«ARENA 2024» – DOCUMENTO DEL TAVOLO «PACE E DISARMO»: «USCIRE DAL SISTEMA DELLA GUERRA. COSTRUIRE LA PACE INSIEME»

[Tavolo «Pace e Disarmo» di «Arena di Pace 2024» – 03.03.2024]  Poiché la Pace è un bene indivisibile, l’impegno per la pace implica la sua declinazione in tutti gli ambiti di vita. Nel percorso di preparazione alla visita di papa Francesco ad «Arena di Pace 2024», il 18 maggio 2024, sono stati individuati cinque ambiti («Migrazioni», «Ambiente», «Lavoro, economia e finanza», «Diritti e democrazia», «Pace e disarmo») dai quali partire per coinvolgere ogni persona che ha a cuore la pace. Una pace fatta di parole e opere, pensieri e azioni. Proponiamo di seguito il Documento di lavoro redatto per l’occasione dal tavolo «Pace e Disarmo».

USCIRE DAL SISTEMA DELLA GUERRA. COSTRUIRE LA PACE INSIEME

PREMESSA

» Il nostro punto di vista

Per parlare di pace il nostro punto di vista è quello delle vittime, di tutte le vittime, di tutte le guerre e di tutte le forme di violenza e di esclusione, ma soprattutto delle persone più indifese: bambine/i, donne, persone malate, anziane, povere, con disabilità, profughe, rifugiate. Perché si uccidono queste persone?

Si uccide con le armi di ogni tipo, si pensi anche alle vittime delle radiazioni atomiche e degli attacchi chimici. Ma si uccide non solo con le armi: si pensi allo stupro, alle mutilazioni dei corpi, alle torture, quando i corpi diventano campo di battaglia. Siamo dalla parte delle vittime, comunque, anche al di fuori delle guerre, si pensi: alle morti per fame, sul lavoro, allo sfruttamento estremo e alla tratta delle persone, alle carceri, ai femminicidi, agli abusi sessuali da chiunque compiuti, alle persone private dell’accesso alla salute, all’acqua e al cibo, alle attiviste e agli attivisti dei diritti umani e ambientali, alle persone lasciate morire durante le migrazioni in mare e altrove, alle vittime dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici. Vittime sono anche le generazioni dopo di noi, cui consegniamo un futuro incerto.

Incontrare, condividere il dolore altrui è l’unico modo di porre fine ad ogni forma di guerra e di violenza. Ascoltare la voce dei testimoni degli orrori delle guerre consolida la cultura della pace e del ripudio della guerra che è in se stessa un crimine contro l’umanità.

Le guerre hanno inizio nella mente delle persone, è nella mente delle persone che bisogna costruire le difese della pace. Guardare alle tante esperienze di lotta nonviolenta e alle testimonianze di resistenza, che interpretano l’aspirazione e l’impegno alla pace e alla solidarietà nelle sue molteplici dimensioni, ci dà fiducia e speranza. L’azione per la pace fa parte della ricerca della felicità.

» La situazione del mondo attuale

Sono in corso molteplici guerre vicine all’Italia e all’Europa, mentre numerosi altri conflitti si combattono nel mondo, il più delle volte ignorati. Pezzo dopo pezzo, il mondo è diventato teatro di un’unica guerra mondiale.

Le guerre moderne sono voraci di militari e soprattutto di vittime civili, giustificate come “effetti collaterali”. Anche tra il personale militare, mandato in guerra con l’arruolamento coatto, si contano vittime il cui numero è tenuto nascosto.
L’Occidente non è più al centro del mondo, diventato multipolare. È in corso un processo di riassestamento economico, finanziario, militare, sociale, culturale, climatico.

Viviamo in un ordine mondiale centrato su un sistema economico dove prevalgono lo sfruttamento, il profitto, la finanza, l’interesse particolare, i conflitti armati come mezzi per imporre nuovi equilibri economici e di potere. La religione è presa a pretesto dai fondamentalismi per giustificare violenze e guerre.

Le crisi economiche, sociali, climatiche si susseguono, le disuguaglianze tra le persone si allargano, i movimenti di popolazioni sono diventati strutturali. A questi fenomeni si risponde aumentando le spese militari e ignorando i bisogni fondamentali, erigendo muri, usando violenza e politiche discriminatorie.

Il disarmo è diventato un tabù della politica. Le alleanze militari sono promotrici di guerre e conflitti.
Le forze armate e le milizie private costituiscono, ovunque, centri importanti di accumulazione di potere, di interessi economici, di tecnologie avanzate, di stato sociale, di elaborazione culturale.
Personale militare sotto mandato e comando internazionale a volte si rende colpevole di violenze contro civili e di abusi sessuali.

La produzione e il commercio delle armi si diffondono e non conoscono soste. L’arma nucleare rimane più che mai strumento di minaccia e ricatto, mentre i trattati di non proliferazione o che ne vietano l’uso sono ignorati e rimessi in causa. La corsa agli armamenti sottrae enormi risorse alla giustizia sociale.

L’informazione viene manipolata e orientata da questo sistema di guerra e di dominio.
I diritti umani fondamentali civili, politici, economici, sociali, culturali, malgrado l’allargamento delle situazioni tutelate, non vengono più riconosciuti come intangibili e universali, la loro legittimità è rimessa in discussione dal potere e dalla cultura dell’emergenza.

La democrazia rappresentativa, ove praticata, è in crisi a causa dello scollamento tra la rappresentanza politica istituzionale e le condizioni di vita delle persone, che genera sfiducia. Si è persa la coscienza che il voto è un diritto fondamentale e uno strumento nonviolento di azione, mentre la rinuncia al diritto di voto consegna la rappresentanza a élite agguerrite e violente.

Si rafforzano i populismi come laboratori di linguaggio violento, ostile e discriminatorio, di cultura del nemico, creando un clima sociale aggressivo che avvelena la vita quotidiana.

La cultura della violenza, praticata da forze organizzate e da associazioni criminali e mafiose e perfino dalle istituzioni, si diffonde anche tra le nuove generazioni. Passo dopo passo ci stiamo avviando verso la catastrofe delle relazioni tra le persone e i popoli.

L’obiezione di coscienza, la disobbedienza civile nonviolenta contro le guerre, il dissenso vengono repressi e condannati. L’intelligenza artificiale piegata agli usi militari presenta rischi di un ricorso generalizzato e indiscriminato alla violenza.

Le istituzioni internazionali, assoggettate ai veti e alle inadempienze dei governi, sono più fragili, incapaci di garantire la pace e il benessere.

L’Italia è ampiamente corresponsabile per questo stato delle cose nel mondo con la violazione della propria Costituzione attraverso la sua politica interna ed estera, l’industria delle armi, la cultura della guerra e della violenza, l’informazione manipolata, la politica nei confronti dell’ambiente, la violazione dei diritti fondamentali.

I movimenti per la pace costituiscono un decisivo argine alla politica e alla cultura della guerra e della violenza. Hanno mostrato capacità di pratiche nonviolente decisive in molti frangenti, si rifanno a figure profetiche della pace, della nonviolenza e della coesistenza inclusiva, hanno sviluppato capacità di indagine e analisi. Non ci si può nascondere tuttavia che i movimenti sono oggi in difficoltà, sono cambiati gli scenari mondiali e si mostrano troppo scollegati, talvolta divisi e in competizione tra loro, a livello nazionale e internazionale, incapaci di prevenire e di fermare le guerre. È necessario porsi l’obiettivo comune di superare queste difficoltà e divisioni.

» Che cos’è la pace?

È ora di uscire dall’attuale sistema della guerra per costruire insieme la pace. Ma che cos’è la pace? Pace non è solo una parola, è un vocabolario. È poliedrica e inclusiva. Parte con il disarmare le relazioni e la comunicazione tra noi, coltivando l’empatia e la propensione ad ascoltarci, a conoscerci, a riconoscerci, a valorizzare le buone pratiche, ad accrescere la fiducia reciproca.

La pace non è solo assenza di guerra o dell’uso di armi, non è solo tregua, cessate il fuoco, armistizio o resa all’ingiustizia, non è solo assenza di violenza e sfruttamento. La pace è nonviolenza, anche verbale e social. La pace è una condizione di rispetto dei diritti, compresi casa, lavoro, terra e salute, della dignità e dell’uguaglianza delle persone, della parità di genere, dell’inclusione di tutte le persone, di qualunque origine, orientamento, cultura, religione siano, dell’accoglienza di persone che fuggono le guerre, le violazioni dei diritti, la distruzione dell’ambiente e le condizioni di vita non dignitose. La pace è rispetto della libertà dei popoli, della democrazia, dell’ambiente in cui vivere in armonia con tutti gli esseri viventi. La pace è il nostro stile di vita.

IL NOSTRO IMPEGNO

Noi, persone, associazioni e movimenti attivi nella costruzione della pace con mezzi di pace, guidati dalla bussola della nonviolenza attiva, ci impegniamo a condividere un percorso, aperto a tutti e a tutte, per la costruzione della pace, della giustizia e della cura della casa comune. Sono beni comuni universali interconnessi, diritti e doveri di una cittadinanza responsabile, condizioni di vita per il presente e il futuro della famiglia umana e del cosmo.

Partiamo dalla realtà dove viviamo, ma ci impegniamo a creare alleanze e reti ovunque nel mondo perché non può esserci la pace in un solo paese. La pace è globale.

Immaginiamo «Arena 2024» come l’inizio di un percorso generativo e non come semplice evento. Consideriamo dunque i seguenti impegni come pratica costante in un cammino che ha tempi e modi diversi di realizzazione per giungere all’obiettivo: la pace.

» L’impegno personale

Per costruire la pace siamo chiamate/i a far parte di un processo di cambiamento, a partire da noi stesse/i. Partiamo con il disarmare le relazioni e la comunicazione tra noi, con una comunicazione empatica attenta ad ascoltarci, a conoscerci, a riconoscerci, a valorizzare le buone pratiche, ad accrescere la fiducia reciproca rinunciando agli egocentrismi.
Capire, ascoltare le persone con cui siamo in conflitto e cercare strategie per disarmare la relazione e per favorire la riconciliazione come prassi quotidiana.

La nonviolenza deve partire da noi: dal nostro agire, dal nostro linguaggio, anche social. Non partecipiamo ai discorsi dell’odio, non incoraggiamolo.

Applichiamo una semplice regola: non facciamo all’altra persona quello che non vorremmo fosse fatta alla nostra. Rompiamo il silenzio, nelle nostre relazioni personali, verso le guerre, le ingiustizie, le discriminazioni, le violenze nelle loro diverse forme.

Rinunciamo al possesso di armi per uso di difesa personale e per la caccia.
Rinunciamo a depositare i nostri denari e a investire in strumenti finanziari di banche e società compromesse con la produzione e il commercio di armi, con politiche di discriminazione verso gruppi di persone e popoli, di lavoro minorile, schiavismo e tratta delle persone.

Portiamo nelle famiglie, nelle responsabilità genitoriali, nelle attività lavorative la cultura e la pratica della pace, rifuggendo anche da culture e atteggiamenti maschilisti, discriminatori o comunque violenti, comprese le punizioni corporali.
Adottiamo atteggiamenti responsabili nei confronti dell’ambiente e dei viventi.

Utilizziamo lo strumento nonviolento del voto e della partecipazione per determinare politiche di pace nelle istituzioni locali e nazionali, negli enti educativi e formativi, a cominciare dalla scuola.
Utilizziamo la disobbedienza civile, l’obiezione di coscienza, il boicottaggio per manifestare il nostro dissenso e contrastare le politiche contrarie alla pace.

Partecipiamo ai movimenti, alle associazioni, alle manifestazioni e alle iniziative per la pace e il disarmo. Operiamo scelte e facciamo sentire la nostra voce per costruire la pace con coraggio ed entusiasmo, in vista di una società finalmente umana.

» L’impegno a livello sociale

Il primo impegno si concretizza all’interno delle associazioni, dei gruppi, dei movimenti cui partecipiamo affinché pratichino la cultura della pace e della nonviolenza. Non possiamo dirci costruttrici e costruttori di pace, rivolgerci alla società e alle comunità se non sappiamo vivere in pace tra le nostre realtà. Rinunciamo alla competizione estrema, alle fughe in avanti, ai protagonismi antagonistici che riproducono il modello del liberismo economico che tanti danni provoca alla pace. Lo spirito di pace e la solidarietà reciproca guidino i rapporti tra le realtà organizzate, affinché prevalga la cultura e la pratica del vivere in armonia.

Ci impegniamo ad ascoltare i bisogni, le paure, le ansie delle comunità per entrare in sintonia con loro e proporre risposte concrete e positive. La pace e l’inclusione non siano motivo di nuovi allarmi e timori per queste comunità. La radicalità della pace sia l’occasione per condividere la ricchezza della convivenza pacifica.

Ci impegniamo affinché le nostre realtà associative non abbiano conti e investimenti nelle “banche armate”, non accettino sponsorizzazioni e finanziamenti da soggetti coinvolti nell’industria militare, nello sfruttamento e nella tratta delle persone, nella violazione dei diritti fondamentali, nella distruzione dell’ambiente, nelle pratiche mafiose e corruttive.
Ci impegniamo a organizzare, sostenere, difendere, anche mediante azioni legali e giuridiche, la disobbedienza civile, l’obiezione di coscienza, il rifiuto di produrre, commercializzare e dispiegare strumenti di morte, il boicottaggio di prodotti, la resistenza di singole persone, lavoratrici e lavoratori, comunità, popoli contro ogni genere di violenza, ingiustizia, sopruso.

La scuola sia priorità: realizzando iniziative volte a sensibilizzare e diffondere cultura di pace, nonviolenza, rispetto dei diritti per tutte/i, inclusione, riconoscimento della dignità di tutte le persone, qualunque sia la loro origine, cultura, religione, condizione sociale, orientamento sessuale; promuovendo la concezione di un’economia che non sia basata sullo sfruttamento delle persone e dell’ambiente, favorendo la comprensione del mondo che ci circonda con l’educazione alla nonviolenza e alla cittadinanza globale.

Sosteniamo le iniziative rivolte a rinforzare la funzione educativa della scuola rispetto alla trasformazione e alla risoluzione nonviolenta della conflittualità, all’insegnamento della cultura della riconciliazione e della convivenza democratica. Rifiutiamo una scuola che accolga la propaganda militare, l’esaltazione della violenza, la sponsorizzazione da parte dell’industria delle armi e di imprese che praticano la violazione dei diritti e lo sfruttamento. Sosteniamo ogni iniziativa contraria alla militarizzazione delle scuole e delle università. Neghiamo l’accesso a rappresentanti di associazioni violente, di ispirazione totalitaria o fascista.

Come società civile riteniamo importante sostenere le realtà religiose aliene da teorie di guerre giuste o sante, che siano pronte a diffondere il messaggio della nonviolenza come cuore della propria presenza nella società.

» L’impegno a livello politico-istituzionale

Crediamo indispensabile richiamare in primo luogo il rispetto dell’art 11 della Costituzione: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».

L’esperienza dei movimenti ci ha insegnato che è fondamentale guardare e giudicare globalmente e ad agire radicandosi localmente, nei territori, coinvolgendo le città, le istituzioni locali, per arrivare al livello nazionale, europeo e internazionale.

Ci impegniamo a chiedere a tutte le istituzioni di:

rinunciare ai concetti strategici aggressivi introdotti dal “Nuovo Modello di Difesa” del 1991 e successive modificazioni e integrazioni;

ridurre progressivamente e rapidamente le spese militari. Destinare le risorse impiegate nella corsa agli armamenti e nella militarizzazione a politiche culturali e sociali inclusive, per prevenire tutte le condizioni che favoriscono violenza ed emarginazione;

– realizzare contestualmente un trasferimento delle risorse umane e tecnico-scientifiche dalla produzione bellica a quella civile socialmente utile ed ecologicamente compatibile, e rinunciare alla fabbricazione di sistemi d’arma a guida autonoma (“killer robots”);

– sottoscrivere e ratificare il Trattato per la proibizione delle armi nucleari. Allontanare dal territorio italiano ogni tipo di armi nucleari, anche accogliendo le istanze avanzate da istituzioni locali;

– creare un sistema di Difesa civile non armata con apposite istituzioni come il “Dipartimento per la difesa civile non armata e nonviolenta”, e in prospettiva un Ministero della Pace, affinché la nonviolenza e il disarmo divengano metodo della politica a livello nazionale, regionale e comunale;

– istituire Corpi civili di pace, a livello italiano, europeo e in prospettiva mondiale, per creare le condizioni affinché gli abitanti delle zone di crisi diventino i protagonisti di processi di rigenerazione sociale, economica, civile del loro territorio e di gestione creativa delle divergenze;

– prevenire e combattere in seno alle forze armate pratiche violente, razziste, misogine, omofobe, discriminanti sulla base del genere. Nessuna responsabilità di comando sia data al personale che manifesti e pratichi tali atteggiamenti;

– vietare senza eccezioni l’esportazione di armi e sospendere la cooperazione militare in zone di conflitto, in paesi in guerra e che non rispettano i diritti fondamentali. Azione tanto più urgente in quanto è in corso l’ennesimo indebolimento della legge 185/1990 sul controllo dell’esportazione/importazione/ transito di armi.

– sostenere con decisione la missione del sistema di sicurezza collettiva sotto l’egida multilaterale delle Nazioni Unite,oggi abbandonato, e superare le alleanze militari. Sostenere le riforme dell’Onu e delle istituzioni internazionali per meglio garantire la pace e il rispetto dei diritti fondamentali;

– promuovere la diplomazia rivolta alla prevenzione dei conflitti attraverso il dialogo, la mediazione e la riconciliazione. Lasciare spazio alle iniziative della diplomazia dal basso unitamente al protagonismo della società civile locale, intraprendendo politiche per sostenerlo;

– orientare la cooperazione allo sviluppo dell’Italia e dell’Unione europea e delle organizzazioni multilaterali alla solidarietà internazionale, per creare le condizioni per la pace e debellare la violenza, abbandonando qualsiasi atteggiamento neocoloniale o paternalistico. Nessuna risorsa venga impiegata direttamente o indirettamente a sostegno di apparati e pratiche militari. Negli Stati che violano i diritti e le libertà fondamentali si faccia ricorso alla società civile organizzata per azioni solidali condivise con la popolazione locale;

– promuovere un sistema pubblico dell’informazione come strumento culturale e formativo, di conoscenza scevra da manipolazioni e false notizie, di approfondimento orientato dalla cultura della pace;

– promuovere una giustizia rieducativa e riparativa in modo che non alimenti nuovi sentimenti di odio, rancore, violenza tanto per le vittime che per le persone colpevoli. Le carceri non siano più luoghi disumani e scuole di criminalità e violenza;

– fare che la scuola formi realmente alla pace, alla nonviolenza, alla convivenza, al rispetto reciproco, alla solidarietà, alla pratica della riconciliazione. Le Forze armate non siano coinvolte in processi educativi e formativi nelle scuole e nelle università. Le università non siano sponsorizzate e condizionate da realtà militari. Sia garantita la conoscenza delle culture e delle religioni delle diverse comunità finalizzata alla reciproca comprensione tra persone di culture e di fedi diverse o che non professano alcuna fede attraverso un’educazione e un insegnamento laici;

– stabilire accordi con tutte le confessioni religiose presenti in Italia senza alcuna discriminazione.

Chiediamo a tutte le confessioni di rinunciare alla presenza militare ufficiale nelle cerimonie e riunioni religiose, così come alla presenza ufficiale di alti esponenti religiosi alle cerimonie militari; alla Chiesa cattolica chiediamo di rinunciare all’istituto dei cappellani militari, poiché l’assistenza spirituale al personale militare non necessita l’arruolamento dei cappellani.

Costruiamo un’Europa democratica, accogliente e sicura, cooperativa e solidale, ecologica e disarmata. Un’Europa federale e autonoma capace di neutralità attiva: che non sia succube della Nato o di altre alleanze militari ma partner di una Onu riformata; che non sia braccio economico di imprese multinazionali e di trattati commerciali distruttivi dei beni comuni e della democrazia; che non sia braccio finanziario di un’oligarchia speculativa predatrice, ma soggetto di sviluppo cooperativo secondo i suoi principi fondanti e il sogno dei suoi fondatori e fondatrici.

Vogliamo continuare a sognare: tra le macerie della Seconda guerra mondiale è nato il sogno di un’Europa comune e di un mondo dei popoli, fratelli e uguali. Non ci sono sogni troppo grandi.

 

[Visita la pagina Facebook «Arena di pace 2024» promossa da GrilloNews.it in collaborazione con Fondazione CIS, Casa Editrice Mazziana e InfoGiovani]