DUE ANNI FA «IL NO DI CAMERI AGLI F-35»

Proponiamo di seguito un interessante articolo scritto 2 anni fa da Vittorio Strampelli.

[16 maggio 2007 – Vittorio Strampelli] La cittadina in provincia di Novara (Cameri, ndr) è sede di un aeroporto militare che ben presto potrebbe iniziare a sfornare centinaia di cacciabombadieri di ultima generazione, nell’ambito di accordi siglati oltre dieci anni fa tra Italia e Usa e riconfermati nel febbraio scorso (2007, ndr). Ma i cittadini non ci stanno, e il 19 maggio 2007 scenderanno in piazza.

Tutto ebbe inizio nel 1996, con il primo governo Prodi. D’Alema nel 1999, Berlusconi nel 2002 e di nuovo Prodi il 7 febbraio scorso sono tornati a darne conferma. È con il benestare della politica italiana, quindi, che nei recinti dell’aeroporto militare di Cameri, provincia di Novara, ci si appresta ad installare una linea di assemblaggio per uno degli ultimi gioielli della tecnologia aeronautica: i cacciabombardieri stealth di quinta generazione F-35. Il progetto, denominato Joint Strike Fighter (JSF), sarà portato avanti dall’Alenia Aeronautica – alla guida in Italia di decine di aziende minori gettatesi a capofitto nell’affare – e dalla Lockheed Martin, colosso nordamericano dell’ingegneria aeronautica e aerospaziale, il cui fatturato proviene per oltre il 90 per cento da contratti con il ministero della Difesa americano e numerosi governi stranieri.

Ci vorrà ancora qualche anno, ma gli accordi bilaterali tra Italia e Stati Uniti parlano chiaro: quella di Cameri, concordano gli esperti, sarà la più grande impresa di costruzioni aeronautiche di tutti i tempi. Intanto, gli abitanti dell’entroterra novarese hanno già espresso il loro “no” all’uso dell’aeroporto per costruire una perfetta macchina di morte come l’F-35, in grado, se necessario, di trasportare anche testate nucleari. Non hanno nessuna intenzione di essere complici di futuri stermini resi possibili da mezzi costruiti a pochi passi da casa propria e stanno tentando in tutti i modi di dare una scossa all’opinione pubblica, organizzando per il prossimo 19 maggio una manifestazione cui hanno già aderito diverse realtà non solo locali, rintracciabili presso il sito del comitato promotore www.nof35.org. Il comitato ha già incassato la solidarietà da parte di movimenti di opposizione simili, dai No-Tav ai vicentini che lottano contro l’aeroporto Dal Molin, dagli oppositori alle basi militari riuniti nel cartello di Disarmiamoli alle reti dei centri sociali e delle strutture del sindacalismo di base.

Le prospettive, dunque, sono incoraggianti, ma non ancora in grado di fermare un progetto che, una volta operativo, trasformerà l’aeroporto di Cameri in una fucina capace di sfornare centinaia di cacciabombardieri. Almeno 700 sarebbero già destinati al mercato europeo, un centinaio dei quali resteranno probabilmente in mani italiane. Ovviamente la decisione definitiva di spesa non è stata ancora presa, dal momento che dovrà essere inserita nelle leggi di bilancio che saranno approvate per gli anni in cui l’acquisto sarà effettuato, ovvero non prima del 2013, secondo le fonti ufficiali. Solo allora si capirà il vero prezzo di tutta l’operazione. Alcuni numeri, tuttavia, ci sono già, e sono rintracciabili nei documenti di bilancio dello Stato: solo per costruire gli impianti e avviare la produzione sono stati stanziati quasi due miliardi di euro, parte dei quali già spesi. Una sciocchezza, se paragonata alla cifra che spenderemo per dotarci anche noi degli F-35, ognuno dei quali costerà da 150 a 250 milioni in funzione degli armamenti connessi e delle configurazioni (convenzionale, predisposto per il decollo verticale e a decollo corto per portaerei). La spesa complessiva, in ogni caso, oscillerà tra i 15 e i 30 miliardi di euro.

Ancora poco chiare sono anche le ripercussioni che tutta questa impresa avrà sull’ambiente circostante, visto anche che l’aeroporto di Cameri confina con il parco del Ticino. Il fatto che la costruzione del nuovo stabilimento coinvolga un’area all’interno di un aeroporto militare rende meno evidente, a prima vista, l’impatto sul territorio. Ma l’impatto comunque ci sarà, visto che gli aerei costruiti dovranno pur essere collaudati in volo sui territori immediatamente circostanti l’aeroporto militare stesso. Un aspetto, quello ambientale, che si aggiunge al disagio di coloro i quali cercano di costruire e rianimare un vero movimento di opposizione contro le politiche militariste e contro la guerra. Senza se e senza ma.