[Misna • 30.10.03] La chiave per porre fine alla guerra e allo sfruttamento illegale delle risorse della Repubblica democratica del Congo è "rompere il circolo  vizioso" della fornitura di armi e del saccheggio delle ricchezze naturali del Paese. Lo sostiene l'ultimo rapporto degli esperti delle Nazioni Unite, discusso il 30 ottobre al Palazzo di Vetro di New York dal Consiglio di sicurezza...

REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO. AL CONSIGLIO DI SICUREZZA IL RAPPORTO ONU SU SFRUTTAMENTO ILLEGALE RISORSE

La chiave per porre fine alla guerra e allo sfruttamento illegale delle risorse della Repubblica democratica del Congo è “rompere il circolo  vizioso” della fornitura di armi e del saccheggio delle ricchezze naturali del Paese. Lo sostiene l’ultimo rapporto degli esperti delle Nazioni Unite, discusso il 30 ottobre al Palazzo di Vetro di New York dal Consiglio di sicurezza. Il documento, il quarto in tre anni su questo tema, per la prima volta affronta il ruolo svolto dalle società internazionali e delle multinazionali nel sostenere gruppi armati e ribelli dell’ex Zaire. Il nuovo dossier conferma che i proventi delle compagnie coinvolte nell’ estrazione e nel business illegale del Congo sono stati utilizzati per alimentare la guerra e foraggiare le numerose componenti militari coinvolte. Il “report” dell’Onu contiene importanti novità: gli esperti vi riportano le reazioni di compagnie private e governi che in precedenza erano stati accusati di essere coinvolti nello sfruttamento del tesoro minerario congolese (soprattutto diamanti, oro e cobalto). Il nuovo “j’accuse” delle Nazioni Unite suddivide le risposte ottenute dagli interlocutori in diverse categorie: coloro che hanno chiarito e risolto la propria situazione ‘compromessa’ con il Congo, chi ha adottato “soluzioni provvisorie”, altri (aziende o persone) che saranno sottoposti ad ulteriore investigazioni e, infine, le controparti che non hanno reagito alle accuse contenute nei precedenti dossier dell’Onu. In quest’ultimo gruppo vi sono i nomi di una ventina di aziende, tra cui il ‘gigante’ sudafricano dei diamanti De Beers, che secondo gli esperti delle Nazioni Unite potrebbero aver commesso infrazioni alle linee-guida dell’Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo (Oecd). Società che, in altre parole, hanno tratto profitto in modo non etico dal conflitto nell’ex Zaire, che dal 1998 ad oggi ha provocato almeno 2 milioni e mezzo di vittime (addirittura oltre 4 secondo alcune stime), il più alto numero di morti dopo la seconda guerra mondiale. Nei giorni scorsi un gruppo di associazioni e organizzazioni non governative (ong), tra cui Human Rights Watch e il network delle associazioni dei diritti umani del Kivu (est del Congo) avevano chiesto ai governi dei Paesi coinvolti di perseguire le società citate nel dossier Onu. Il documento, tra l’altro, individua dodici nazioni africane attraverso cui i prodotti del Congo passano per raggiungere i mercati internazionali: Burundi, Rwanda, Uganda, Zimbabwe e Angola (coinvolti militarmente nella guerra congolese esplosa nel 1998), ma anche Repubblica Centrafricana, Kenya, Mozambico, Congo Brazzaville, Tanzania e Zambia. (Fonte: Misna, 30.10.03)