ECUADOR. TRA MORATORIA PETROLIFERA E INQUINAMENTO DI ENI-AGIP

Una delegazione del Parlamento Europeo presieduta dal francese Alain Lipietz, presidente della Commissione UE per le relazioni con l’America Latina e MERCOSUR, ha incontrato a Quito (capitale dell’Ecuador) martedi 20 novembre 2007 il vicepresidente della Repubblica, Lenin Moreno. Durante l’incontro, in cui ha partecipato anche l’italiano Claudio Fava, la delegazione UE ha elogiato la proposta ecuatoriana di non sfruttare la riserva petrolifera conservata nel parco naturale Yasuni in cambio di una compensazione economica che eviterebbe il danno ecologico provocato dall’estrazione.

Il francese Alain Lipietz (Verdi), nella foto, ha dichiarato che «questa operazione è davvero rivoluzionaria nella lotta contro il cambiamento climatico». Parte dei fondi per sostenere l’iniziativa entreranno grazie all’idea di Accion Ecologica, una Ong locale che ha lanciato una campagna marketing unica nel suo genere: consegnare a cinque euro il barile tutto il greggio dello Yasuní a compratori che si impegnano a lasciarlo per sempre al suo posto, sangue della terra, come nella concezione indigena. La cultura dei nativi è infatti legge in questo luogo, abitato da sempre dagli Huaorani, un popolo nomade che vive di caccia e che necessita di uno spazio sufficientemente ampio per mettere in pratica il proprio stile di vita. Le estrazioni petrolifere andrebbero a minacciare anche loro, mettendoli a rischio di estinzione.

Nell’agenda istituzionale la delegazione del Parlamento Europeo incontrerà anche Alberto Acosta, neo presidente dell’Assamblea Costituente, che in varie occasioni si è rivolto all’Italia per quanto concerne il debito estero e le politiche di immigrazione (vedi libro «Oltre il debito in America Latina», Editrice Missionaria EMI, giugno 2007 di Cristiano Morsolin, in collaborazione con la fondazione «Giustizia e Solidarieta» FGS di Roma).

Anche l’Italia appoggia la moratoria petrolifera del progetto Ishpingo-Tambocoha-Tiputini ITT, come ha dichiarato il senatore Francesco Martone (RC) all’Osservatorio SELVAS: «La questione del debito ecologico ha cessato di essere solo una rivendicazione o una questione accademica e di studio. Governi progressisti latinoamericani e movimenti sociali che di recente a Quito hanno lanciato l’Alleanza dei Popoli Creditori del debito Ecologico, oggi pongono in questione i modelli di sviluppo del Nord globale, e le relazioni commerciali ed economiche che finora hanno rappresentato nuove modalità di colonizzazione. A partire dalla domanda semplice «chi deve a chi?» si è sviluppato un processo che porta oggi paesi come l’Ecuador a fondare tutta la sua politica estera intorno al dichiararsi paese creditore capovolgendo i rapporti di forza ed aprendo la via ad un novo modello di relazioni eque e giuste tra popoli e stati».

In questi giorni l’Osservatorio sull’America Latina SELVAS sta realizzando in Ecuador una missione di giornalisti italiani di verifica su ambiente e diriitti umani. Sul banco degli imputati, per le devastazioni sociali e ambientali dell’Amazzonia e dei popoli della regione Andina, siede anche l’impresa italiana Eni/AGIP.

Fin dal settembre 2001 è coinvolta in un megaprogetto in Ecuador per la costruzione dell’Oleodotto de Crudos Pesados (Ocp), il quale si snoda lungo aree naturali estremamente fragili, ad alto rischio vulcanico, idrogeologico e sismico, che ha messo a rischio la vita di tutte le popolazioni locali. Non solo. L’Ocp ha anche ampliato le zone investite dall’estrazione petrolifera, coinvolgendo aree di foresta primaria amazzonica finora intatte e abitate anche da popolazioni indigene.

Tale progetto – al finanziamento del quale la Banca Nazionale del Lavoro (Bnl) partecipa come intermediaria di un prestito di 900 milioni di dollari concesso al Consorzio OCP nel luglio 2001 da una banca tedesca – ha violato in maniera grave le direttive della Banca Mondiale sulle valutazioni degli impatti ambientali, gli habitat naturali e la consultazione delle popolazioni locali. Violazioni verificate nel febbraio 2002 da una delegazione di Greenpeace-Germania, della Campagna per la riforma della Banca Mondiale e da una commissione del parlamento tedesco inviata in Ecuador nell’aprile 2002.

 

L’Agip, che opera nel blocco 10 dell’Amazzonia ecuadoriana, ha il suo centro de Facilidades Petroleras CPF nella comunità di El Trionfo, nella provincia di Pastaia. Le attività industriali, secondo le denunce raccolte nella zona, starebbero colpendo la salute e le coltivazioni dei contadini e indigeni per gli effetti che provocano le piogge nere, la fuoriuscita del gas, l’abbandono di residui industriali e l’utilizzo di acqua inquinata.

L’impresa Eni/Agip sembra dunque ignorare il suo Codice Etico che promuove «…il rispetto delle diversità culturali e la conoscenza delle condizioni sociali ed economiche delle Comunità in cui la Società è presente…». É giunto il momento di pensare ad una moratoria petrolifera anche per Agip?

Cristiano Morsolin

Cristiano Morsolin, operatore di reti internazionali per la difesa dei diritti umani in America Latina. Si occupa di tematiche legate al debito estero dal 2001 e collabora con reti della società civile come GIUBILEO SUD, LATINDADD. Vive in America Latina dal 2001 con esperienze in Ecuador, Perù, Colombia e Brasile.