[ADISTA • 27.11.04]. Non vuole la beneficenza, il popolo mapuche. Né vuole prestarsi a un'operazione di facciata condotta da un'impresa preoccupata unicamente della propria immagine. Così, di fronte all'offerta di Luciano Benetton di destinare 2.500 ettari della sua sterminata proprietà in Patagonia alle comunità indigene, i mapuche hanno risposto che non si può donare ciò che non si possiede...

«NON PUOI RESTITUIRCI QUELLO CHE È NOSTRO». FERMA RISPOSTA DEI MAPUCHE A BENETTON

Non vuole la beneficenza, il popolo Mapuche. Né vuole prestarsi a un’operazione di facciata condotta da un’impresa preoccupata unicamente della propria immagine. Così, di fronte all’offerta di Luciano Benetton di destinare 2.500 ettari della sua sterminata proprietà in Patagonia alle comunità indigene, i mapuche hanno risposto che non si può donare ciò che non si possiede.

L’iniziativa di Benetton giunge in risposta al clamore suscitato a livello internazionale dalla causa intentata (e vinta) dalla Compagnia di Terre del Sud Argentino, controllata dall’impresa trevigiana, contro una coppia di contadini mapuche, Atilio e Rosa Curiñanco, colpevoli di aver occupato un lotto di 385 ettari (noto come lotto Santa Rosa) di proprietà della Compagnia, ritenendolo, in base alle assicurazioni ricevute, terreno demaniale e inutilizzato.

Un clamore di cui si era fatto interprete, lo scorso luglio, anche il Premio Nobel per la Pace Adolfo Pérez Esquivel che, conosciuta la sentenza, aveva scritto a Luciano Benetton una lettera durissima, accusandolo di essersi “avvalso dei soldi e della complicità di un giudice senza scrupoli per togliere le terre a una povera famiglia mapuche” e di aver comprato 900.000 ettari nella Patagonia argentina per aumentare le proprie ricchezze e il proprio patrimonio, “agendo con la stessa mentalità dei conquistatori”. “Mi auguro che a Treviso – aveva concluso il Premio Nobel – i suoi concittadini reagiscano con senso critico e pretendano che lei agisca con dignità, restituendo questi 385 ettari di terra ai loro legittimi proprietari, ponendo fine a questo furto. Sarebbe un gesto di grande levatura morale”.

La risposta di Benetton è arrivata l’8 novembre scorso, con una lettera in cui l’imprenditore mette a disposizione del Premio Nobel 2.500 ettari di terra vicino alla città di Esquel, in Patagonia, affinché, “come garante di riconosciuta integrità e profondo conoscitore della situazione patagonica”, possa destinare la tenuta a favore delle comunità mapuche, per gli usi che riterrà opportuni: “un atto concreto e nel contempo simbolico”- sottolinea Benetton -, “un gesto che rientra pienamente nella nostra filosofia imprenditoriale di investire, lavorare, collaborare e sostenere progetti magari ambiziosi ma fattibili, e sempre con obiettivi di sviluppo e miglioramento economico e occupazionale”.

Immediata la replica di Pérez Esquivel: “Nessuno può essere garante di terre che sono sempre appartenute ai mapuche, neanche un Premio Nobel per la Pace”: sono loro dunque “che devono decidere su questa offerta”. Ma il vero “atto simbolico”, sottolinea il Premio Nobel argentino, “sarebbe quello di una restituzione effettiva e del rispetto del loro diritto di autodeterminazione come popolo, e non una donazione”.

E così Luciano Benetton è stato costretto ad affrontare la questione direttamente con gli interessati: il confronto tra l’imprenditore trevigiano e i rappresentanti mapuche si è svolto l’11 novembre al Campidoglio a Roma, alla presenza, tra gli altri, del sindaco Walter Veltroni, di Pérez Esquivel, dell’ambasciatore argentino in Italia Victorio Taccetti. Tre ore di colloquio piuttosto teso, conclusosi in maniera interlocutoria: i mapuche hanno ribadito la loro richiesta di ottenere la restituzione del lotto Santa Rosa e Benetton ha preso tempo, affermando di non conoscerne l’esatta ubicazione e impegnandosi, nel caso il lotto risulti essere periferico rispetto alla sua tenuta, a donarlo allo Stato affinché questo lo restituisca al popolo Mapuche. “Ancora una volta – ha affermato, in un comunicato diffuso all’indomani dell’incontro, l’Organizzazione delle comunità mapuche “11 ottobre” – abbiamo verificato che lungi dal cercare di rispondere alle nostre rivendicazioni, Benetton cerca di ricomporre la sua immagine di ‘capitalista umanitario’. Ancora una volta abbiamo verificato la mancanza di impegno dello Stato argentino di fronte alle richieste dei popoli originari (…). Abbiamo verificato anche che alcuni dei mediatori erano più interessati a preservare la buona immagine della compagnia che a ‘mediare'”.