[di Giorgio Beretta (Missione Oggi) • 28.06.02] Cresce l'export autorizzato dal governo italiano di armi. In piccola percentuale, l’1 per cento in più dell’anno precedente, ma cresce.

ARMI DEL BEL PAESE SULLE ROTTE DEI MARI DEL SUD

E nel 2001 raggiunge un totale di 863 milioni di euro (1.671 miliardi di lire). Un dato che rappresenta il trend di questi ultimi anni. Nel triennio 1990-92, infatti, l’export medio era a quota 1.588 miliardi, contro gli oltre 3.000 miliardi degli anni ’80. Nei tre anni successivi, però, era già salito a 1.991 miliardi. Qualcosa in meno – 1.910 miliardi – tra il 1996 e il 1998, per poi tornare a 1.975 miliardi di lire (oltre 1 miliardo di euro) nel triennio 1999-2001. Sono questi i dati ufficiali documentati dalla Relazione al Parlamento sulla vendita di armi italiane che il presidente del Consiglio, in ottemperanza alla legge 185 del 1990, è tenuto ogni anno a presentare. Dalla Relazione apprendiamo che nell’anno 2001 il primo cliente dell’industria bellica italiana è stata la Svezia, che ha acquistato dall’Agusta (Finmeccanica) 20 elicotteri A109 per uso militare per un valore di 128 milioni di euro. L’unico dato “rassicurante” è forse questo. Nel 2001, infatti, le esportazioni italiane hanno confermato non solo di essere in crescita, sia pur di poco, ma di essere ormai stabilmente vendute a paesi del Sud del mondo che assorbono il 56 per cento delle nostre esportazioni (e nel 2000 avevano toccato il picco del 70 per cento!). Nel 2001 sono state esportate armi dall’Italia in Medio Oriente per 160 milioni di euro, il 18,5% del totale. L’Arabia Saudita è stato il secondo acquirente in assoluto dopo la Svezia con 119 milioni di euro di materiale. Rilevanti anche le esportazioni in Turchia (45,2 milioni), Egitto (20,5 milioni) e in Kuwait (12,3 milioni). Tra i clienti compaiono Israele con due autorizzazioni per 1,8 milioni e l’Algeria che compra per 1,2 milioni di euro. Ancora più preoccupanti delle nuove autorizzazioni sono le consegne di sistemi già autorizzati negli anni precedenti: per 32,7 milioni di euro negli Emirati Arabi Uniti, in cui sono comprese le mine marine Manta e Murena della Sei di Brescia, e per 13,6 milioni in Siria, dove prosegue il riammodernamento dei carri armati T72 con i nuovi sistemi di controllo del tiro delle Officine Galileo (Finmeccanica). Se l’Est europeo appare in calo come cliente, ben più consistente l’export in Asia e nessuna cautela – nonostante quello che afferma la stessa Relazione – verso le aree calde. Le forniture maggiori sono per la Malaysia (76,2 milioni) e per la Corea del Sud (13,7 milioni), ma non mancano l’India (10,1 milioni e 52,5 milioni di consegne) e il Pakistan (9,4 milioni e 19,2 milioni di consegne), nonostante il governo Islamabad fosse nella lista Usa degli “stati canaglia” per i suoi rapporti il regime dei talebani in Afghanistan. All’America latina è destinato un quinto delle armi italiane vendute nel 2001. Il Brasile è il terzo cliente in assoluto con 90 milioni di euro di acquisti, il Cile compra per 74 milioni di euro, il Venezuela per quasi 8 milioni. Insomma, nonostante la legge 185/’90 vieti espressamente la vendita di armi a paesi con conflitti in corso, che violano i diritti umani e a regimi dittatoriali, l’Italia continua a esportare armi a paesi poveri e in via di sviluppo, fortemente indebitati e in guerra. Nel frattempo la lobby delle armi si sta dando da fare in Parlamento per eliminare anche questi controlli.