Prosegue l'articolo con lo stesso titolo, iniziato nella parte 1/a

Dossier – Jorge Amado/1b: Ritmi dai bassifondi

Vede – dalla nascita, avvenuta nell’agosto del ’12 in una piantagione – la lotta per il possesso delle terre, le imboscate, gli intrighi politici (“si negoziavano, indifferentemente, animali, armi e vite umane”), e li descrive. Vede le inondazioni, le epidemie, il vaiolo, la malaria: come ha detto lui stesso, era un periodo in cui si viveva “camminando fianco a fianco con la morte”, e ce lo racconta. Vive la politica internazionale e quella del suo Paese: i colpi di stato, il famigerato Estado Novo di Getúlio Vargas, la violenza delle dittature, viene arrestato (la prima volta nel ’36), i suoi libri bruciati sulla pubblica piazza, viene mandato in esilio (nel ’48, prima a Parigi, ma anche la Francia lo espelle e deve riparare in Cecoslovacchia), e tutto ciò diviene lo sfondo per alcuni suoi romanzi.Ma non si è di destra o di sinistra se si racconta al mondo di una terra violentata, di uomini in armi, di fame, di epidemie, di sangue e croci nelle strade. Così come non si è di destra o di sinistra a raccontare l’amore, le donne, l’amicizia, il mare, le canzoni, e le spiagge, gli dèi, la cucina di Bahia: “Sogno una rivoluzione senza ideologie, dove il destino dell’essere umano, il suo diritto a mangiare, a lavorare, ad amare, a vivere la vita pienamente non sia condizionato al concetto espresso e imposto da un’ideologia, non importa quale. Un sogno assurdo? Non abbiamo un diritto più grande e inalienabile del diritto al sogno. L’unico che nessun dittatore può ridurre o annientare”.Un’esistenza intensissima, quella di Jorge Amado, dentro un secolo che ha vissuto totalmente, nel bene e nel male, accompagnato da una gran dose di fortuna, come lui stesso ammetteva: “Sono nato con la camicia, con il sedere alla luna… La vita mi ha dato più di quanto ho chiesto, meritato e desiderato. Ho vissuto intensamente ogni giorno, ogni ora, ogni istante, ho fatto cose che Dio solo sa, mi sono alleato con il Diavolo… Ho combattuto per la buona causa, quella per la dignità dell’uomo, per il pane e per la libertà, mi sono battuto contro i pregiudizi, ho fatto cose illecite, ho percorso strade proibite, sono stato il bastian contrario, il viceversa, il no, mi sono consumato, ho pianto e riso, ho sofferto, ho amato e mi sono divertito”.Amato, soprattutto. Con il cuore e con il corpo (il suo primo rapporto sessuale è del 1924, con la cavalla Furta Cor, “una bestia nervosa ed elegante… che aveva una fissazione, le piacevano gli uomini”). Ma il cuore, dal ’45, è tutto per Zélia Gattai, anarchica seria e rigorosa di Pieve di Cadore, apparentemente ben lontana da lui: “Non è pane per i tuoi denti. E’ una donna onesta, vecchio mio, non è una di quelle che vanno con tutti, di quelle che tu…” Per le altre, ci sarà la gloria di diventare personaggi dei suoi romanzi più famosi: Gabriella, Dona Flor, Tereza Batista, e tutte le altre, sante o puttane, avute, desiderate, viste, immaginate, sognate.E amico dei vagabondi, dei lavoratori del porto, della gente dei mercati e di quella del candomblé, dei capoeiristas, dei musicisti, dei venditori da fiera, degli sfaccendati, dei tiratardi da osteria: “Meglio ancora, fui uno di loro”. Come Quincas Berro Dágua, uno dei suoi più riusciti personaggi: funzionario esemplare delle Imposte Dirette, dal passo misurato, la barba ben curata, la giacchetta nera d’alpaca, la cartella sotto il braccio, ascoltato dai vicini con rispetto quando opina sul tempo e la politica, mai visto in una bettola, bevitore morigerato e casalingo, che un bel giorno dice di no, manda tutto all’aria e diventa vagabondo, ubriacone, giocatore, imbroglione e puttaniere, in una parola, felice. E quando muore i suoi amici decidono di fargli passare ancora una notte come si deve, al porto, tra fiumi di cachaça, mulatte e scorpacciate di zuppa di pesce. E, gran finale, un bel giretto per mare, assieme agli amici più cari e alla sua appassionata fidanzata Occhigrandi: “Non mi lascerò rinchiudere in una tomba sottoterra” – sentirono dire al morto – “Mi seppellisco quando voglio, all’ora che mi pare”, e poi sparì tra le onde del mare…Ecco, è andata sicuramente così, anche per Jorge Amado. Saravá, amen, axé.