[Nicola Furini • 05.12.04] “L’Onu che noi conosciamo è molto diversa da quella di cui l’umanità avrebbe bisogno. Ma dell’Onu non possiamo fare senza. Essere consapevoli dei suoi limiti non ci autorizza a buttarla via. Questa istituzione è nata per impedire le guerre, promuovere la pace e il dialogo tra i popoli. L’Onu è nostra, è di tutti. Non possiamo assistere alla sua distruzione senza intervenire. Questo è il tempo della mobilitazione. Occorre creare un grande movimento mondiale a sostegno dell'Onu e di un nuovo ordine internazionale più giusto, pacifico e democratico”...

RIPRENDIAMOCI L’ONU

L’Onu che noi conosciamo è molto diversa da quella di cui l’umanità avrebbe bisogno. Ma dell’Onu non possiamo fare senza. Essere consapevoli dei suoi limiti non ci autorizza a buttarla via. Questa istituzione è nata per impedire le guerre, promuovere la pace e il dialogo tra i popoli. L’Onu è nostra, è di tutti. Non possiamo assistere alla sua distruzione senza intervenire. Questo è il tempo della mobilitazione. Occorre creare un grande movimento mondiale a sostegno dell’Onu e di un nuovo ordine internazionale più giusto, pacifico e democratico”.

Così ha esordito Flavio Lotti, Coordinatore nazionale della Tavola della pace, all’inaugurazione del Seminario internazionale “Reclaim our UN” (riprendiamoci l’Onu), sul futuro dell’Onu e delle istituzioni internazionali, in preparazione del V° Forum Sociale Mondiale. Il seminario, che si è svolto a Padova dal 18 al 20 novembre, è nato dalla convergenza di diverse iniziative già in corso – in Italia e nel mondo – tese a promuovere la riforma, il rafforzamento e la democratizzazione dell’Onu e delle altre principali Istituzioni internazionali (Banca mondiale, Fondo monetario internazionale, Organizzazione mondiale per il commercio).

Obiettivo di questa mobilitazione è arrestare e invertire il processo di indebolimento e delegittimazione dell’Onu, contrastare l’unilateralismo, la guerra preventiva e la globalizzazione selvaggia. A sessant’anni dalla fondazione dell’Onu, dopo oltre quindici anni di dibattiti, gruppi di lavoro, comitati di saggi, rapporti e raccomandazioni, la riforma della stessa Onu e delle altre principali istituzioni internazionali è urgente e non più rinviabile. 

Il Seminario di Padova – promosso da alcune tra le più importanti organizzazioni del Consiglio internazionale del Forum sociale mondiale – ha avviato il dibattito che proseguirà fino a Porto Alegre, offrendo ai partecipanti l’opportunità di mettere a confronto i diversi orientamenti e le diverse proposte di lavoro attualmente esistenti, per contribuire alla definizione di una strategia e di un piano d’azione comuni della società civile mondiale.
 
Le linee guida della riforma – che la mobilitazione della società civile mondiale tenta di avviare – mirano a consegnare all’umanità un’Onu più forte e più democratica, trasparente e partecipata, aperta alla collaborazione permanente con la società civile mondiale, con gli Enti locali e con i Parlamenti. La nuova Onu dovrà essere capace di prevenire lo scoppio di nuovi conflitti armati e di promuovere il disarmo, difendere il diritto internazionale dei diritti umani e mettere al bando la guerra, riconquistare una centralità politica nel campo sociale, ambientale ed economico (i tre pilastri fondanti del concetto di sviluppo sostenibile).
 
Il Seminario si è concluso con una dichiarazione comune che potrà essere consultata tra qualche giorno sul sito  Internet della Tavola della pace http://www.tavoladellapace.it .
 
Cosa va cambiato subito dell’Onu

La riforma sulla quale si discute con maggior insistenza riguarda la composizione del Consiglio di Sicurezza. Si tratta dell’organo cui è affidata la responsabilità del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali. È composto da 15 membri, cinque dei quali – Cina, Francia, Federazione Russa, Gran Bretagna e Stati Uniti – sono membri permanenti (gli altri 10 vengono eletti dall’Assemblea Generale con un mandato biennale). Le decisioni del Consiglio richiedono una maggioranza di almeno nove voti, ma nessuna decisione può essere presa nel caso in cui un membro permanente esprima un voto negativo (veto). A questi cinque paesi è dunque riconosciuto un potere enorme che non trova più le giustificazioni politiche di sessant’anni fa.  Qualsiasi riforma delle Nazioni Unite passa per la volontà dei cinque membri permanenti, i quali non hanno alcuna intenzione di rinunciare ai rispettivi privilegi.

Oltre al diritto di veto, un’altra componente anacronistica è contenuta nello statuto dell’ONU e riguarda le forme di voto dell’Assemblea. Le regole attuali si basano infatti sul principio de “un Paese un voto”. Ma per Sandro Calvani – capo del Programma Onu per la droga e il crimine – «è come dire, in un grande condominio, che chiunque abbia un garage pesa come il proprietario del supermercato. È ovvio che l’assemblea condominiale finisce a pugni… Attualmente è la situazione che abbiamo all’Onu, dove ogni abitante di San Marino conta 50mila volte un abitante della Cina, ed è chiaro che Pechino non sia d’accordo con questo privilegio.»
 
Sotto accusa è anche un altro principio dell’ONU, quello di neutralità. Nei territori dove la violenza proviene inequivocabilmente da una sola parte, la neutralità rende le truppe ONU inefficaci, e, nei casi peggiori, complici dei colpevoli. «Si deve esaminare con urgenza la possibilità per l’ONU di munirsi di truppe d’intervento permanentemente pronte all’impiego, direttamente soggette al Segretario Generale ed alla Commissione di Stato Maggiore dell’ONU». Questa è l’opinione di Andreas Bummel dell’APM – Associazione per i Popoli Minacciati -, con riferimento ai drammatici episodi di fallimento della comunità internazionale. Come nel caso del genocidio ruandese del 1994 – quando in poche settimane vennero sterminate almeno 800.000 persone tra uomini, donne e bambini -, oppure al massacro perpetrato nella “zona protetta dall’Onu” di Srebrenica, dove nel luglio 1995 furono trucidati fra gli 8.000 ed i 10.000 musulmani bosniaci.

Cosa succederà?

Le riforme dell’ONU, se ci saranno, andranno molto probabilmente nel senso di “aggiustamenti” tutto sommato marginali, magari allargando l’area dei decisori effettivi, ossia di quegli Stati in condizione di influire sulle scelte concrete dell’organizzazione. Ma se vogliamo vedere finalmente umanizzate le principali istituzioni governative nazionali e internazionali, è necessario almeno continuare a lavorare nel campo dell’educazione ai diritti umani e alla pace. I frutti di questo impegno, che si dilata necessariamente su tempi medio-lunghi, sono la speranza di un futuro migliore, per tutti.

Nicola Furini
Criticamente.it


Approfondimenti:

http://www.centrodirittiumani.unipd.it/a_temi/riformanu.asp?menu=temi: raccolta di materiale a cura del Centro per i diritti umani dell’Università di Padova http://www.crbm.org: campagna per la riforma della Banca Mondiale http://www.entilocalipace.it/news01.asp?codice=50: appello per la democratizzazione dell’ONU (Associazione per la pace) www.onuitalia.it : sito delle Nazioni Unite per l’Italia http://www.reformcampaign.net: campagna Mondiale per una Riforma del Sistema delle Istituzioni Internazionali http://www.reformwatch.net: studi e rapporti sulle proposte di riforma (in inglese) http://www.ubuntu.org: UBUNTU, forum mondiale della rete della società civile http://www.50years.org: 50 anni sono abbastanza: rete statunitense per la giustizia economica globale, piattaforma e richieste di riforma per Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale (in inglese)