[di Paolo Collo - 10.08.01] E' morto ieri a Bahia, dove era nato, il grande scrittore brasiliano Jorge Amado. Aveva ottantanove anni.

Dossier – Jorge Amado/1a: Ritmi dai bassifondi

“Che altro sono stato se non uno scrittore di puttane e vagabondi? Se qualcosa di bello c’è in quello che ho scritto, proviene da questi diseredati, da queste donne segnate da un marchio di fuoco, da coloro che sono sull’orlo della morte, sull’ultimo gradino dell’abbandono”.Così scriveva Jorge Amado nel 1980 in quella strana autobiografia che andava dagli zero agli undici anni dal titolo O menino grapiúna. E così ha fatto. Ha mantenuto la promessa. Per tutta la vita ha raccontato di puttane e vagabondi, di diseredati e di lavoratori sfruttati. Senza inventarsi nulla, o quasi. Come i cantastorie, che prendono dalla strada, dalla vita, gli spunti per narrare le proprie favole.Storie di uomini, di donne e di luoghi, come Bahia, la città di Tutti i Santi, miscuglio di bellezza e sofferenza, di ricchezza e di fame, di risa e di lacrime: “Vedrai le chiese grondanti d’oro. Dicono che siano trecentosessantacinque. Forse non sono tante, ma che importa? Dove sarà la verità vera, quando si tratta della città di Bahia? Non si sa mai bene ciò che è verità e ciò che è leggenda, in questa città. Nel suo lirico mistero, nella sua tragica povertà, verità e leggenda si confondono”… Così come verità e leggenda si confondono ed entrano in tutti i suoi libri, in diversa misura a seconda dei casi, della storia, dei luoghi o dei protagonisti.Certo, non sono poche le differenze nella narrativa di Amado tra il cosiddetto primo periodo, che termina grosso modo con la “nascita”, nel 1958, di Gabriella (garofano e cannella), e in cui le tematiche sociali (e socialiste) sono più evidenti: è, parlando di libri, il periodo del Paese del carnevale, (1931), di Cacao (1933), di Sudore (1934), di Jubiabá (1935), di Mar Morto (1936), di Capitani della spiaggia (1937), di Terre del finimondo (1943), di So Jorge de Ilhéus (1944), della trilogia dei Sotterranei della libertà (1954)… E, non parlando di libri, del Premio Internazionale Stalin, ottenuto nel 1951. Periodo in cui viene accusato, da destra, dai non-marxisti, di scrivere letteratura di propaganda, pamphlet ideologici, di essere, insomma, un buon scrittore solo dopo il 1958. Dopo, al contrario, verrà invece accusato, dai critici marxisti, di essersi compromesso con la borghesia capitalista, di proporre una visione “decadente” della realtà, di essere, insomma, un buon scrittore solo prima del 1958…Strano destino quindi, per uno scrittore di puttane e vagabondi, quello di venire così, da alcuni, rigidamente classificato. Ma la verità è invece che Amado racconta innanzi tutto quello che vede, che vive, che sente raccontare (“Ci sarà anche qualche ricordo custodito nella retina di un bambino o tutto deriva da racconti uditi?”) (continua in 1b)