LA NONVIOLENZA DELLE DONNE: LIBERAZIONE DALLA PAURA E FORZA DELLA VERITÁ


«Ritengo che la donna sia la personificazione di quella che chiamo ‘nonviolenza’, che significa amore infinito capace di assumere il dolore. Permettiamo alla donna di estendere questo amore a tutta l’umanità. A lei è dato di insegnare la pace a un mondo lacerato». Le parole di Gandhi illuminano la testimonianza di alcune donne coraggiose come Aung San Suu Kyi, ancora una volta impedita nel tentativo di presentarsi alle elezioni presidenziali della Birmania-Myanmar (la prima condanna nei suoi confronti è avvenuta nel 1989).

Nell’associarsi alla richiesta della sua libertà “immediata e incondizionata”, osserviamo con amarezza e denunciamo le interessate prudenze o complicità con il regime birmano di alcuni membri delle Nazioni Unite e della Comunità europea dove si stenta a promuovere iniziative efficaci perché si affermi con chiarezza il valore dei diritti umani sempre e ovunque.

Aung San Suu Kyi è oggi in Asia il simbolo vivente della nonviolenza come liberazione dalla paura (un suo libro è intitolato «Liberi dalla paura») e come forza della verità. Esperienze come la sua costituiscono un bene comune universale perché intrecciano la lotta per i diritti umani e la democrazia con la contemplazione dei monaci buddisti, la mobilitazione collettiva per la giustizia con l’impegno esistenzia le personale («Sii tu il cambiamento che desideri realizzare», «tu sei la speranza che vuoi affermare»). Ci fanno capire che la nonviolenza è parte integrante della famiglia umana, variamente presente nella “compassione” orientale, nella “satyagraha” gandhiana, nell’ “ubuntu” africano, nel “buen vivir” o “suma qamana” andino, nello “shalom” ebraico, nelle “beatitudini” evangeliche: principi operativi indicanti gratuità, pienezza di vita, interdipendenza, convivialità, convivenza di persone accolte e accoglienti, cooperanti al bene comune.

Assieme a Aung San Suu Kyi è doveroso ricordare chi ultimamente in Russia-Cecenia ha donato la vita per la verità come Natalia Estemirova, amica di Anna Politkovskaya, due tra le tante donne operatrici di pace in quella zona come Zarema Sadulayeva, dirigente dell’organizzazione non governativa «Salviamo la generazione», assassinata nei giorni scorsi col marito e altri a Grozny.

Davanti a episodi così gravi e al rischio dell’oblio o della rassegnazione, riteniamo urgente continuare il nostro impegno educativo per risvegliare tante menti assopite o asservite, promuovendo la conoscenza dei volti di pace con interventi a più livelli:

– processi formativi nelle comunità cristiane nella direzione di una prassi e di una teologia della nonviolenza, come sollecitato anche dal papa in maggio dopo il suo viaggio in Terra santa;

– programmi informativi televisivi volti a evidenziare lo spettacolo del bene e dei testimoni di pace;

– itinerari scolastici sulla scia dei progetti aperti sia dall’ex ministro Fioroni («La tua scuola per la pace») che dal ministro Gelmini («Cittadinanza e Costituzione») che prevedono la conoscenza di esperienze di pace.

Al riguardo, facendo riferimento all’attualità e ad anniversari di vario tipo, oltre alle donne ricordate, si può mettere a fuoco la bellezza di tante figure femminili: studiose come Simone Weil, Edith Stein, Etty Hillesum o vere martiri nonviolente come Marianella Garcia, Annalena Tonelli, Graziella Fumagalli, Mariella Sgorbiati, Rachel Corrie, Dorothy Stang o donne viventi, alcune delle quali firmatarie dell’Appello a sostegno di Aung San Suu Kyi, come le Premio Nobel Mairead Maguire, Rigoberta Menchù, Jody Williams, Shirin Ebadi, Wangari Maathai.

Giovani e adulti possono, così, esplorare l’inedito silenzioso «arcipelago dei non famosi», decisivi per la salvezza del mondo e il futuro della famiglia umana.

Pax Christi Italia

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