[Oca Romana • 30.09.08] Racconto iscritto al Concorso solidal-umoristico-letterario nazionale «Léggere nel verde». C’era una volta, al tempo in cui il cemento che ricopre oggi la terra era ancora interrotto da isole di erba e ombreggiato da alberi, un tale X, che abitava in una grande città, lavorava in un enorme palazzo, divideva il letto con una grossa moglie, si circondava di una piccola auto, aveva spesso il fiato corto e sogni infiniti...

VIVERE E FUGGIRE CON LE PANTEGANE

Racconto iscritto al Concorso solidal-umoristico-letterario nazionale «Léggere nel verde». Trovi il bando qui.



VIVERE E FUGGIRE CON LE PANTEGANE


Racconto di Oca Romana

C’era una volta, al tempo in cui il cemento che ricopre oggi la terra era ancora interrotto da isole di erba e ombreggiato da alberi, un tale X, che abitava in una grande città, lavorava in un enorme palazzo, divideva il letto con una grossa moglie, si circondava di una piccola auto, aveva spesso il fiato corto e sogni infiniti.

Il signor X , altrimenti detto por’omo dalla consorte, a causa di scarsità di avvenenza, vigore e stipendio, era espulso dal letto alle sette di ogni mattina da una radiosveglia spietata, spalleggiata dalla sua metà (che in realtà era il suo doppio!). Raggiungeva il luogo di lavoro, chiuso nell’abitacolo di vetro resina e metallo, ancora non suo in comode rate di durata faraonica, schivando motorini scoreggianti e SUV guidati da tristi Indiana Jones stravecchi.

Incastrava il culo davanti a un computer, con scrivania ecc. alla luce artificiale del neon, e tale lo manteneva per dieci ore, con pausa pranzo, in mensa (buono pasto), acquamineraliscia e poche parole. Alle 18 era rivomitato dal lugubre edificio e tentava di ritornare a casa, riuscendoci quasi sempre… Tranne quella volta che una moto lo abbracciò,  pedone ignaro.

La chiave nella toppa annunciava un reduce, accolto dal gracchiare in Sensurround di stormi di cornacchie, le concorrenti del solito talk-show femminile in crisi con l’universo maschile, che tanto piaceva alla moglie.

Le smerdoline di Quattro-Salti-in-Budella lo aspettavano già, tranquillizzanti come sempre. Il por’omo, edito a milioni di copie, aveva però un suo giardino segreto, quello che gli permetteva di sopravvivere all’ergastolo quotidiano e lo distingueva dagli altri milioni di por’omini: il por’omo leggeva!

Era, il leggere, antica arte inventata dagli antenati, costruita a fatica e decifrata con sforzo, necessaria di allenamento e impegno, di concentrazione e fantasia. Doti che in quell’epoca erano già entrate in disuso, poco praticate perché faticose. Attività sedentaria, come tivù e pc, quindi magari piacevole, ma impegnativa intellettualmente e inadatta dunque ai più, e ai più giovani specialmente, i quali non sembravano più programmati per queste cose.

Il signor X invece non era un teenager, e quindi aveva un sacco d’entusiasmo, fantasia, desideri e sogni. I suoi genitori erano stati una coppia di dinosauri che leggevano, amavano il teatro e la poesia, gli davano un ceffone quando se lo meritava, non gli avevano comprato moto o auto nuova prima che lui la desiderasse. Anzi, nemmeno dopo! Perciò, a differenza degli altri milioni che si drogavano con il pallone o altre troiaggini televisive, il signor X leggeva, e leggeva nel verde! Oddio, avrebbe potuto leggere in altri colori, ma lui voleva leggere nel verde!

Al verde non ci faceva più caso nessuno, a che cosa serviva in fondo? Nel frenetico andare del secolo XXI° ogni angolo della città si riempiva di gente e schiamazzi, bus, supermarket, strade, piazze, monumenti e negozi. E musica e ambulanze e clacson. Solo qualche angolo verde restava: una piccola isola dove il signor X si nascondeva alla rude esistenza di tutti i giorni. E lì, accoccolato su se stesso come un gatto al sole, sull’erba un po’ umida, assicurandosi di essere solo, tirava fuori dalla valigia 24 ore di cartone pressato lo strumento del suo vizio solitario: un rettangolo cartaceo a più strati, un po’ consunto, macchiato di caffè, pioggia…

Come il sognatore che sa riprendere il suo sogno al punto esatto in cui lo aveva lasciato, il signor X  rientrava nella sua second life laddove si era interrotta per squallide ragioni di sopravvivenza, e non era più grigio, mingherlino, travetto. Era Santiago alle prese con gli squali, era Florentino in attesa del suo amore, era Atticus Finch contro l’ingiustizia. Era un lupo solitario, era il lupo Alberto, amava donne splendide o galline, moriva affogato come Shelley in mare o nell’alcool come F.S. Fitzgerald, era rapito in cielo come Romolo o strisciava al suolo come lo zio Tom. Era un esploratore al polo, era Shackleton prigioniero dei ghiacci con la sua nave, era il suo gatto e la moglie che lo aspettava, era un piccolo iracheno che faceva tappeti, era un’aquila e il topo da lei ghermito, era il vento e la luce, era questo e quello, era un martire e un figlio di puttana…

Che rottura la realtà quotidiana!! Sempre più difficile fare parte di questo film delirante a moviola accelerata, popolata da psicopatici consumatori di anfetamine e illusioni, dalle goffe, patetiche abitudini inventate per cancellare il tempo e la morte. Un duello inutile contro i mulini, come don Chisciotte. Era bello invece stendersi sull’erba, uscire dal delirio, scendere un po’ da quella carrozza di metrò impazzita, che correva senza fermarsi, nel buio, senza destinazione.

Aveva preso l’abitudine di nascondere i suoi libri, da quando aveva capito che sua moglie non approvava il suo passatempo, né i parenti o i colleghi capivano il senso di questo leggere, all’epoca della tivù, degli i-pod, ccp, ddx, spc.

In mensa ormai pranzava da solo. Anche la portinaia lo guardava in cagnesco. Era anche più difficile trovare l’oggetto della sua passione, perché le librerie erano quasi scomparse, sempre più spesso sostituite da rivendite di cose elettroniche e portachiavi cinesi parlanti. Le notizie erano proiettate sui muri e palazzi, o diffuse da altoparlanti in mezzo alla pubblicità, alternate alla musica. Era costretto a tapparsi le orecchie, così tra l’altro non si rese conto dei cambiamenti del suo ambiente, di nuove leggi e regole sociali, di quanto i suoi simili fossero cambiati. No, non erano più della stessa specie lui e quelli che non conoscevano i libri, che non decifravano i segni grafici né sapevano usarli, che volevano solo guardare, guardare, guardare. E fotografare. E girare pellicole. E sbavare su monitors e display di varie misure.

Non si accorse che i libri erano stati messi di nuovo all’indice, e la Nuova Inquisizione perseguiva gli adepti dell’antica religione dei Lettori, come sospetti di perversione o sovversione alla moderna società civile.

Lui era un diverso, uno che si sottraeva ai costumi dei suoi e ai doveri di cittadino e consumatore, uno che consumava poco, non frequentava Outlet o Megastore, ma preferiva il mercato delle pulci, uno che mandava  ancora cartoline con su scritto «saluti da Pinco Pallo!», uno che aveva persino osato ignorare l’invito della ASFIGA (Azienda Sanitaria Federativa Identificazione Globalizzante Aliena) per l’impianto del rivoluzionario sistema di microchip sottocutaneo di comunicazione-ricezione dati!

Un giorno, in cui più del solito era assorto nella lettura, intento a decifrare un testo Maya steso nel suo angolino verde, passò di lì una ronda di poliziotti e lo beccò in flagrante delitto di lettura. Fu identificato e prelevato; portato al comando, si constatò con deplorazione la mancanza del chip e la presenza del Chop (lo scoiattolo Chop era presente nelle sue letture preferite) la mancanza di tatuaggi e piercing socialmente utili, e la presenza degli oggetti incriminanti, cioè i libri.

Il signor X fu processato in direttissima, senza patteggiamento giacché non apparteneva alla categoria protetta dei killers e/o stupratori, e condannato ai lavori forzati per attività sovversiva e corruzione della gioventù, indotta da lui alla lettura! Non si arrese mai! E come uno dei suoi eroi prediletti, un certo Famozzi… Fantozzi, forse?,  affrontò impavido gli eventi.

Mentre si accingeva ad aprirsi un pertugio nel muro della cella con un cucchiaino, come aveva fatto Papillon, o giù di lì, con prospettive di durata biblica, passò da quelle parti un sorcio comune (mus muris italicus), con il quale scoprì di avere una notevole comunanza di vedute, specialmente sul piano psicoanalitico e filosofico, nonché esistenziale, (ambedue avevano sposato una pantegana), che lo aiutò ad evadere.

Non chiedetemi i particolari, come sempre avete il vizio di fare, e sapere la rava e la fava, e il come e il perché, voi che avete perso per strada il vostro Io Bambino! Io so che andò così, tanto più che, è assodato, i topi sono molto più intelligenti e umani di molti nostri contemporanei: loro, no, non guardano mai la televisione!

Oca Romana