[Giovani e Missione • 12.01.03] La Carovana della Pace 2002, la manifestazione itinerante che nel mese di settembre ha fatto tappa in diverse città d'Italia, ha rilanciato i temi delle ingiustizie e dei divari lungo l'asse Nord-Sud del mondo, temi già denunciati dal Giubileo degli Oppressi 2000, che si era concluso con un forte appello dal titolo "Noi ci impegniamo".

CAROVANA DELLA PACE, UN IMPEGNO TARGATO 2003

La Carovana della Pace 2002, la manifestazione itinerante che nel mese di settembre ha fatto tappa in diverse città d’Italia, ha rilanciato i temi delle ingiustizie e dei divari lungo l’asse Nord-Sud del mondo, temi già denunciati dal Giubileo degli Oppressi 2000, che si era concluso con un forte appello dal titolo “Noi ci impegniamo”. Quegli impegni, per molte associazioni ecclesiali e laiche, sono stati una vera pista per costruire la pace tramite la difesa della dignità dell’uomo, la denuncia delle ingiustizie, la promozione della non-violenza attiva, la proposta di una vita sobria, la costituzione di piccole comunità alternative. Purtroppo in questi due anni non si è arrestata una deriva politica e sociale che vede una crescente corsa alle armi (specialmente dopo l’11 settembre), la militarizzazione dell’economia, la frammentazione delle comunità e l’isolamento delle persone. Una deriva che il sistema dei mass
media – dedicato in gran parte ad intrattenere il consumatore più che a informare il cittadino – tenta, e spesso riesce, a mascherare.
Le migliaia di persone e le tante esperienze territoriali di base che questa Carovana della Pace ha incontrato, sono qui a dirci che in giro c’è voglia e bisogno di mettersi in gioco per cambiare questo stato di cose. Per questo, raccogliendo le sollecitazioni delle diverse realtà locali incontrate, vi presentiamo le proposte orientative su cui, chi vuole, è invitato a riflettere ed agire.

1) SUPERARE LA LOGICA DELLA GUERRA E DEL NEMICO
Dinanzi ad una logica di guerra ormai imperante, denunciamo che le guerre programmate hanno solo una finalità economica, funzionale ai potenti della Terra. Perciò: Proponiamo di riflettere per far emergere tutte le possibili forme di resistenza – come l’obiezione di coscienza e l’obiezione fiscale – agli interventi armati. Incoraggiamo gli enti locali a dedicare parte delle loro risorse alla diffusione di una cultura di pace e di opposizione alla guerra. Chiediamo alla Conferenza Episcopale Italiana di solidalizzare con il Papa nel dichiarare, in modo inequivocabile, che “con la guerra tutto è perduto”. Riteniamo, infatti, che la comunità cattolica e la stessa società civile abbiano bisogno di una direttiva magisteriale chiara, che condanni la guerra che sta per cominciare e la “logica di guerra” che la dichiara inevitabile. Noi questo bisogno lo sentiamo. Proponiamo a tutte le componenti della società civile che aspirano ad un mondo diverso di ritirare il proprio denaro dalle banche armate, colluse con le fabbriche che lavorano per la guerra, e di indirizzarsi verso realtà alternative di risparmio sociale. Proponiamo inoltre di boicottare tutti i prodotti delle aziende compromesse con operazioni ingiuste e lo sfruttamento dei paesi poveri e deboli. Proponiamo che la comunità cattolica, in dialogo con la società civile, si impegni con maggior decisione per una legislazione sulla immigrazione che sia rispettosa delle persone e delle famiglie immigrate, e non accetti politiche discriminatorie nei confronti di nessuna persona che cerca condizioni di vita più umane. Chiediamo a questa società civile di non usare più la parola extracomunitario: serve a perpetuare logiche di esclusione e a creare nemici. Proclamiamo forte la eguale dignità di ogni essere umano di cui nessuno può determinare il diritto di esserci o di non esserci. Richiamiamo alla memoria la Dichiarazione universale dei diritti umani.

2) RECUPERARE IL SENSO DELLA COMUNITÀ
Come popolo in cammino, in cerca di pace e giustizia, sentiamo la necessità di recuperare una spiritualità profonda che ci riporti alle radici del nostro essere, e motivi e illumini la nostra azione, perché sia azione di fratelli, figli dello stesso Padre. Una spiritualità che si sviluppa nelle comunità e nei gruppi e conduce al ricupero delle relazioni tra le persone, con Dio e con l’ambiente. Proponiamo, perciò, che ognuno si ritagli nella giornata spazi di silenzio, di preghiera e di riflessione sulla situazione del paese e del mondo intero; che si costituiscano gruppi di spiritualità, riflessione e convivialità per migliorare i rapporti e ridare gioia e fiducia alle persone. Essere comunità non è un elemento accessorio, ma un carattere fondante di una società civile organizzata che sappia ridare senso e progetto ai tanti “dispersi” di oggi. Proponiamo il dialogo come norma di comportamento con tutte le componenti della società civile e con tutti i gruppi religiosi. NO ai fondamentalismi e agli arroccamenti sulle proprie verità. NO alle guerre di religione. Sì al confronto, magari con l’aiuto di un saluto e di un sorriso. Proponiamo a tutte le associazioni che vogliono costruire una società fraterna e attenta agli ultimi, di incontrarsi, di condividere e di mettersi in rete per denunciare con più efficacia le ingiustizie e farsi sentire. Insieme si può di più.

3) PRENDERSI CURA DELL’INFORMAZIONE E DELLA FORMAZIONE
Il sistema dei mass media è sempre più una macchina che serve a mantenere l’ opinione pubblica incatenata allo stile di vita e ai modelli di consumo occidentali. La tivù, in particolare, fa più intrattenimento che informazione. “Con questo tipo di televisione non può esserci nessuna democrazia” (K. Popper). Proponiamo, perciò, ai singoli, alle famiglie e alle associazioni di essere critici e dedicare tempo all’analisi e alla selezione dei mass media, così da poter scegliere con cognizione le fonti informative cui attingere e da contrastare. Il digiuno televisivo, ad esempio, è una delle forme di lotta più efficaci. Incoraggiamo le associazioni e i gruppi ad incalzare i media del loro territorio, ad essere interlocutori delle redazioni dei giornali e delle tivù. Chiediamo ai giornalisti di non lasciarsi fuorviare dalle logiche del potere del denaro, ma di farsi invece guidare dalla ricerca della verità.
Proponiamo che le scuole e le università siano luoghi di educazione alla pace, e cioè alla legalità, alla giustizia, alla capacità di vivere insieme nel rispetto delle differenze. Chiediamo, perciò, agli insegnanti e ai responsabili degli istituti scolastici di riflettere sulle loro responsabilità e di non lasciarsi appiattire nei valori, accontentandosi semplicemente di servire il sistema del momento.
Infine vogliamo ricordare: alla nostra Chiesa che Gesù è la vera pace e il suo vangelo non ammette la guerra; a tutta la società che la strada da seguire è quella della non-violenza impegnata, presente, attiva, lucida e informata. Allora la fraternità sarà più importante del guadagno. Allora la pace non sarà più una utopia. (Fonte: Giovaniemissione)