzato, senza attendere che sia il povero usurato a denunciare, nel sostegno sistematico ai pochi ma coraggiosi testimoni di giustizia. La politica deve dimostrare che lo Stato c’è. Non la polizia, ma gli investimenti e il lavoro lo dimostreranno realmente e renderanno credibile tale dichiarata presenza, di cui tutti abbiamo immenso bisogno.

E chiudo, rivolgendomi con forza alla giustizia di Dio, giustizia certa, che insegue con determinazione i passi, tristissimi, degli  uccisori e di chi ha ordinato questo infame delitto, chiarissimo per le sue modalità mafiose.  Chi ha fatto il male – abbiamo sentito nel salmo 10- lo paga sempre, perché il Signore spezza il braccio dell’empio e  del malvagio! Se lo diciamo con forza, a rischio di essere fraintesi, è perché, in questa assurda catena di omicidi impuniti, si è perso il santo timor di Dio, l’unico deterrente contro il male devastante.

Al termine, canteremo una struggente canzone alla Madonna Addolorata, in dialetto, che proviene dai nostri paesi interni, struggente e commovente, che spezza il cuore, dedicandola alla moglie Maria Grazia,  alle tante mamme colpite negli affetti più cari, ma anche alle mamme di chi fa il male, perché la drammaticità del dolore delle nostre mamme cambi finalmente il cuore indurito dei killer e dei mandanti. “Tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; sconvolti ma non uccisi; perseguitati ma non abbandonati ”, con lacrime amare, annunciamo ancora la bellezza della vita, con rigenerato coraggio, dono dello Spirito che sempre ci consola e tutta sa rinnovare, perché anche la faccia della Locride, così insanguinata e così bella, cammini sulla strade del coraggio verso un futuro di speranza. Amen.


Locri, 19 ottobre 2005,

+ p. GianCarlo Maria BREGANTINI

Vescovo di Locri-Gerace