Pubblichiamo di seguito l’editoriale del mensile «Nigrizia» di settembre 2008.
L’attuale stagione italiana è quella che è. E non è un bel vedere. Ci ritroviamo con un governo che fa coincidere – in maniera del tutto strumentale e in ossequio alle fobie securitarie di una parte del suo elettorato – il capitolo immigrazione con il capitolo sicurezza. E mostra i muscoli, predisponendo un pacchetto che inasprisce la già dura, quanto inutile e dannosa, legge Bossi-Fini e amplia i poteri dei sindaci. I quali non si sono fatti sfuggire l’occasione di attuare politiche di ampio respiro, sanzionando i pericolosi criminali che dormono sulle panchine pubbliche o che chiedono la carità ai passanti.
Ci ritroviamo, così, con un settimanale cattolico, Famiglia Cristiana, che, per aver criticato alcuni provvedimenti del governo sulla sicurezza e su altro, viene addirittura tacciato di “catto-comunismo” da esponenti del Popolo della Libertà, obbligando il portavoce del Vaticano a ricordare l’ovvio: cioè che Famiglia Cristiana non è la voce né della Santa Sede né dei vescovi italiani.
Ci ritroviamo, soprattutto, con una buona fetta di opinione pubblica desertificata, inerte, disinteressata, consenziente o incapace di reagire. O forse, più semplicemente, addomesticata con massicce dosi di tivù e ridotta a ingranaggio della suprema macchina (di questi tempi un po’ inceppata e in odore di recessione) che scandisce i ritmi della produzione, del consumo e dell’intrattenimento.
Se questo è il contesto, chi volete che perda tempo a collocare il fenomeno migratorio nel “disordine mondiale” e nell’ambito delle relazioni Nord-Sud? Chi può avere la faccia tosta di tirare in ballo la questione trita e ritrita di una società giusta, solidale, accogliente, e magari pretendere di essere ascoltato? Chi può essere così ingenuo da occuparsi seriamente di astrazioni, quali la pace e la tutela dei diritti umani? Chi ha ancora il coraggio di usare scientemente parole come comunità e cittadinanza? E infine: è vero che siamo tutti cristiani, ma dove trovare il tempo e l’occasione – al di là delle stanche ritualità domenicali – per ascoltare e diffondere lo scandalo del Vangelo?
Il mondo missionario ha invece scelto di rimettersi in cammino e di scommettere che in giro per l’Italia ci sono tante comunità che hanno ancora voglia di mettersi in gioco, di crescere, di prendersi qualche rischio e qualche responsabilità.
È con questo spirito che, dal 25 settembre al 5 ottobre 2008, la Carovana missionaria della pace attraverserà una decina di regioni sotto questa insegna: «Libera la Parola». Perché, come dice il manifesto della carovana, si riparte dalla Parola: «Liberare la Parola significa far sì che chi parla possa essere ascoltato; significa recuperare la bellezza e il senso del comunicare; significa far fluire la Parola-progetto e assumersi la responsabilità anche di denunciare». Mettendo a fuoco parole quali legalità, rifiuti, acqua, territorio, migrazioni e memoria, non mancheranno le occasioni per chiamare le cose con il loro nome. Testimoni italiani (tra cui padre Alex Zanotelli e don Luigi Ciotti) e del sud del mondo aiuteranno a discernere i diversi problemi.
La Carovana 2008 è sorella ed erede di quelle Carovane (2000, 2002, 2003, 2004) che, sull’onda del Giubileo del 2000, innescarono riflessioni forti sui temi del debito estero dei paesi impoveriti, sulle cause del sottosviluppo e sui modelli di sviluppo, sui criteri di cittadinanza e sulle scelte dei cristiani. Ma quest’anno la carovana non è mossa e promossa solo dai missionari comboniani: ci sono anche gli altri istituti missionari, i centri missionari diocesani, il Movimento giovanile missionario (Mgm), la Federazione della stampa missionaria (Fesmi), con il sostegno del Segretariato unitario di animazione missionaria (Suam). Del resto, con tutto questo vento contrario, un po’ più di forza è necessaria.