[Rete Lilliput • 30.03.03] Robe di Kappa lascia la Birmania. Successo della "Campagna Kappa" di Rete Lilliput. Circa 8.000 consumatori hanno inviato una cartolina all'azienda piemontese.

BOICOTTAGGI. SUCCESSO DELLA «CAMPAGNA KAPPA» DI RETE LILLIPUT

BOICOTTAGGI. SUCCESSO DELLA “CAMPAGNA KAPPA” DI RETE LILLIPUT

Robe di Kappa lascia la Birmania. Successo della “Campagna Kappa” di Rete Lilliput. Circa 8.000 consumatori hanno inviato una cartolina all’azienda piemontese. Ecco i risultati emersi durante un’incontro pubblico a Torino. Il presidente di Basic Net/Kappa Marco Boglione ha annunciato la momentanea interruzione della produzione di abbigliamento sportivo in Birmania a causa della durezza del locale regime repressivo e delle violazioni commesse contro i lavoratori e che non vedono riconosciuti i loro diritti umani. Si tratta di un successo della “Campagna Kappa” lanciata nel 2002 dalla Rete di Lilliput che ha raccolto fino ad oggi oltre 8.000 cartoline di consumatori delusi dal comportamento di Basic Net. Le cartoline sono state spedite per chiedere all’azienda di non rifornirsi più da produttori birmani e per sollecitare il pagamento di indennizzi per i lavoratori delle fabbriche interessate, in accordo con le richieste dei lavoratori e dell’opposizione democratica birmana. L’annuncio è avvenuto nel corso di un incontro pubblico tenutosi a Torino nel quale tuttavia Boglione ha sottolineato di non avere ancora preso una decisione definitiva. L’incontro ha visto la presenza anche di Francoccio Gesualdi del Centro Nuovo Modello di Sviluppo/Rete Lilliput, che ha dato vita ad un dibattito con Boglione. Il presidente di Kappa ha riconosciuto le accuse rivolte al regime birmano ma si è difeso sostenendo che la sua azienda ha un codice di condotta ben preciso e che spetta alle istituzioni internazionali modificare il comportamento del governo: “Se ne deve occupare il governo mondiale, se ne devono occupare gli stati democratici. Invece di correre dietro sempre a uno o all’altro problema, bisognerebbe che si facesse tutta la pressione necessaria sui governi locali, sui governi internazionali”. Boglione ha concluso chiedendosi se non abbia più senso restare in Birmania e agire sul governo affinché corregga  certe storture macroscopiche o se invece convenga lasciare per sempre il paese. La pausa di riflessione invocata da Boglione comunque non pone fine alla campagna di pressione e al monitoraggio sulle imprese che operano in Birmania.