LIBRI. «LA CITTÀ SUL CONFINE» DI PAOLO VALENTE

Paolo Valente fa della «Città sul confine» una metafora universale, un archetipo del vivere sulla frontiera. Un libro che ogni persona che si lasci inquietare dall’idea del confine – e dell’andare oltre – dovrebbe conoscere. Un mosaico di 24 short stories dedicate a Merano, per tracciare un appassionante itinerario storico introdotto dall’«uomo del Similaun» e disteso dal Medioevo ai nostri giorni. Tra gli avvenimenti e i personaggi più rappresentativi, una corsa vittoriosa di Gino Bartali, un soggiorno meranese di Perón, una segreta incursione di Mussolini alla fine della guerra.


Paolo Valente

«La città sul confine»

Storie meranesi di uomini e fantasmi

OGE edizioni, Milano 2006, pagine 208, € 15,00

ISBN 88-89834-02-1

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Ettore Masina afferma: «Storico accurato e rigoroso della città in cui è nato, Valente è anche un raffinato scrittore e questa collezione di racconti somiglia a una saga variegata e affascinante: dalla preistoria di Ötzi, l’uomo del Similaun all’800 romantico dell’imperatrice Sissi al ‘900 di Mussolini, Tagore, Bartali e Peròn, nell’incanto di questa conca, fra le più belle dell’Alto Adige-Südtirol, la storia si muove ora a passo di danza ora nell’ottusa ferocia di opposti fondamentalismi etnici. Valente conosce la tenerezza di certi ricordi di povera gente e la protervia dei ‘grandi’, la santità dei miti e l’orrore dei violenti; e perciò certi suoi ritratti risultano indimenticabili».

I passaggi misteriosi nella città sul confine

Scrive Francesco Comina su «L’Adige di Trento»: «Ci sono papi, ci sono vescovi, ci sono re e imperatori, ma anche poeti, artisti, musicisti, a volte fantasmi. E c’è il mostro che ha insanguinato le strade, le passeggiate, i campi di una tranquilla città di frontiera. È un mondo affascinante quello che Paolo Valente ci racconta nel suo ultimo libro «La città sul confine. Storie meranesi di uomini e fantasmi» Un mondo vero, non fittizio, ma raccontato liberamente come gli scrittori sanno fare. In ventiquattro affreschi la penna di Valente ci conduce attraverso un viaggio storico-lettarario fatto di movimento, di fughe e brusche fermate nella città dell’autore: Merano. Il mondo venne e il mondo ripartì. Quando Juan Domingo Peròn vi arrivò nell’estate del 1939 era appena un soldato. Forse nessuno poteva immaginare che pochi anni più tardi sarebbe diventato uno dei presidenti più amati dal popolo argentino. A Merano vi rimase fino al 9 ottobre. L’8 Valente lo immagina all’ippodromo dove si tenne il quinto Gran Premio. In uno dei più avvincenti racconti Valente si mette sulla bicicletta di Gino Bartali che vince una delle memorabili tappe del Giro d’Italia del 1937. E c’è l’imperatrice Sissi che a Merano soggiornò molto tempo, in vari periodi dal 1870 al 1898. Si dice che ci sia venuto anche il grande poeta indiano Tagore. E un balzo lo fece anche Mussolini».

L’intervista

Nel libro di Paolo Valente il dato storico e la fantasia letteraria si fondono insieme. E tutto diventa possibile. È il fascino di queste città a cavallo delle nazioni, lì dove si incrociano uomini, volti, culture, passioni, sentimenti, piccole viltà e grandi eroismi. Tutto nasce, si riproduce e muore sul confine fra i popoli. Eppure lì, dove il traffico è vita, anche lì ci sono spinte tenaci in direzione ostinata a contraria per limitare il meticciato, per rendere impossibile la relazione, lo scambio fra le lingue, la mutua fecondazione fra le differenze.

Paolo Valente, il suo libro inizia citando la follia del ‘mostro’, quel Ferdinand Gamper che nel 1996 ha fatto schizzare fuori da un fienile nella periferia meranese una violenza inaudita, uccidendo a sangue freddo, agricoltori, fidanzati, contadini, carabinieri. «Una follia che viene da lontano», scrive nell’introduzione. Ma che significa questo narrare a partire dall’ombra?

Voglio soltanto dire che il confine è dentro di noi. E dentro ognuno di noi c’è anche un po’ di quel ‘mostro’. Ovvero c’è il desiderio perverso di distruggere l’altro solo perché diverso da noi. Quella ‘follia’ viene da lontano, cioè si nutre delle parole, delle scelte, delle ideologie che giustificano, magari senza accorgersene, l’eliminazione delle differenze. Il ‘mostro’ è il braccio, in un certo senso, la mente invece è da ricercarsi altrove (altrove in senso temporale e sociale). Ai margini della strada che ripercorro con i miei racconti compaiono spesso le impronte di quel ‘mostro’.

Il libro racconta ventiquattro passaggi meranesi, transiti di vescovi, re, imperatori, principesse, poeti, sportivi, artisti, sulla linea di confine. Che valore hanno, secondo lei, le città di frontiera?

Sembra un paradosso: una città che sia davvero ‘di frontiera’ (ovvero ai margini) è anche ‘al centro’ degli eventi. Il confine non è solo ciò che divide. Non è solo il luogo dove qualcosa finisce ma è anche il punto dove inizia qualcosa d’altro. È il luogo dove si incontrano (o si scontrano) il passato ed il futuro (il presente è un confine!), le culture, i popoli. È il confine che fa la storia.

Fra le tante vicende che narra, alcune balzano all’occhio del lettore: la villeggiatura della principessa Sissi, il soggiorno di Peròn il presidente che fece sognare gli argentini subito dopo la guerra e quella, presumibile, di Tagore, il famoso poeta indiano. Possiamo forse parlare di una Merano cosmopolita?

Merano per me, in questo caso, è solo un pretesto. Le sue vicende sono illuminanti. Il centro abitato è nato non si sa bene quando. La città è passata dall’essere capitale del Tirolo ad insignificante borgata rurale, per tornare poi alla fama internazionale col decollo turistico dell’800. Per essere ‘città sul confine’ bisogna volerlo essere. Bisogna essere intimamente convinti che la multiculturalità è una risorsa preziosa e non, come pensa il ‘mostro’, una fastidiosa anomalia da sopprimere.

La mummia del Similaun. Il primo e l’ultimo capitolo sono dedicati a lui, a Ötzi, l’uomo di 5500 anni fa morto e poi sepolto dai ghiacci. Lo sfortunato ha fatto la fortuna (commerciale e turistica) dell’Alto Adige. Non le sembra un gioco del destino che questa terra di confine si trovi ad avere come riferimento simbolico nel mondo l’uomo trattenuto dai ghiacci? Non le pare la miglior sintesi di una società, quella altoatesina, rimasta ibernata nel suo spazio di confine diviso dalla polarizzazione etnica?

Ötzi mi è sempre stato simpatico. Cerco di capirlo come uomo. Ho ripercorso con i miei scarponi il sentiero che lo ha portato alla morte lassù, ai piedi del Similaun. Lui è l’uomo che combatte con i limiti del confine. È come tutti noi: vorrebbe andare al di là della frontiera però alla fine non ce la fa. C’è qualcuno che lo trattiene. Incarna, in riferimento alla condizione umana, la necessità di andare oltre e, al tempo stesso, l’impossibilità di farlo.

L’autore: Paolo Valente

Paolo Valente, giornalista e scrittore, già direttore responsabile del settimanale altoatesino Il Segno, è nato nel 1966 a Merano, dove vive. Ha pubblicato numerose ricerche sulla storia locale, tra cui «Con i piedi nell’acqua» (con Claudio Ansaloni, Bolzano 1991), sulla nascita della borgata di Sinigo, «Un prete in miniera» (Bologna 1993), intervista a un cappellano degli operai e dei minatori, «Oltre l’Isarco» (Bolzano 1998), sulle vicende del quartiere bolzanino di Oltrisarco, «La sfida di una diocesi plurilingue» (Bolzano 1999), sulla creazione della diocesi di Bolzano-Bressanone, «Pane & mare» (Bolzano 2002), sulle attività sociali della Chiesa nel dopoguerra. É autore di una trilogia storica dedicata ai gruppi sociali conviventi nella Merano plurilingue: «Il muro e il ponte» (Trento 2003), «Nero ed altri colori» (Trento 2004), «Porto di mare» (Trento 2005). Ha raccontato la passione che muove i giovani al volontariato sociale («Che fatica, che gioia», Torino 2003) e raccolto le testimonianze delle popolazioni dei paesi del Golfo di Guinea («L’albero dai fiori rossi», Bologna 2004). In ambito narrativo ha pubblicato «Il maestro di Cordés» (romanzo breve, Bolzano 1997), «L’orchetto volante» (racconti e filastrocche per bambini, Trento 2001), «Di là del passo» (due racconti lunghi, Bolzano 2003), alcuni altri racconti brevi e una raccolta di favole africane («La papaia di Senan», Bologna 2006). Web dell’autore: www.webalice.it/valente.paolo