La concentrazione dei gas serra nell’atmosfera (vapore acqueo, metano, ossidi di azoto, ozono, anidride carbonica) è arrivata a livelli senza precedenti. Tanto da costituire un pericolo concreto per l’umanità. Popolazioni di tutto il mondo portano addosso i terribili segni dei disastri ambientali indotti dai cambiamenti climatici, in buona misura legati alle attività scellerate dell’uomo. Basti pensare che le emissioni di carbonio sono quadruplicate in cinquant’anni, e la concentrazione atmosferica di anidride carbonica (CO2) ha avuto un incremento del 31%. Con molta probabilità, abbiamo oggi raggiunto la più alta concentrazione di CO2 degli ultimi 20 milioni di anni.
I segnali inequivocabili che il clima sta cambiando sono evidenti, a tutte le latitudini. Lo spessore dei ghiacciai alpini, per esempio, è diminuito in pochi decenni di 14 metri. Grandi accusati sono l’industria petrolifera, la mobilità su gomma, l’industria “energivora” e tutte quelle attività che contribuiscono ad aumentare le emissioni di gas serra o a diminuire la capacità di stoccaggio delle foreste e dei suoli. «La fusione dei ghiacciai è solo un’avvisaglia del reale cambiamento del clima – ha dichiarato Jennifer Morgan, direttore del Programma di cambiamento climatico del Wwf – siamo arrivati a un punto di non ritorno e i governi devono agire per evitare tragedie inimmaginabili.» Dello stesso parere anche Steve Sawyer di Greenpeace, il quale rincara la dose aggiungendo che «lo scioglimento dei ghiacciai è un segnale chiaro delle conseguenze del mancato impegno dei governi nel combattere il cambiamento climatico. Il comportamento di Stati Uniti, Australia e Russia è immorale e costituisce una dichiarazione di guerra nei confronti delle future generazioni e dei paesi in via di sviluppo che più soffriranno le conseguenze del cambiamento climatico.»
La crescita delle emissioni a livello globale
Sulla rivista Science, i climatologi Thomas Karl e Kevin Trenberth hanno recentemente presentato nuovi studi sul cambiamento climatico. Se le emissioni di gas serra continueranno ad aumentare con il ritmo attuale (le ultime proiezioni prevedono che nel 2010 saranno salite del 17% rispetto al 1990), la temperatura globale potrebbe innalzarsi di una misura compresa tra 1,7 e 4,9 °C entro il 2100. Dato che gli effetti dei gas serra perdurano per diversi decenni, gli sforzi per contenere i possibili disastri provocati dai cambiamenti climatici dovranno essere particolarmente intensi. Secondo l’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite), per contrastare i cambiamenti climatici in atto occorrerebbe ridurre le emissioni di anidride carbonica di almeno il 50 per cento entro il 2025-2030.
Il protocollo di Kyoto tra luci e ombre
Non c’è un solo momento da perdere, dunque. E l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, per quanto appaia limitato, ci condurrebbe almeno verso la giusta direzione.
Firmato nel 1997, il Protocollo di Kyoto prevede che tra il 2008 e il 2012 venga realizzato un taglio delle emissioni di gas serra nei paesi industrializzati del 5,2 per cento rispetto ai livelli del 1990 (in realtà, dal 1990 ad oggi le emissioni sono aumentate globalmente del 13 per cento). Per far entrare in vigore il Protocollo è però necessaria la ratifica dei paesi responsabili di almeno il 55 per cento delle emissioni globali. Nel 2001, gli Stati Uniti con il loro 36 per cento hanno deciso di non ratificare il trattato; per farlo diventare operativo è necessaria ora la ratifica della Russia, la cui quota di emissioni è del 17 per cento.
Le regole del Protocollo, se osservate, potrebbero abbassare l’inquinamento e favorire un equilibrio climatico più vivibile. Senza contare che la riduzione della dipendenza dal petrolio significa anche minor peso del trasporto su gomma, con l’effetto di ottenere ambienti urbani più vivibili e attraenti, meno morti sulle strade, meno spese sanitarie per danni alla salute. Ma ne risulterebbero favorite anche la ricerca e l’innovazione, per ottimizzare i processi industriali e aumentarne la produttività. Kyoto, insomma, potrebbe essere il punto di partenza per inaugurare un nuovo modello economico che punta alla creazione di un reale maggiore benessere diffuso.
Pur essendoci vasto consenso tra gli ambientalisti sulla necessità di battersi per la sua approvazione, esistono anche vari punti del Protocollo che vengono criticati. Tra questi, la mancanza di attenzione verso le emissioni da trasporti – che in Italia sono da soli responsabili del 27% delle emissioni totali – e i meccanismi flessibili – che secondo alcuni potrebbero disincentivare i governi ad investire nella riduzione delle emissioni sul proprio territorio.
Ricette ambientaliste al Vertice mondiale sul clima
A Milano, dal 1° al 12 dicembre 2003, si è svolta la nona Conferenza delle Parti (COP9), il Vertice mondiale sul clima, durante il quale i governi di 188 paesi si sono confrontati sulle politiche da perseguire, le strategie da adottare e gli accordi da sottoscrivere per ridurre l’impatto ambientale delle proprie azioni nel rispetto della “Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici”. L’obiettivo della Convenzione è quello di stabilizzare la concentrazione di gas serra nell’atmosfera per permettere agli ecosistemi di adattarsi naturalmente a cambiamenti di clima, in modo da garantire uno sviluppo economico e produttivo sostenibile.
“Anche se non c’è stata la ratifica del Protocollo di Kyoto da parte della Russia – ha commentato Altero Matteoli, Ministro italiano dell’Ambiente,- a Milano il processo messo in moto dalla Convenzione sui cambiamenti climatici ha fatto alcuni importanti passi avanti”. Secondo il WWF, il Vertice di Milano ha portato dei risultati concreti positivi. Non è riuscita la manovra degli Stati Uniti di minare il percorso del Protocollo di Kyoto e vengono rafforzati il multilateralismo e le Nazioni Unite, con un´inversione di tendenza rispetto alle tendenze manifestatesi sullo scenario internazionale negli ultimi anni.
Ma dal Vertice sono uscite anche delle utili “ricette” per uno sviluppo sostenibile. Protagoniste diverse associazioni ambientaliste che hanno proposto un piano di intervento che si articola lungo cinque linee d’azione:
1. efficienza: sono possibili risparmi del 30% dei consumi finali attraverso interventi di maggiore efficienza nel settore industriale, nell’edilizia, nel settore civile e residenziale;
2. fonti rinnovabili: utilizzando le fonti rinnovabili tecnicamente disponibili (eolico, idroelettrico, biomasse, solare, etc.) sarebbe già oggi possibile raggiungere, entro il 2010, l’obiettivo di coprire almeno il 25% della produzione elettrica e del 10% del fabbisogno termico necessari, così come stabilito dalla direttiva comunitaria 2001/77;
3. conversione: il parco termoelettrico esistente dovrebbe essere basato sulle tecnologie più efficienti disponibili sul mercato, magari puntando su impianti a ciclo combinato di gas naturale, che consentono una riduzione significativa delle emissioni di CO2.
4. mobilità e trasporti: la conversione del settore dei trasporti è una delle grandi priorità. Sono necessari interventi e politiche che riducano i bisogni di mobilità – telelavoro, teleservizi, politiche degli orari – che contengano la mobilità privata – ticket di ingresso, aree pedonalizzate – e che potenzino i trasporti pubblici urbani.
5. politiche fiscali: le politiche nazionali oggi tendono a penalizzare lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Vanno quindi modificate le politiche fiscali che oggi premiano il trasporto merci su gomma mentre vanno proposti incentivi e agevolazioni fiscali per l’utilizzo dei biocombustibili e degli abbonamenti al trasporto pubblico.
Buone abitudini per ridurre l’impatto ambientale
Le tecnologie e gli strumenti per contenere e stabilizzare le emissioni di gas serra esistono già. Occorre però che ciascuno di noi assuma dei comportamenti responsabili. Molto si può fare sul fronte della mobilità urbana – riducendo per esempio l’uso dell’auto – e con il risparmio energetico domestico: lampadine a basso consumo, coibentazione delle pareti e delle finestre, pannelli solari termici per l’acqua calda, fotovoltaico per l’elettricità, elettrodomestici ad alta efficienza, etc. Sono tutte cose che si possono fare subito e con vantaggi diretti anche per il nostro portafoglio, dato che i costi per l’installazione di molte di queste tecnologie vengono ampiamente compensati dai risparmi ottenuti nel medio periodo.
E a darci una mano interviene anche il WWF attraverso il progetto Banca del Clima – www.bancadelclima.it -, lanciato insieme a CittadinanzAttiva, con il quale ci si propone di informare e orientare i cittadini nelle scelte quotidiane su trasporti, mobilità e utilizzo dell’energia domestica.
Siti internet da vedere
http://www.cop9.info: sito ufficiale della COP9
http://www.retecop9.org: sito delle associazioni ambientaliste sulla COP9
http://www.ipcc.ch/ Intergovernamental Panel on Climate Change
http://unfccc.int/: convenzione ONU sul clima
http://www.bancadelclima.it/: banca del clima
Documenti:
http://www.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/docs/protocollo_kyoto_it.PDF protocollo di Kyoto in italiano
http://www.wwf.it/clima/documenti/Cambiamo%20Energia.pdf dossier sulle energie rinnovabili a cura del WWF
http://www.legambiente.org/campagne/cop9/documenti/DossierCOP9.pdf COP9 in pillole a cura di Legambiente