[Il Manifesto • 29.12.02] La Cina sta diventando il maggiore produttore al mondo di giocattoli e di
decorazioni natalizie, con una quota del 70% del mercato globale ed esportazioni più che raddoppiate negli ultimi otto anni. Dietro il vasto business natalizio, però, oltre a un certo paradosso per un paese comunista, c'è più di un milione e mezzo di ragazzine sotto i vent'anni che lavorano in turni di 14 ore nelle oltre sei mila fabbriche della Cina sudorientale, per una paga di 30 centesimi l'ora.

CINA. CHI LAVORA PER BABBO NATALE

La Cina sta diventando il maggiore produttore al mondo di giocattoli e di decorazioni natalizie, con una quota del 70% del mercato globale ed esportazioni più che raddoppiate negli ultimi otto anni. Dietro il vasto business natalizio, però, oltre a un certo paradosso per un paese comunista, c’è più di un milione e mezzo di ragazzine sotto i vent’anni che lavorano in turni di 14 ore nelle oltre sei mila fabbriche della Cina sudorientale, per una paga di 30 centesimi l’ora. Il riposo è previsto in dormitori da 15 posti, allestiti all’interno delle stesse fabbriche. «Produttori come Disney, Hasbro e Mattel si stanno allontanando dall’Indonesia e da Taiwan perché lì i sindacati si rafforzano rapidamente – spiegano gli attivisti del lavoro di Hong Kong – così vengono in Cina, dove sanno che ai lavoratori è vietato organizzarsi in modo legale». Il sindacato di stato, infatti, continua a non esercitare alcuna pressione sulle imprese finanziate da capitali stranieri per il rispetto delle convenzioni internazionali. Con l’aumento della disoccupazione, generato dalla dismissione di grandi industrie statali, la situazione non sembra destinata a migliorare: «I lavoratori dei giocattoli sono particolarmente ricattabili – dice Monina Wong, rappresentante della Coalizione per i diritti e la sicurezza nel settore – i salari sono sempre più bassi e l’offerta di manodopera sempre più alta». È stato calcolato che, del costo delle Barbie prodotte in Cina, vendute in Occidente a circa 10 dollari, la maggior parte dei ricavi (8 dollari) va in spese di marketing, trasporto, distribuzione e profitto per la Mattel. Dei due dollari che restano, uno è per i dirigenti commerciali di Hong Kong e 65 centesimi per le materie prime, cioè plastica da Taiwan, Usa e Arabia Saudita. Alle fabbriche, e perciò ai lavoratori che costruiscono la bambola, restano solo 35 centesimi. Per contestare questo sistema, una campagna di sensibilizzazione viene promossa durante il periodo natalizio ogni anno, fin dal 1993, quando morirono 87 operai nella fabbrica Zhili dello Shenzhen, Cina meridionale, che produceva giocattoli per la Chicco.