LO STATO CONTRO LA MAFIA-STATO

Giovanni Falcone e Paolo BorsellinoDopo dodici anni ancora non è stata scritta una sentenza che restituisca la verità giudiziaria sui cosiddetti mandanti occulti delle stragi. Ancora non sappiamo quali interessi si sono intersecati con quelli di Cosa Nostra e chi ha tratto vantaggio dalla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino oltre alla mafia siciliana. 

Nell’attesa e nella speranza che ciò avvenga possiamo però avanzare ciò che a seguito della nostra inchiesta giornalistica può dirsi ormai una certezza.  Ripartiamo dalla trattativa. Sappiamo da Giovanni Brusca che Riina tramite i suoi contatti: il dottore Cinà, Ciancimino e altri, stava trattando con un uomo dello Stato, probabilmente un’alta carica.

L’anello di congiunzione era il generale dei carabinieri Mario Mori. Interrogato dai procuratori Chelazzi e Grasso, Brusca suggerisce che dall’altro capo della trattativa poteva esserci il Ministro Mancino. Dal quadro che si è venuto a sviluppare in questi lunghi anni pensiamo di poter sostenere che gli uomini che agirono da ambasciatori per Riina erano di fatto anche nelle mani di Bernardo Provenzano.

I due infatti come hanno sostenuto tutti i collaboratori di giustizia, erano “la stessa cosa”. Non è peregrino ritenere dunque che, sebbene su ordine di Riina, anche Provenzano stava conducendo la trattativa, inviando anche suoi uomini, come Lipari, per esempio. Sempre da Brusca sappiamo che ad un certo punto “il patto scellerato” subisce una battuta d’arresto poiché si frappone un ostacolo: Paolo Borsellino. Di qui la necessità di accelerare la strage di Via D’Amelio. Borsellino, sì, sarebbe stato ucciso comunque, come avversario storico di Cosa Nostra, ma non era sicuramente conveniente per l’organizzazione compiere un altro eccidio tanto eclatante a soli due mesi di distanza dall’assassinio del nemico simbolo della mafia.

Allora cosa può essere successo? Da un altro collaboratore di giustizia, Gaspare Mutolo, sappiamo che durante un interrogatorio Borsellino fu chiamato dal ministro dell’interno, Mancino appunto, e che tornò sconvolto tanto che per sbaglio si accese due sigarette. Cosa gli aveva detto il Ministro? Se Brusca ha ragione Mancino potrebbe avergli rivelato della trattativa spiegandogli che solo trattando con la mafia lo Stato, in quel momento in ginocchio, si sarebbe potuto risollevare. Possiamo solo immaginare la risposta di Borsellino. “Sono un giudice e io devo ubbidire solo alla legge. Con la mafia non si tratta. La possiamo annientare, abbiamo i pentiti…”. Il Ministro sarà stato costretto a dire ai suoi interlocutori che non se ne poteva fare niente… Ora ciò non significa affatto che il Ministro abbia indicato Borsellino come un ostacolo, ma qualcun altro, magari una talpa istituzionale, potrebbe averlo fatto.

Ed è qui che probabilmente entrano in scena i mandanti occulti. Entrano nella trattativa, ma dalla parte di Cosa Nostra. Che non ha interesse solamente a vedere abolito il 41 bis o ad eliminare i collaboratori di giustizia, ma vuole prima di ogni cosa tornare a convivere con lo Stato, in modo tale che possa tornare ad avere carta bianca, così come i suoi partners dell’alta finanza, nell’unica cosa che veramente le importa: il business! Gli eventi nazionali ed internazionali di quegli anni infatti l’avevano di fatto isolata e Cosa Nostra non può vivere senza appoggi.

Ostacolata da Falcone, Borsellino e dal pool, tradita da Andreotti e Martelli… a Milano scoppia Tangentopoli… Cosa Nostra non conosce altro linguaggio che non siano le bombe. Provenzano che, oggi si può dire con certezza, ha fatto il doppio gioco in realtà stava già preparando la “Nuova Cosa Nostra”.  Basta violenza, basta bombe, la gente manifesta per le strade, la Sicilia, che ha sempre accettato di buon grado la mafia, scende in piazza… il consenso comincia a vacillare. Provenzano vuole tornare alle origini. “Buon Giorno dottore, sabbenedica, baciamo le mani…”. La mafia per bene, insomma! 

Riina per contingenze ed esigenze di potere ha dovuto utilizzare metodi forti; ma ora quella metodologia è arrivata alla fine e Provenzano lo capisce per primo. E quando si presenta l’ostacolo Borsellino non ci pensa due volte ad organizzare la strage. Giuffré lo dice chiaramente. La strage Falcone è stata organizzata da Riina, la strage Borsellino da Provenzano. E’ lui che, ricevute le risposte dai suoi intermediari, informa Riina sul da farsi, e Riina acconsente. Cosa Nostra decide, nessuno chiede, ma è bastata una parola perché la strage venisse accelerata.

Con la morte di Borsellino, paradossalmente, Provenzano guadagna l’occasione per costruire la “Cosa Nuova”. Per lo stato diventa una tragedia e l’effetto boomerang si scatena contro l’ala militare mafiosa. Provenzano consegna Riina e ottiene quello che Riina stesso aveva richiesto: benefici e soprattutto la convivenza. Piano piano, poi, senza spargere troppo sangue crea le condizioni per far catturare anche gli altri stragisti: Bagarella, Brusca, Graviano ecc… Non va sottovalutato poi un altro elemento inquietante che emerge dalle indagini sulla strage di via D’Amelio: il ruolo svolto dai servizi segreti.  L’interesse comune strategico e convergente era infatti di stato, e ciò giustifica la loro presenza. Ed è solo per questo, per questo interesse comune che Cosa Nostra accetta la partecipazione di altri uomini che non sono d’onore.

Si spiega così perché Riina mette a disposizione di Provenzano il suo uomo più fidato, Salvatore Biondino che ha contatti di altissimo livello con i servizi segreti. Una prassi già sperimentata altre volte, si ricordino le bombe di Bologna o Piazza Fontana. Quando ci sono ragioni politiche nazionali o internazionali si rende necessario il servigio e il depistaggio dei servizi deviati.La strage di via D’Amelio va inquadrata in quest’ottica, per questo è la più tragica e importante nella storia della mafia. Perché ha dato il via alla Cosa Nuova.

Se alla Procura di Gian Carlo Caselli fossero stati dati i mezzi o anche non fosse stata ostacolata forse il progetto di Provenzano si sarebbe potuto fermare. Ma i provvedimenti adottati dall’allora governo di centro sinistra che ha ereditato la trattativa dal governo precedente così come l’ha ereditata il governo attuale non glielo hanno consentito. Tutti si sono dovuti attenere a quell’accordo. Altrimenti Cosa Nostra e anche e soprattutto i poteri forti ad essa legati avrebbero seriamente minato la possibilità per l’Italia di entrare in Europa. Dunque Paolo Borsellino si frappone come ostacolo nella trattativa tra mafia e stato e scopre anche i mandanti esterni colpevoli dell’omicidio del suo fraterno amico Giovanni Falcone. Non è quindi assurdo paragonare il suo omicidio a quello del presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy o di suo fratello Bob Kennedy, ministro della giustizia, delitti in cui Cosa Nostra ebbe un ruolo determinante, ma non esclusivo. Stragi, appunto, di stato.


Articolo pubblicato su ANTIMAFIADuemila  giugno/luglio 2004 n.40 in edicola dal 16.07.04