CALCIO, GUERRE DIMENTICATE E CRONISTI DEI NOSTRI TEMPI

Premetto che sono un tifoso ‘vecchia maniera’, ma ho la sensazione che l’informazione sportiva sia finita in “off-side”. Accendi la televisione e sei costretto a subire un martellamento incessante da parte di una legione di cronisti votati all’estremo sacrificio pur di raccontare l’ultimo aneddoto degli europei di calcio. A parte le telecronache delle partite, trasmesse addirittura in replica nel palinsesto della notte, imbarazzanti talk-show vengono messi in onda, per dare libertà di parola ad ex calciatori, opinionisti sportivi e altri menestrelli del circolo mediatico.

Non ho idea di quanto possa costare alle singole testate questo inaudito dispiegamento di cronisti; credo una barca di soldi considerando che all’evento sportivo dell’anno sono accreditati un qualcosa come 7.500 operatori dell’informazione provenienti da mezzo mondo. Per la finale del 4 luglio, allo stadio la Luz di Lisbona, ben 1.100 posti, su una capienza di 65mila, verranno riservati ai giornalisti.

Nicolò Carosio alla Stadio Comunale di Torino nel 1955 (foto Alinari)Quando ero ragazzo, ricordo che Nicolò Carosio era in tribuna, solo col suo microfono, unico referente per tanta gente che non poteva permettersi il lusso d’andare allo stadio. Oggi invece sono quasi sempre due o tre le voci che accompagnano i match calcistici, poco importa che si tratti di serie A, B, europei o mondiali. Ma per parlare di chi? Di personaggi pagati profumatamente? Bisogna prendere atto che in Europa il calcio è un business a tutti gli effetti per l’enorme popolarità che questo sport si è saputo conquistare. Sta di fatto che lo spirito goliardico e il dilettantismo sembrano essere anni luce distanti dalla dispendiosa fiera del calciomercato.

Ma al di là di tutto, ciò trovo sconvolgente è il dispiegamento di giornalisti in terra lusitana non foss’altro perché nel villaggio globale gli avvenimenti che fanno la storia continuano a susseguirsi da mattina a sera, sia nel Nord che nel Sud del Mondo. È dunque immorale pensare che l’informazione si riduca a un notiziario infarcito di pettegolezzi su Del Piero o Totti, quando nell’ex Zaire si continua a combattere e nel Nord Uganda sangue innocente viene versato come se niente fosse. È vero che un tifoso inglese è stato ucciso per rapina a Lisbona, ma cosa dire dei morti causati dalla guerra civile colombiana di cui mai nessuno parla? Qualcuno dirà che questi pensieri sparsi sono pura utopia e che l’informazione deve rispettare le subdole regole dell’audience.

Io non ci credo e dico di più: non dobbiamo rassegnarci supinamente, accettando l’ineluttabilità dei piani editoriali. Anche perché nell’areopago dell’informazione vi sono libere coscienze che hanno la temerarietà di fare scelte controcorrente. Penso agli amici del notiziario radiofonico delle 08:00 di Radiouno, con 7 milioni e mezzo di ascoltatori, che da lunedì scorso hanno avviato una rubrica dal titolo più che emblematico: ‘Per non dimenticare l’Africa’. Una scelta che dimostra ampiamente una scottante verità: la reale possibilità di concepire un giornalismo davvero dalla parte dell’uomo. A questa redazione tutto il nostro incoraggiamento.

padre Giulio Albanese


Padre Giulio Albanese è direttore dell’agenzia di stampa Misna (www.misna.org)