BRASILE. PADRE FRANCO VIALETTO, MISSIONARIO E SINDACO


«Teniamo acceso il fuoco sotto la pioggia» era stato l’invito indirizzato oltre un anno fa, il 14 maggio 2007, da padre Franco Vialetto a quanti erano intervenuti all’incontro pubblico organizzato a San Bonifacio (Vr) dall’Associazione Missionaria. Una metafora che il missionario comboniano originario di Nove (Vi) aveva lanciato dopo aver illustrato nel dettaglio il ventaglio di iniziative pastorali e progetti sociali che dal 1974 lo vedono impegnato a realizzare a Cacoal, città di 80 mila abitanti situata nello stato del Rondônia, in Brasile. Da quell’incontro mi ero portato a casa l’impressione di aver ascoltato un uomo buono, umile, molto determinato ed in grado di trasmettere fiducia e speranza a piene mani. Doti che a Cacoal gli riconoscono in molti. Ed evidentemente è grazie anche a queste sue caratteristiche se gran parte degli abitanti del grosso centro brasiliano hanno deciso di affidargli un incarico nuovo: la guida amministrativa del loro paese. Il 5 ottobre 2008 padre Franco Vialetto è stato infatti eletto sindaco.


PADRE franco vialettoPOLITICA COME SERVIZIO



«Come sapete, nei primi giorni di ottobre ci sono state le elezioni per la nomina del sindaco e del consiglio comunale di Cacoal. Ho partecipato a queste elezioni per il partito dei lavoratori (PT)» esordisce il neoeletto primo cittadino, che ha affidato alle parole scritte in una lettera il compito di mettere al corrente i molti amici veneti e, in particolare, gli amici e sostenitori dell’Associazione Missionaria sambonifacese. «È stato molto difficile per me prendere questa decisione, anche perché era una esperienza inedita e che lasciava molti dubbi in me. E soprattutto negli altri. Ho accettato perché volevo mettermi al servizio della gente di Cacoal e collaborare ancor di piú con chi sta soffrendo o si sente emarginato dalla societá. É stata proprio la gente ad insistere» sottolinea il religioso comboniano. «Non volevo accettare per non confondere l’opera pastorale con la politica. Ma ho riflettuto e partendo dal presupposto che la politica dev’essere sempre al servizio del cittadino, ho accettato».

A ciò si aggiunga che «la situazione del mondo politico, qui, è molto grave. Si sono presentati anche candidati che avevano problemi con la giustizia. É stato questo un altro motivo che mi ha spinto ad accettare. Conoscendo un po’ il settore politico brasiliano, avevo la certezza che è quello che ha piú bisogno di essere evangelizzato, in quanto la corruzione, gli interessi personali o di piccoli gruppi e, soprattutto, lo sfruttamento della religione per interessi propri fanno rabbrividire».

Una decisione sofferta, dunque, «ma quando il vescovo mi ha concesso questa possibilitá non ho piú avuto dubbi e sono entrato nella campagna elettorale con entusiasmo e dedizione». Il vescovo ha infatti attentamente vagliato la situazione prima di rispondergli. E «alla fine ha dato il suo assenso, raccomandandomi di essere onesto, lavorare per i poveri e lottare per la giustizia. Con la sua approvazione mi sono mosso tranquillamente. Vivere la politica in modo diretto è un’esperienza interessantissima. Dall’esterno non si possono conoscere determinati atteggiamenti» scrive ancora padre Franco. Ed aggiunge: «Sono stati tre mesi di intenso lavoro, ma che mi sono stati di grande aiuto per conoscere in una maniera molto differente Cacoal e la sua gente. Assieme al gruppo che mi sosteneva, ho percorso di notte uno per uno i 28 rioni della città, dove presentavo le mie proposte. Il nostro slogan era «na canela e na goela» (a piedi e con la voce), una maniera popolare per dire che la campagna era fatta andando a piedi e parlando con tutti nella più grande semplicità. In Brasile la politica è molto sentita e la gente vuol sentirsi partecipe. Ero impressionato perché capivo che la gente sentiva di avere una speranza».

Le difficoltà non sono mancate. Sono molti i passaggi della lettera che lo fanno capire: «Dovevamo affrontare un gruppo che esercita la politica per professione, un gruppo agguerrito e che non voleva assolutamente perdere questa opprtunitá per continuare a fare quello che sempre ha fatto fino a questo momento: i propri interessi. Per ottenere quanto si proponevano non hanno badato a spese e per loro i soldi non sono mai mancati. Abbiamo dovuto affrontare ogni tipo di calunnia, ma siamo andati avanti con molta fiducia, percependo che la gente stava dalla nostra parte. Ho ricevuto delle lettere anonime. La mia campagna elettorale è stata una delle più povere fatte in Brasile. Altri candidati invece hanno speso molto. Personalmente non ho speso un ‘real’, anzi ho guadagnato tre paia di scarpe, quattro magliette e due paia di calzoni, perché la gente era stanca di vedermi sempre gli stessi indumenti».

FIDUCIA, FESTA

Poi padre Vialetto descrive gli ultimi intensi giorni della campagna elettorale: «sono stati giorni commoventi. Giovedì 2 ottobre abbiamo realizzato l’ultimo comizio elettorale. Un po’ alla volta la gente è arrivata da ogni parte e quando abbiamo iniziato erano presenti più di 10.000 persone. E poi hanno continuato ad arrivare…» rivela. «E a detta di tutti è stato il comizio piú emozionante della storia di Rondonia. Domenica 5 ottobre alle 8 sono iniziate le votazioni e la ‘compera’ di voti da parte dei nostri avversari era evidentissima. E in alcuni posti perfino scandalosa. Ma la polizia aveva ricevuto l’ordine di far “vista grossa”, cioé di non intervenire. Ad un certo punto ho avuto paura di non riuscire a spuntarla. Alle 17 sono terminate le votazioni ed io come al solito sono andato in chiesa per la celebrazione della Santa messa. Quando ho terminato ho notato subito la gioia di chi mi stava vicino, in quanto i primi risultati erano giá stati annunciati. Alle 19 il risultato definitivo ha spinto una moltitudine impressionante al centro di Cacoal e la festa è stata totale. Il risultato definitivo è stato di 61% per la nostra coalizione, mentre le altre due si sono fermate al 33% e al 2%. Il resto sono stati voti nulli o schede bianche».

Dopo la conta dei voti, la festa: «Non ho mai visto a Cacoal tanta euforia: volevo andare in mezzo alla gente ma la polizia me lo ha proibito e mi ha accompagnato in piazza per un breve saluto di ringraziamento. Il giorno successivo s’è formato, in giro per la città, un corteo di 2500 auto: è stata una manifestazione popolare tanto intensa che mi ha fatto piangere. Non so proprio come ringraziare questa gente che ha posto tanta fiducia in me. Ma sono sicuro che mi dedicheró con tutte le mie forze per lavorare per il bene comune, soprattutto dei piú poveri e abbandonati. Io ho avuto l’appoggio del presidente Lula, che conosco personalmente. Prima delle elezioni mi ha inviato un video da mostrare alla gente, nel quale sosteneva la mia candidatura. E posso contare sulla solidale fiducia dei ministri della salute e dell’agricoltura. Con l’appoggio di questi rappresentanti di spicco spero di poter fare qualcosa. Entrerò ufficialmente in carica come sindaco dal primo gennaio 2009. Nella fase di transizione formerò il gruppo che lavorerà con me e che dovrà seguire i miei ideali. Non lascerò la mia opera sacerdotale anche se vi potrò dedicare meno tempo. Qui la figura del sindaco è molto importante: passa tutto dalle sue mani. Ma celebrerò sempre la messa alle 6 del mattino. Chiedo la vostra preghiera perché il Signore mi dia sempre la grazia di interpretare e realizzare la politica come un servizio alla gente».


AMARE LA PROPRIA GENTE

Oggi Cacoal conta circa 80 mila abitanti, più di 40.000 vivono in periferia e l’intera area ha visto uno sviluppo demografico incontrollato. Quando padre Vialetto è arrivato qui, c’era una grande speranza: il Governo stava distribuendo le terre alla popolazione, per occupare le zone di confine con la Bolivia. «A Cacoal nel 1974 non c’era nulla; la terra era abitata dagli indios, che ne avevano bisogno per sopravvivere. E chi arrivava era affamato e tormentato da malattie come lebbra e malaria. Poveri che accoglievano altri poveri. Nel tempo e attraverso varie vicissitudini, si è creata una situazione economica un poco più stabile per i contadini. Ma con l’espansione della città sono cresciute anche le favelas» racconta il missionario. «Dalle campagne la gente si spostava in città pensando di trovare a Cacoal una vita migliore. Ma spesso non era così: i bambini, privi di istruzione e di assistenza medica, sono presto preda dei trafficanti di droga e finiscono per diventarne i corrieri. Il trasporto di 1 chilogrammo di droga da Cacoal a S. Paolo fa guadagnare una somma equivalente a quella percepita in un anno di onesto lavoro. Noi missionari comboniani – prosegue Padre Vialetto – abbiamo cercato sin dall’inizio di realizzare programmi di attività sociale. Penso sempre alla frase di S. Giacomo: «mostrami la tua fede attraverso le opere». Siamo partiti creando piccole cooperative che aiutassero i contadini poveri a realizzare qualcosa dalla vendita dei loro prodotti. Poi, nel 1987, ha preso avvio la scuola di agraria, nel cuore della foresta, alla quale abbiamo dato il nome di Padre Ezechiele Ramin, ucciso qualche anno prima perché strenuo difensore dei più poveri. Nel 1989, hanno iniziato le attività le scuole elementari e medie. Poi, con enormi sacrifici e l’aiuto di benefattori italiani, siamo riusciti a mettere in piedi una scuola secondaria tecnica frequentata attualmente da oltre trecento ragazzi».

Qui gli studenti la frequentano per 15 giorni: studiano, lavorano, dormono. Poi tornano a casa per altri 15 giorni e cercano di trasferire alla loro famiglia quello che hanno imparato. Quando loro sono a casa, un altro gruppo di ragazzi li sostituisce a scuola. «Per sottrarre i più giovani alla droga abbiamo costruito un Centro professionale che è attivo dal 2002 ed ospita oggi 500 ragazzi. Ci occupiamo anche dei bambini orfani o che, provenienti da famiglie destrutturate, vivono in condizioni di indigenza. Ne accogliamo 120, dai 6 ai 10 anni».

Le immagini di questi bambini, il sorriso aperto, maglietta e pantaloncini blu e gialli, aprono il cuore. «Cacoal è una città che non ha un ospedale pubblico – racconta ancora – e per raggiungere l’unica struttura sanitaria della zona bisogna percorrere 500 chilometri, lungo una strada disagiata che nel periodo delle piogge è impraticabile. La situazione sanitaria qui è drammatica e, a causa dell’inquinamento e dell’uso di agrotossici, le malattie oncologiche si diffondono sempre più. La gente mi diceva “Padre, perché non fa qualcosa in campo sanitario per gli indios e la povera gente?”. Sono venuti a trovarmi alcuni amici di Bassano del Grappa, medici, e ho cominciato a pensarci seriamente. Ma quando abbiamo deciso di iniziare la costruzione dell’ospedale, senza neanche sapere bene dove, avevamo solo coraggio e tanta fiducia. La Provvidenza ci ha aiutato: una persona di Cacoal ha donato 50.000 mq di terra, e lì i nostri volontari stanno costruendo l’ospedale San Daniele Comboni».

E conclude: «Mi auguro che la collaborazione con l’Associazione Missionaria – che dura ormai da più di 15 anni – possa continuare. Lo stato di Rondonia ha problemi gravissimi. Gli ammalati di cancro sono cinquemila e per questo stiamo costruendo l’ospedale. Siamo senza acqua e c’è gente che non ha casa. Lo sanno bene gli amici e i giovani del Gruppo Terzoincomodo (nella foto) che da San Bonifacio sono venuti qui a dare una mano, a conoscere i bambini, le persone di Cacoal. Conto ancora sulla solidarietà dell’Italia e del Veneto». A Cacoal non piove più. E arde, ‘il fuoco’ della speranza.

Amedeo Tosi

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