DECRETO MISSIONI, CANCELLATA LA COOPERAZIONE CIVILE

Non è bastato che la legge Finanziaria abbia tagliato i fondi della Cooperazione allo sviluppo con una riduzione agli stanziamenti che, scrivevano in settembre alcuni parlamentari in un’interrogazione, porteranno «la percentuale del Pil destinata alla lotta contro la povertà al livello dello 0,1%», quando l’Italia aveva assunto impegni vincolanti «per stanziare entro il 2010 lo 0,51% quale tappa intermedia per raggiungere lo 0,7 previsto per il 2015». Carta straccia degli obiettivi del Millennio, ma non solo.

In questi giorni il mondo umanitario si rigira tra le mani il “decreto missioni” – che decide i finanziamenti dei nostri impegni militari all’estero – con non poche sorprese con cui fare i conti. Dopo che la finanziaria ha tolto alla Cooperazione oltre il 56% di quanto previsto dalla manovra 2008 riducendo il budget a circa 320 milioni di euro, una mazzata arriva anche dal decreto legge sui rifinanziamenti agli impegni all’estero, varato dal governo e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale a inizio gennaio. Dalle voci di spesa spariscono completamente gli oltre cento milioni di euro che, nel dl scorso, garantivano fondi alle attività di cooperazione civile. Tutto adesso passa in mano ai militari.

Benché, mentre sui tagli in generale, umanitari, associazioni, Ong e Nazioni Unite (la Campagna italiana per il Millennio) si sono già fatti sentire, per adesso non c’è ancora una reazione ufficiale al decreto legge che a giorni sarà legge dello stato. Eppure il malumore è palpabile. Quanto all’opposizione, non risulta che i ministeri ombra o i singoli deputati abbiano preso iniziative politiche a riguardo. «Nel decreto scompaiono totalmente i fondi affidati alla Direzione generale Cooperazione della Farnesina», commenta un funzionario del ministero «per passare la mano a quello della Difesa». Nel mondo umanitario, i “cooperanti” fanno notare che sono scomparse «le voci a supporto della ricostruzione o dei processi di pace e di stabilizzazione: in una parola il lavoro di noi umanitari, che ha sempre caratterizzato le missioni italiane all’estero». Un giro di boa a 360 gradi. Che cancella i civili.

Se i quattrini per gli operatori all’estero in abito borghese spariscono, i militari però possono brindare e vedersi riconosciuto un ruolo, non solo di garanti della sicurezza, ma anche del benessere delle popolazioni da assistere. Il decreto, in sostanza, sembra sposare senza mezzi termini la contesta logica dei Cimic (cooperazione civile-militare) e dei Prt, i Provincial Reconstruction Team, varati in Iraq e adesso pietra miliare dell’intervento in Afghanistan.

Il decreto legge prevede persino una nuova voce di spesa non prevista dal precedente governo: 16,3 milioni destinati all’impiego di personale militare negli Eau, Bahrain e a Tampa (Stati Uniti e sede del Centcom) «per esigenze connesse con le missioni in Afghanistan ed Iraq» (sic) e anche 8,7 milioni per la missione antipirateria in Somalia. In Africa crescono anche, seppur di poco, gli stanziamenti per la cooperazione della Guardia di finanza in Libia (4,8 milioni contro i 4,1 del governo Prodi). Crescono invece abbondantemente i finanziamenti ai Cimic militari per Libano (da 1,5 milioni a 1,770) e Balcani (da 1 milione a 1,4) con un leggero decremento per i Prt (Provincial Reconstruction Team) in Afghanistan (il 10% in meno), compensato comunque da un “artificio contabile”: circa 100 milioni di euro (su dodici mesi) per assicurazioni, trasporti e infrastrutture militari. E ci sono anche oltre 360mila euro per la componente militare della Croce Rossa (che però diminuisce sensibilmente gli introiti rispetto al 2008).

Ma l’aumento per la Difesa, cosa di cui il ministro Ignazio La Russa ha pubblicamente ringraziato, diventa clamoroso se si considera che si tratta di cifre che riguardano il primo semestre 2009 contro quelle che, nel 2008, coprivano un anno intero. Se le cifre restano confermate infatti, la sola missione militare in Afghanistan farà un balzo da 350.069.105 di euro a 242.368.418 per il primo semestre, ossia quasi 500 milioni per l’intero anno. Quella in Libano resta quasi invariata e quella nei Balcani passa da 159 milioni nel 2008 a oltre 97 nei primi sei mesi dell’anno in corso.


fonte: Lettera 22