HAITI. DOPO L’ULTIMA TEMPESTA


Due settimane dopo il passaggio dei cicloni, il bilancio è catastrofico per Haiti, il Paese più povero del continente americano. Fay, Gustavo, Hanna e Ike: in meno di tre settimane, nel mese di settembre, questi quattro uragani e tempeste tropicali hanno distrutto totalmente il paese facendo più di 600 morti e migliaia di senza-tetto, senza acqua potabile né cibo. Degli 8,5 milioni di abitanti del Paese, ne sono stati colpiti più di un milione. L’epicentro dell’emergenza è Gonaives, 152 chilometri a Nord di Porto-Principe. Dopo il passaggio di Hanna, che l’ha sorpresa nel cuore della notte, la città era già gravemente colpita, ma dopo Ike, ben l’85% di Gonaives è rimasto per giorni sott’acqua. E ancora adesso le strade e i campi sono sommersi. La maggior parte degli abitanti della terza città del Paese ha perso tutto sotto 1,80 – 3 metri d’acqua – quel tutto che già era così poco.

Persone ammassate sui tetti delle case, mobili ed effetti personali portati via dalle acque o distrutti, senza contare le condizioni d’igiene miserevoli, le reti d’acqua potabile distrutte, i cadaveri ancora nel fango. I bambini affamati sono ridotti a mangiare terra. Purtroppo la situazione non è molto migliore nel resto del Paese. Non si possono dimenticare le catastrofi nel Sud: le città di Jacmel, Miragoane o Les Cayes, che hanno perso le loro casette, le colture e gli allevamenti con il primo uragano Fay, o ancora la cittadina di Cabaret, a Nord della capitale, che è stata brutalmente scossa da Ike e dove si contano una sessantina di morti. La stessa regione di Leogane non è stata risparmiata dai disastri.

A Grande Rivière (Leogane), dove ProgettoMondo Mlal sta portando avanti un progetto di sostegno ai piccoli agricoltori, le colture sono state devastate e il sistema di acqua potabile è stato gravemente danneggiato, provocando una grave emergenza sanitaria. Il Cefecacc, il piccolo centro comunitario al cuore delle attività del villaggio che serve d’appoggio al nostro progetto Piatto di Sicurezza, ha visto crollare la metà del suo tetto (come altre case tutt’attorno) inoltre i canali d’irrigazione sono rimasti tappati dalle masse di sabbia e terra che vi si sono riversate.

Il bilancio della situazione nel Paese è terrificante a tutti i livelli: gran parte della rete stradale è tutt’ora tagliata; alcune città, per quanto sinistrate e premute dall’emergenza alimentare e sanitaria, sono totalmente inaccessibili; numerosi ponti che assicurano i collegamenti con le città sono stati portati via. Per rimediare a questi ostacoli il governo sta prendendo contatti con l’estero nella speranza di trovare ponti in grado in collegare quelle regioni. I soccorsi immediati, intanto, non si possono fare che via elicottero.

Anche le reti elettriche sono completamente danneggiate, chilometri di cavi sono staccati in molte città. Nel settore agricolo, che raggruppa il 75 % della popolazione, gran parte del capitale è andato distrutto, non solo le colture ma anche le riserve di sementi; gli strumenti sono andati perduti, gli animali decimati. Le autorità haitiane hanno stimato ufficialmente le perdite nel settore a più 180 milioni di dollari US.

Le superfici agricole colpite rappresentano 63.777 ettari. Nella sola regione dell’Artibonite, 10 mila ettari di riso sono stati soffocati dall’acqua. Un’altra stima fa conto di 90.000 capi di bestiame persi. In questo paese dove l’80% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno, dove rimane solo il 2% di copertura vegetale, nel quale il 50 % della popolazione è analfabeta e dove la maggioranza dei bisogni alimentar i proviene dalle importazioni, non ci possiamo accontentare dell’emergenza: bisogna costruire un nuovo futuro sostenibile.

Già prima dei cicloni il paese attraversava una delle crisi alimentari più gravi della sua storia, ora questa situazione è ancora peggiorata e la FAO stima che la situazione si aggraverà ancora se gli agricoltori spostatisi non torneranno ai loro campi. Quattro anni fa l’uragano Jeanne aveva già colpito Gonaives facendo 3000 morti e gli anziani dicevano di non aver mai visto niente di così grave in 50 anni. Oggi questa catastrofe si è riprodotta ed è tempo di affrontare pienamente i problemi. Una priorità per il Paese dovrebbe essere la lotta contro la deforestazione: con meno del 2% di copertura vegetale e i suoi due terzi di territorio montagnoso, il paese è come una roccia sulla quale scorrono torrenti di acque fangose.

I coloni francesi tagliarono gli alberi per piantare la canna da zucchero, il cotone ed il caffè, poi sotto l’occupazione americana, dal 1915 al 1934, la copertura è diminuita dal 60% al 21%. Da allora, la deforestazione è proseguita poiché la popolazione affamata e senza soldi era costretta a riscaldarsi e a cuocere i propri piatti con la legna. Andando avanti così, finché non si procederà alla riforestazione del paese, ogni due, tre o quattro anni dovremo temere che la stessa catastrofe si ripresenti.

Nicolas Derenne

cooperante ProgettoMondo Mlal da Port au Prince (Haiti)



L’Organizzazione non governativa di volontariato nazionale e internazionale «ProgettoMondo Mlal» sta attuando due progetti ad Haiti. É
possibile sostenerli.