CON GLI OCCHI DEGLI ULTIMI

«Bernabé è un bambino del Burkina Faso. Era malato di meningite quando l’ho conosciuto. Lui sdraiato a terra, senza un letto».

«A Jenin, in Palestina, dove è forte la militanza di Hamas, il 4 novembre 2005 un ragazzo di nome Ahmed stava andando in un negozio quando incrociò un coetaneo e si mise a parlare con lui. L’amico gli prestò un giocattolo a forma di fucile. I soldati israeliani, presenti ovunque, ‘intimoriti’ gli spararono in fronte. A nulla valse la corsa in ospedale. Ahmed morì».

Massimo toschiStorie vere. Due delle tante vissute in prima persona da Massimo Toschi (nella foto), assessore della Regione Toscana con delega alla «Cooperazione, Perdono, Riconciliazione fra i popoli», intervenuto a Verona, venerdì 10 marzo (Giornata nazionale per un’informazione e una comunicazione di pace), nell’ambito del XXV Ciclo di incontri ecumenici promossi dal Gruppo S.A.E. (Segretariato Attività Ecumeniche) scaligero.

Lo ascolto a bocca aperta mentre si racconta. Mentre cerca di spiegarci come coniugare «convivialità e politica». «Il ‘vivere-con’ più importante è quello ‘con le vittime’» ripete più volte. «Cerco di vivere-con coloro che sperimentano sulla propria pelle le varie tipologie di guerra: quella guerreggiata o quella invisibile (la povertà). Non è possibile una nuova convivenza se non si parte dalle vittime. E questa è una grande questione, la più grossa sfida che interpella la politica».

Toschi parla delle vittime, porta esempi, esperienze che arrivano ad accarezzare la domanda di vita e di pace che esse implorano. Parla, racconta della sua partecipazione al recente Forum sociale mondiale policentrico di Bamako (Mali): «Quando si è iniziato a discutere della salvaguardia di un bene prezioso come l’acqua mi sono sentito molto a disagio, perché nella nazione che ci ospitava l’acqua mancava proprio. Mi sono reso conto che non era possibile far decollare la discussione partendo dalle ideologie o dai nostri bisogni, ma bisognava iniziare a discutere partendo dalla situazione in cui si trovano a vivere le persone di quella regione del pianeta».

Ed ancora: «Finché si parla nei convegni chi pensa a Bernabé? Chi si adopera per cambiare l’ingiusto sistema in cui viviamo?». Dopo tante domande che lasciano il segno, l’ospite toscano racconta del proprio impegno e di quello di molte persone di buon volontà: «In Burkina Faso ho lanciato l’idea di finanziare la costruire una pizzeria nel paese di Bernabè, a 30 Km dalla capitale. Quel paese un po’ alla volta è diventato luogo di passaggio per molti ed ha iniziato a produrre una micro-economia che oggi permette ai tanti Bernabé di salvarsi dalle proprie sventure». Ma non solo: «Ad essere finanziato è stato anche un progetto teso a creare una cooperativa di 800 famiglie, intente da sempre a produrre fagiolini che nessuno comperava, a commercializzare il proprio prodotto in Italia, grazie ad una cooperativa del commercio equo e solidale toscana. Un progetto che sta andando benissimo, tanto che la Commissione Europea ha preso a modello questa idea ed ora sta tentando di coinvolgere altri quattro Paesi confinanti».

Ma questo e solo uno dei tanti esempi, una delle tante ‘utopie’ che si concretizzano. E in Palestina? «Durante la tragedia della seconda Intifada ci siamo schierati con i palestinesi, pensando di essere dalla parte giusta. Ma non ci siamo accorti che ci sono tanti Ahmed, tante vittime di cui nessuno parla. I bambini palestinesi morti a causa del degrado delle strutture sanitarie, ad esempio. Vittime dei soldi utilizzati per acquistare armamenti, per la difesa. Centinaia di migliaia di morti che non sono finiti sui giornali. Schierarsi con i Palestinesi o gli Israeliani ha finito per aggravare il conflitto».

É così sbocciata un’altra idea: «Abbiamo deciso, come Regione Toscana, di dar ali ad un progetto ‘pazzesco’: curare i bambini palestinesi negli ospedali israeliani. Siamo riusciti a coinvolgere direttamente le istituzioni israeliane nel cofinanziamento dell’iniziativa. Ed è accaduto il ‘miracolo’: il progetto sta andanto talmente bene che finora sono oltre duemila i bambini che hanno ricevuto le cure dei medici israeliani». Ma è accaduto qualcosa di ancora più importante: «è nata la convivialità. I palestinesi hanno visto che i medici israeliani rischiavano la propria vita per quell’impegno; e gli israeliani si sono accorti della sofferenza a cui erano sottoposti i palestinesi».

La mamma di Ahmed ha autorizzato che venissero donati gli organi della propria creatura a 6 ragazzi israeliani: «Questo è un gesto per la pace, questa è la convivialità delle vittime, che condividono con l’altro ciò che gli è più caro. In quella terra sbocciano ogni giorno segni di pace». Toschi ne è convinto: «Questi gesti non sono solo stupendi, ma giudicano la politica di oggi e di ieri. Sono azioni tese verso una nuova convivenza e una nuova convivialità. Il messaggio è chiaro: bisogna uscire dallo scacco degli schieramenti».

Sì, ora capisco: la convivialità con le vittime non può fondarsi su un approccio ideologico. Non può fondarsi su un’Europa che ‘investe’ più risorse per una mucca francese che per un bambino del Burkina Faso. Capisco che questa è una politica che uccide.

«Bisogna immaginare e dar ali a politiche che condividano il dolore delle vittime. Certo, questo significa riconoscere le nostre responsabilità. Ma la nostra è una politica che uccide e questa politica deve chiedere perdono, assumersi le proprie responsabilità. Non basta cambiare politica, occorre una conversione. Al primo posto bisogna mettere le vittime: senza questa conversione la politica non si rinnoverà», aggiunge, con profetica convinzione, l’assessore alla Cooperazione, al Perdono, alla Riconciliazione: «Il perdono apre la strada alla riconciliazione». E Bernabé si deve riconciliare con noi.

E capisco, ora, anche qual è il suo ruolo politico: «La convivialità non l’ho imparata a Firenze, ma mettendomi in cammino, con le mie gambe ammalate (Massimo Toschi necessita delle stampelle e della sedia a rotelle per deambulare, ndr): occorre andare incontro al mondo. Non possiamo dimenticare gli Ahmed, i Bernabè: se lo facessimo apriremmo nuovi ulteriori varchi di contrapposizione e conflitto».

Massimo Toschi, un uomo da ascoltare, invitare, incontrare.

Amedeo Tosi