[GIORGIO BERETTA • 06.06.03] In crescita e sempre più verso il medio oriente. Sono questi i dati salienti che emergono dall'ultima Relazione sulle esportazioni autorizzate di armi italiane. Una crescita del 6,6% rispetto all'anno precedente e soprattutto la conferma di "un'area che per molti anni ha rappresentato uno dei mercati strategici per le imprese italiane del settore": il medio oriente...

ARMI ITALIANE: NUOVI AFFARI IN MEDIO ORIENTE

In crescita e sempre più verso il medio oriente. Sono questi i dati salienti che emergono dall’ultima Relazione sulle esportazioni autorizzate di armi italiane. Una crescita del 6,6% rispetto all’anno precedente e soprattutto la conferma di “un’area che per molti anni ha rappresentato uno dei mercati strategici per le imprese italiane del settore”: il medio oriente.

Proprio mentre gli Stati Uniti accusavano la Siria di traffici di armi con Saddam Hussein, l’Italia autorizzava una nuova commessa per Damasco di sofisticati sistemi di visori notturni di puntamento e di controllo del tiro per carri armati T72 di fabbricazione sovietica. La notizia, riportata da un quotidiano italiano (Avvenire) all’indomani della pubblicazione della “Relazione sull’esportazione autorizzata di armamenti 2003”, ha suscitato un certo scalpore: in quei giorni, infatti, il segretario Usa alla difesa Donald Rumsfeld includeva la Siria tra i “paesi canaglia” che sostengono il terrorismo internazionale e lo stesso Rumsfeld menzionava tra gli altri i “visori notturni per carroarmati” arrivati a Bagdad via Damasco. Visori, quelli venduti dall’Italia alla Siria, prodotti oltretutto da un’azienda controllata dallo stato, le Officine Galileo della Finmeccanica. Nel 2002, si legge nella Relazione, sono partiti dall’Italia, destinazione Damasco, armamenti per un totale di 18.806.050 euro (più di 36 miliardi di lire). Si tratta di 17 esportazioni che fanno parte di una mega commessa da 266.379.656 euro (515 miliardi di lire) firmata nel lontano 1998 e che non si è mai interrotta, malgrado le continue accuse di violazioni al governo siriano. Insomma tutto fa pensare ad un affare di nuove triangolazioni, di cui l’Italia si era distinta negli anni ’80 prima dell’entrata in vigore della legge 185 del 1990 che regola (o meglio, dovrebbe regolare) con criteri rigorosi “l’esportazione di sistemi di armamento e di prodotti di alta tecnologia”. Un affare, quello con la Siria, che ha suscitato qualche domanda anche in parlamento ma, passato il clamore della notizia, la questione appare ormai già archiviata.

Destinazione Paesi Nato?
Eppure, quella alla Siria, non è la sola autorizzazione a suscitare perplessità: con qualche oscillazione, le commesse verso i paesi del Sud del mondo rappresentano da anni la metà dell’export italiano di armi e il calo di quest’anno verso quest’area è solo apparente. Degli oltre 920 milioni di euro di nuove autorizzazioni, un incremento del 6,6% rispetto all’anno precedente (erano 862 milioni nel 2001), il 55% riguarderebbe infatti paesi Nato, che ricoprivano solo il 26% l’anno precedente. Ma se analizziamo i dati, ci accorgiamo che dei 506 milioni di euro di export verso paesi Nato, 85 milioni sono destinati ai paesi dell’area orientale dell’alleanza: Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Turchia. Paesi che hanno normative sul commercio delle armi alquanto permissive e che sono stati oggetto anche di recente di “triangolazioni”, come ha ben documentato Chiara Bonaiuti nell’ultimo numero della rivista dell’Osservatorio sul commercio delle armi (Oscar) di Ires Toscana.
 E’ vero: la maxi-commessa di quest’anno riguarda la Spagna (240 milioni di euro di autorizzazioni tra cui 218 milioni per 62 autoblindo Centauro del Consorzio Fiat Iveco-Oto Melara). I “venti di guerra”, poi, hanno portato un incremento notevole delle esportazioni verso la Nato: autorizzazioni per 30 milioni verso la Germania (erano poco più di 22 milioni quelle del 2001), 66 milioni di euro quelle verso la Francia (a fronte degli 8 milioni nel 2001) e sono più che raddoppiate le autorizzazioni all’export verso gli Usa (dai 16 milioni del 2001 agli oltre 36 milioni dello scoro anno). Ma i veri affari si fanno con i paesi del Medio Oriente che si conferma, come esplicita la stessa Relazione 2003, come “un’area che per molti anni ha rappresentato uno dei mercati strategici per le imprese italiane del settore”.

Il gran bazar del Medio Oriente
E’ il Medio Oriente il “mercato di eccellenza” delle armi italiane. Due anni fa, con oltre 119 milioni di euro di autorizzazioni all’export, l’Arabia Saudita aveva rappresentato il secondo maggior cliente italiano: un cliente che lo scorso anno ha commissionato nuove armi per altri 29 milioni di euro. Segue a ruota il Kuwait che nel 2002 ha firmato commesse per quasi 83 milioni di euro da aggiungersi ai 12 milioni dell’anno precedente; e poi la Turchia, che tra i paesi Nato dell’area, rappresenta da anni uno dei maggiori clienti (45 milioni di euro di autorizzazioni nel 2000 e nel 2001 e 20 milioni lo scorso anno), la Siria (12,5 milioni) e l’Oman (7,7 milioni) per citare solo i principali. Tra i quali non appaiono stavolta gli Emirati Arabi Uniti, che con un megacontratto di oltre 600 milioni di euro si erano assicurati nel 1999 “apparecchi elettronici per l’aeronautica” dell’Elettronica spa di Roma.

Ma i Paesi orientali si contraddistinguono soprattutto nelle esportazioni definitive. La lista delle consegne effettuate nel 2002 vede in testa, infatti, due paesi dell’Estremo oriente: la Malaysia con 42 milioni di euro e la Corea del Sud (40 milioni), segnale evidente della crescente tensione nell’aera. E subito nell’elenco seguono vari paesi dell’area medio orientale: Dubai che ha acquistato armi per oltre 37 milioni di euro, la Turchia che ha ricevuto consegne per 19 milioni di euro, la Siria (18,8 milioni), l’Algeria (15 milioni), il Kuwait (2 milioni), l’Egitto (1,7 milioni), Bahrain (1,5 milioni) per menzionare solo i principali. Non va dimenticato, però, Israele verso il quale non sono state rilasciate nel 2002 “nuove autorizzazioni”, ma al quale lo scorso anno sono comunque state consegnate armi per quasi 1 milione dei 1,7 milioni di euro di precedenti autorizzazioni.

E, un po’ più ad est, vanno ricordati altri “clienti tradizionali” come India e Pakistan: New Delhi si è aggiudicata nuove autorizzazioni per 37,5 milioni di euro, mentre ad Islamabad sono giunte consegne per 17,5 milioni. Sempre in Oriente è singolare il caso della Repubblica Popolare Cinese, un paese dichiaratamente comunista, al quale il governo Berlusconi concede nuove autorizzazioni per ben 22,8 milioni di euro e effettua consegne per oltre 9,5 milioni. Inoltre, tra le maggiori commesse dell’area orientale spiccano quest’anno l’autorizzazione a Singapore per 46 milioni di euro (di cui quasi 10 milione già consegnate), le nuove autorizzazioni alla Malaysia (27 milioni di euro), all’Oman (7,7 milioni), a Taiwan (al quale sono concesse autorizzazioni per oltre 4,5 milioni e recapitate armi per 7,1 milioni di euro), alla Thailandia (3,9 milioni) fino ai Brunei, al Bangladesh e alle Filippine. Insomma, Medio Oriente (17%) e Asia Orientale (16%) si assicurano insieme un terzo delle nuove autorizzazioni segno di un mercato non solo consolidato ma in evidente crescita.

E le banche?
Nell’anno della maxicommessa alla Spagna, la regina delle “banche armate” (vedi tabella) è una banca con sede principale in Spagna: il Banco Bilbao Vizcaya (216 milioni di euro di importi autorizzati). Ma gli istituti bancari italiani continuano nelle loro performances di appoggio alla vendida di armi: la Bnl (138 milioni) si aggiudica il 18% delle nuove autorizzazioni mantenendo lo share dell’anno precedente; la Banca di Roma, adesso Capitalia, (98,4 milioni) col 13% permane ai primi posti; il Gruppo bancario S.Paolo-Imi con 80 milioni di nuove autorizzazioni raddoppia la sua prestazione che raggiunge così il 10% del totale; Banca Intesa-Bci (54,5 milioni) migliora e supera il 7%. Chi invece riappare in classifica è UniCredit, che se da un lato smaltisce col Credito Italiano autorizzazioni precedenti per quasi 50 milioni, dall’altro ne acquisisce altrettante di nuove, nonostante le dichiarazioni di due anni fa di voler chiudere con le operazioni di appoggio al commercio delle armi.


Da “Missione Oggi” – Giugno 2003
http://www.saveriani.bs.it/Missioneoggi/Campagne/Banche/nuoviaffari.htm