[di Carla Ferrari • Novembre 1997] Non l'avrei mai creduto, eppure... l'America l'ho scoperta anch'io! Non quella ricca del Nord, ma l'altra, la cosiddetta "latina", quella che solitamente classifichiamo come parte del "terzo" mondo...

ECUADOR. CUORE E IMPEGNO

Non l’avrei mai creduto, eppure… l’America l’ho scoperta anch’io! Non quella ricca del Nord, ma l’altra, la cosiddetta “latina”, quella che solitamente classifichiamo come parte del “terzo” mondo. Lo scorso luglio, infatti, assieme a mia madre, sono volata oltre Oceano; prima di giungere in Bolivia, dove ero diretta, ho pensato di fare una “capatina” in Ecuador per far visita a un missionario ben conosciuto nella nostra zona, in particolare a San Bonifacio e a Villanova: don Aldo Brendolan. Attualmente lo “spiritoso don” vive a Guayaquil, che con i suoi più di due milioni di abitanti è la città più popolata e problematica del Paese.

CONTRADDIZIONI
Vivace dal punto di vista commerciale ed economico, ma insieme carica di molte tensioni e contraddizioni tipiche delle aree urbane nelle nazioni in via di sviluppo. Che dire dell’esperienza di questo viaggio? Roba dell’altro mondo! Ma esperienza da consigliare a molti. Per un po’ di tempo si è immersi in un ambiente dove condizioni economiche, sociali, culturali sono diverse dalle nostre, dove lo stile di vita e la mentalità si presentano subito nella loro peculiarità e tu devi imparare ad osservare e a capire, per renderti conto che ci sono tanti possibili modi di vivere quanti sono i popoli e gli uomini.. In Ecuador, paese bellissimo dal punto di vista naturalistico e interessante sul versante storico, il clima generale e contrassegnato da una povertà a volte più, a volte meno, evidente. Ma sempre presente. É soprattutto nei quartieri di periferia e nei villaggi che la povertà si fa vedere senza veli, spesso in modo impressionante. Si vive di poco, e a volte anche per poco, visto che la mortalità infantile è ancora elevata e le condizioni igienico-sanitarie sempre a rischio. Una delle visioni tra le più impressionanti è stata quella delle case-palafitte. Nell’Isla Trinitaria, zona a sud-ovest di Guayaquil, dove opera don Aldo, ci sono circa 300 mila persone; molte famiglie povere vivono in piccole case fatte di canna e tra queste famiglie ce ne sono alcune poverissime che hanno la loro abitazione-monolocale (spesso in affitto, ndr.) costruita sopra dei pali piantati nell’acqua ai bordi dell’isola, collegata alle altre “case” e alla terraferma da un insieme di passerelle volanti. Qui la miseria si mescola anche con un altro tristissimo fenomeno, la delinquenza, visto che dove l’ordine sociale non è garantito vi è sempre chi tenta di superare i propri disagi approfittando degli altri. Capita così che un po’ alla volta venga ad impoverirsi in modo preoccupante anche il rispetto verso gli altri e la vita. Allora più che vivere si sopravvive, tra continue tensioni e rischi imprevedibili. Nè la classe politica nè la Polizia, data la grande corruzione diffusa ovunque,tutelano realmente i cittadini dai soprusi e dalla violenza. Superfluo dire che tale sorte è pienamente condivisa anche da quanti vivono lì non perché costretti dalle circostanze della vita ma per una scelta e una testimonianza evangelica.

CORDIALITA’, ESUBERANZA, CALORE
Ciò che stupisce noi occidentali, guardando le cose da un altro lato, è la facilità di relazione che hanno le persone, la cordialità del tratto, l’esuberanza e il calore umano che vengono trasmessi con molta semplicità e immediatezza; accanto a quanto, poi, c’è un’abbondanza tutta particolare che si fa avanti in ogni momento e ad ogni angolo: è l’abbondanza di…bambini, il più delle volte sporchi e laceri, ma dal viso allegro e sorridente, pieno di promesse di vita. Nei pochi giorni in cui siamo state ospiti nelle casa parrocchiale ci siamo rese conto di quanto grande e preziosa sia l’attività svolta dal nostro amico missionario e quanto la gente gli voglia bene. Bisogna proprio dire che ha da lavorare fin che vuole. E su tanti fronti: infatti le ore del giorno gli sembrano sempre troppo poche per stare dietro ai mille impegni e alle nuove richieste che da varie parti avanzano. C’è il ministero propriamente pastorale che richiede una presenza attiva e paziente per le celebrazioni e la formazione di grandi e piccoli in tre diverse comunità cristiane; ci sono gli incontri di catechesi presso vari istituti scolastici (quando lo abbiamo lasciato era a quota cinque); ci sono i corsi di insegnamento della teologia presso il seminario; ci sono i centri di carità e quelli per la promozione della donna… gli oratori e le attività per i ragazzi da organizzare, le monache carmelitane a cui dedicare un po’ di tempo per la formazione spirituale. Ci sono i carcerati che chiedono degli incontri, le varie sette protestanti che tengono sempre desta l’attenzione… Purtroppo i collaboratori sono pochi e le necessità davvero tante, affrontate con coraggio ed entusiasmo nonostante il peso delle responsabilità. L’interesse del nostro viaggio, alla fine, è stato sia di tipo culturale che umano. Culturale per l’incontro con una realtà nuova con tutti i suoi grandi problemi e le sue non meno grandi potenzialità; e umano, perché è stata una riconferma che al di là delle barriere e delle differenze c’è qualcosa di profondo che ci unisce proprio in quanto uomini, e in prospettiva evangelica in quanto fratelli. L’esempio dei missionari continua a ricordarcelo “dal vivo”, invitandoci ad allargare l’orizzonte della mente e del cuore.


Questo articolo è stato pubblicato sul numero di Novembre/Dicembre 1997 del giornale «il GRILLO parlante»