[di Ettore Masina • 19.09.02] Ho un ricordo indimenticabile delle poche ore trascorse a Buenos Aires una decina di anni fa. Ad ogni angolo di strada, in ogni quartiere, si rifacevano vive in me le amate pagine di Cortazar e di Borges, e quelle, più tenere, “popolari” e “rionali”, dipinte da Osvaldo Soriano; ma più ancora scoprivo con emozione intere vie che sembravano trasportate di peso, per qualche incantesimo, da Milano o, meglio ancora, da Genova (e infatti genovesi, e approdati in Argentina, furono, alla fine del secolo XVIII i nostri primi eroici emigranti al di là degli oceani).

ETTORE MASINA – LA LETTERA DI SETTEMBRE 2002

Bambini argentini…

Ho un ricordo indimenticabile delle poche ore trascorse a Buenos Aires una decina di anni fa. Ad ogni angolo di strada, in ogni quartiere, si rifacevano vive in me le amate pagine di Cortazar e di Borges, e quelle, più tenere, “popolari” e “rionali”, dipinte da Osvaldo Soriano; ma più ancora scoprivo con emozione intere vie che sembravano trasportate di peso, per qualche incantesimo, da Milano o, meglio ancora, da Genova (e infatti genovesi, e approdati in Argentina, furono, alla fine del secolo XVIII i nostri primi eroici emigranti al di là degli oceani). L’elenco telefonico della capitale assomigliava a quello di una città italiana tanto era fitto di cognomi italiani, né trovai, allora e mai, un argentino che non sapesse l’italiano o almeno non lo capisse e non tentasse di parlarlo. Voglio dire che, come Montevideo e poche altre città dell’America detta Latina, Buenos Aires è una città “europea”; e dunque ciò che vi avviene sembra avvenire per le nostre strade. Quando si parla di certi terribili drammi africani o asiatici, si finisce purtroppo per legarli a un esotismo che ce li rende, in qualche modo, lontani, “altri”; ma ciò che accade a Buenos Aires, a Cordoba, in tutta l’Argentina, ha colori nostri, nomi nostri, parole nostre; e perciò quando qualcosa di terribile vi accade (l’immenso massacro dei giovani sotto la dittatura…), i nostri governanti e industriali possono distogliere gli occhi – come fecero Andreotti e Agnelli, attentissimi agli affari- ma siamo in molti a sentirci anche più fortemente chiamati in causa, raggiunti da grida di dolore che siamo costretti a percepire con maggiore nettezza, inequivocabili
Scrivo tutto questo avendo davanti agli occhi una notizia che nessun giornale italiano, se ho visto bene, ha pubblicato. E la notizia è che 8 milioni e 390 mila bambini e ragazzi argentini si trovano in condizioni di povertà, e di essi 4 milioni e 138 mila risultano gravemente denutriti; e risultano resi gracili dalla denutrizione delle madri più di un quarto dei bambini nati nell’ultimo anno in tre ospedali di Buenos Aires: La Ferrere., San Justo e Gonzales Catán. Nella capitale e nel suo hinterland ogni 10 bambini o ragazzi 7 vivono in povertà, e di essi quasi 4 sono da considerare in condizioni di assoluta miseria. Crescono di numero i bambini “di strada”, aumenta la prostituzione infantile. Centinaia di piccoli condividono la tragedia dei “senza più casa” o frugano con i loro genitori nei cassonetti dell’immondizia, persino nei pressi della Casa Rosada, sede del presidente della repubblica.  I militari hanno distrutto una generazione di giovani; le spietate leggi del Mercato, l’insipienza di politicanti corrotti e proni davanti ai diktat del Fondo Monetario Internazionale, al volere di Washington e delle multinazionali minaccia la vita di una generazione di bambini. L’Italia sta a vedere. Anche noi?
 

… e bambini palestinesi
Poiché scrivo di bambini, voglio dirvi qualcosa di una relazione scientifica sulla salute mentale dei piccoli palestinesi, documento  totalmente ignorato anch’esso dai nostri illuminati giornali Il dottor Eyad El Sarraj, psichiatra, dirige a Gaza un Progetto comunitario di salute mentale. Come già al tempo della prima Intifada studia “sul campo” la situazione dei minori,
El Sarraj racconta che le parole “arrabbiato” e “atteggiamento di sfida” descrivono con precisione la tensione in cui essi vivono: “I bambini percepiscono facilmente le differenze tra le condizioni di vita dei loro miseri campi-profughi e quelle degli insediamenti israeliani. Queste differenze li inducono a chiedersi perché i bambini ebrei che vivono negli insediamenti hanno a disposizione parchi-gioco e piscine, mentre loro hanno fogne a cielo aperto e cumuli di immondizia o macerie ad ogni angolo di strada. Gli edifici degli insediamenti sono puliti, le strade sono pulite e i prati irrigati anche quando nei campi profughi c’è carenza di acqua.
“Il linguaggio dell’occupazione invia il messaggio che la vita non vale la pena di essere vissuta e che i bambini degli insediamenti sono considerati una fortuna mentre i bambini palestinesi dei campi profughi, delle città o dei villaggi non valgono nulla. L’ambiente trasmette il messaggio che i palestinesi sono nati per essere spaccalegna e scavatori di pozzi per i coloni e per l’economia israeliana. I bambini sono testimoni dell’umiliazione dei loro padri e fratelli maggiori quando questi fanno la fila al “mercato degli schiavi”, sperando venga loro offerto uno dei pochi lavori disponibili: costruire un altro insediamento israeliano.”.
Nel 1991 il Programma ha condotto uno studio sul campo su un campione di 2279 bambini: i risultati di questo studio hanno mostrato i potenziali effetti sulla loro psiche. I risultati erano stati ben dolorosi: Ma alla seconda Intifada ha risposto un vero e proprio uragano di violenza armata israeliana, che ha certamente rese anche peggiori le condizioni di salute mentale dei bambini palestinesi: Allora i ricercatori riscontrarono che “il 92,5% dei bambini erano stati esposti a inalazioni di gas lacrimogeni e l’ 85% aveva visto la propria casa invasa dai militari Una delle esperienze che avevano comportato un trauma anche maggiore era quella, vissuta dal 42,5% dei bambini, di essere testimoni del pestaggio del padre”..
Esperienze del genere- dice il dott.El Sarraj – danneggiano nel bambino la percezione di sé e del mondo: “Se mio padre non è in grado di proteggere sé stesso, come potrà proteggere me?”. La reazione inevitabile è un misto di paura, frustrazione, debolezza, rabbia e, forse più tragicamente, ribellione nei confronti del padre.” Talvolta i bambini si identificano con i soldati israeliani quali simboli di potere. Infine si sentono spinti all’esterno a cercare nuovi eroi da sostituire ai loro padri che hanno fallito la prova”.
Un altro studio ha mostrato che l’esposizione a traumi porta i bambini a soffrire di sintomi quali la paura del buio, dato che la notte è spesso scenario di eventi spaventosi; la regressione in cui sono costretti si manifesta bagnando il letto e nel continuo timore di eventi di violenza, ciò che si riflette nel peggioramento dei risultati scolastici.
Il rapporto El Sarraj dice fra l’altro: “Ad ogni atto di ribellione e di difesa, gli israeliani reagiscono con maggiore repressione e brutalità. I bambini sono particolarmente colpiti. Dalla politica dello “sparare per uccidere” e delle “ossa spezzate” fino ai raid e ai pestaggi notturni, i bambini sono obbligati a confrontarsi con le nuove sfide di questi giorni. Essi non possono permettersi il lusso dell’infanzia mentre devono assumersi le preoccupazioni dell’età adulta. Se sei un bambino di Gaza, devi preoccuparti di essere inseguito, arrestato, picchiato e sparato; devi preoccuparti del tuo fratello maggiore arrestato qualche settimana prima, e del quale tua madre dice che la Croce Rossa non ha notizie. Sei anche preoccupato per tuo padre: riuscirà a ottenere un permesso di lavoro e sarà in grado di portare i soldi per il cibo, oggi? Sei angosciato per il tuo amico che è all’ospedale per una ferita di arma da fuoco; hanno detto che è stata una pallottola di gomma, ma è uscito molto sangue dalla testa. Non gli hai potuto parlare, perché era incosciente.
“I “bambini delle pietre” non sono fatti di pietra: soffrono pene e paure. La vastità della loro esposizione a eventi traumatici è terribile anche dal punto di vista statistico: in base alla ricerca del GCMHP, il 42% dei bambini è stato picchiato, il 4,5% ha avuto ossa spezzate o ferite gravi, e il 19% è stato arrestato almeno  per un breve periodo di tempo”.
Il rapporto del dott. El Sarraj  (che qui non posso riportare per intero ma che può essere letto integralmente su www. forzapace.net), conclude, fra l’altro:
“Molte persone in tutto il mondo si stanno chiedendo cosa spinga questi bambini a sfidare il pericolo. E’ spiacevole dirlo  ma molte di queste persone non sono innocenti nel porre questa domanda; essa nasconde la convinzione che le madri palestinesi stiano spingendo i loro figli verso il pericolo senza curarsi delle conseguenze:. Invece la domanda dovrebbe essere “perché i soldati israeliani uccidono i bambini? Cosa ci fanno soldati e coloni sulla terra palestinese?”.
 
Sì, almeno sul piano della solidarietà si può fare qualcosa, “artigianalmente”: Chi desiderasse unirsi ad Ettore Masina in un sussulto di consapevolezza e di pietà, si metta in contatto la la redazione del Grillo parlante.  «Lo so bene: la tragedia dell’Argentina richiede ben altri interventi e, da parte nostra, un ben più serrato impegno politico “globalista”. E però non rinunzio a scorgere una forza vitale anche in una carezza che non sia soltanto elemosina» conclude Masina.