[di Ettore Masina • 12.01.02] Chiedo scusa a chi non e' - o non vuole dirsi - cristiano se questa lettera e' indirizzata alle mie sorelle e ai miei fratelli nella fede: ma credo che anche loro, le altre mie sorelle e gli altri miei fratelli certamente non meno amati, possano condividere certi dolori, rimorsi e speranze.

ETTORE MASINA – LA LETTERA DI GENNAIO 2002

Forse dovremmo scrivere cosi’: “Nell’anno primo dell’impero del Giustiziere Infinito, mentre il popolo afghano piangeva i suoi bambini uccisi o mutilati in nome della vendetta per i crimini orrendi del terrorista bin Laden; e il popolo palestinese veniva massacrato dall’esercito del terrorista Sharon che pensava di poter spegnere nel sangue degli innocenti il fanatismo suicida dei disperati; e il popolo argentino mostrava con il proprio sangue le glorie del neoliberismo globalizzatore; mentre l’Italia era governata da un miliardario che riduceva le tasse ai ricchi e i servizi sociali ai poveri, sotto il sommo pontefice Karol Woytjla, i cui solenni insegnamenti di pace venivano strangolati dai suoi stessi collaboratori, la Parola di Dio scese sui cristiani e li interrogo’: “Che dite di tutto questo?”. Parafrasi blasfema del vangelo di Luca? Forse che non dobbiamo porre accanto alla Bibbia i nostri giornali? Il nostro Dio sta rinserrato nella vaghezza di cieli lontanissimi o invece perpetuamente si incarna  nella storia dei poveri, delle vittime, degli oppressi? Quando, dopo avere venerato il Risorto, i primi evangelisti decisero di parlare della sua nascita, leggenda o realta’, non ebbero dubbi: Colui che aveva ripreso vita nella oscura Valle dei Morti ed era stato giustiziato fuori dalle mura della Citta’ non poteva che essere nato in una grotta, non essendoci posto per lui fra la gente “che conta”. Non aveva, nella pienezza della sua maturita’, proclamato che un giorno saremo giudicati per cio’ che avremo fatto o non avremo fatto ai poveri, poiche’ e’ a lui che lo avremo o non lo avremo fatto? E che stiamo facendo ai poveri? Il Natale-Luna Park che ci circonda ha previsto elemosine e panettoni per i clochards e i senza-meta che si aggirano fra noi. Ma i popoli-esuberi, insignificanti nelle statistiche dei prodotti-interni-lordi, l’immensa umanita’ che va perdendo sembianze umane nella stretta della miseria, occupano davvero nei nostri pensieri, anche in questa cosiddetta “festa della bonta’”, altro spazio che quello degli incubi di una possibile disperata violenza da reprimere con guerre preventive? Essere poveri e’ diventato, davanti ai nostri occhi di benestanti, un reato, un segno di sovversivismo. Temo che non ci rendiamo conto che la nostra spietatezza non ha effetti soltanto sui miseri. Cambia anche noi, in peggio. Come un corpo deforme rivestito da un abito ormai logoro, in questa fine d’anno la societa’ in cui viviamo svela  ripugnanti nudita’. Sotto la civilta’ di cui ci proclamiamo orgogliosi, rosseggiano le piaghe di un profondo nichilismo morale. Eleganti vetrine propagandano “Oh, my dog!”, un profumo per cani. “Costa caro ma ne vendiamo molto” mi dice una commessa. Tra le luci del paganesimo natalizio intere strade sono contornate da grandi cartelloni sui quali si distendono donne nude, dal corpo florido e dal volto ottuso: “Vestiti, svergognata!” e’ lo slogan che compare su queste immagini, tratte da qualche libro sui postriboli. (Ma certo! Noi non siamo barbari come i talebani, niente burqa per le nostre donne!). Al TG1 serale il solito giornalista con le stellette annunzia con voce trionfale che i marinai italiani sono passati sotto comando americano, mentre, a immagine e somiglianza del suo collega di Washington, il ministro Martino sembra non gia’ metterci in guardia ma assicurarci (si’: assicurarci!) che “i nostri ragazzi” corrono  gravi rischi. Soltanto aneddoti? O spie di vetro che crepitano in fessure che si ingrandiscono e minacciano la stabilita’ della casa in cui viviamo? Cambiano le monete di cui ci serviremo nel 2002 ma non le orrende, blasfeme, delinquenziali spese militari per un esercito di mercenari costretti dalla disoccupazione al mestiere delle armi. Gli imputati VIP saliti al potere stravolgono le leggi che li riguardano e insultano i giudici. Mentre riportano l’Italia al rango di lumicino dell’Europa, svendono alla CIA e al Pentagono la nostra sovranita’ nazionale ma la invocano per tutelarsi dalle leggi che l’Europa va dandosi e dalle quali sentono minacciata la loro arrogante impunita’. Eppure questo desolante panorama italiano e’ una specie di fiorito paravento se lo si paragona allo svolgersi di eventi ben piu’ terribili. L’Africa sembra una immensa zattera della “Medusa”, galleggia su un oceano di disperazione, alla mortalita’ infantile si aggiunge la lunga agonia di una generazione di giovani colpiti dall’AIDS. Guerre infami sponsorizzate dalle multinazionali del petrolio, delle armi, dei diamanti travolgono interi popoli, straziano l’infanzia di decine di migliaia di ragazzini trasformati in feroci guerrieri. Ma non v’e’ ormai continente in cui “l’imperialismo internazionale del danaro” (cito un’espressione usata da tre papi) non generi milioni di morti precoci. Quando i G7 o 8 si incontrano, quando il WTO celebra i suoi raduni, a me sembra di rivivere uno dei peggiori momenti della mia vita: ero appena arrivato a Bombay, stavo mangiando in un famoso ristorate, mi accorsi che al di la’ di un vetro un gruppetto di miserabili guardava estaticamente i miei bocconi: niente e’ cambiato, da allora: o e’ mutato in peggio, le grandi Carte dell’ONU, che parlano di eguaglianza fra i popoli, di liberta’ dal bisogno, sembrano ormai reperti d’antiquariato. Il Natale di questo 2001 piuttosto che il volo degli angeli sembra richiamare il precipitare delle persone impazzite dalle Due Torri e invece del placido sonno del bambino  Gesu’ la manina senza vita che spunta dai cingoli dei carri armati israeliani a Betlemme. Qualcuno ha proposto che durante la messa della notte di Natale non si canti il “Gloria”, troppo triste e’ il contesto planetario. E’ una proposta scandalosa contro lo scandalo del silenzio e dell’inerzia di tante comunita’ cristiane davanti all’agonia  di interi popoli, ai sistemi di violenza che generano disperazione in nome del Mercato, cioe’ del potere dei ricchi. Forse  questa proposta ha una sua dolorosa validita’ perche’ potrebbe mostrare a molti che quando la religione diventa un fatto intimista, soltanto consolatorio, individuale o familistico, senza connessione alcuna con il dolore che serra il nostro pianeta, si trasforma in un conformismo che non ha niente a che vedere con i profeti e con Gesu’ di Nazareth. E pero’ io credo che il Gloria che noi cantiamo o recitiamo ogni domenica non sia un illusorio grido di gioia perche’ nel mondo tutto andrebbe bene. Al contrario, il nostro Gloria  e’ soltanto un grido di fede: poiche’ noi lo rivolgiamo a un Messia rifiutato sin da piccino, a un salvatore immolato in nome della ragion di Stato, al fondatore di una Chiesa che spesso sa leggere di lui soltanto qualche precetto da galateo e non un messaggio radicale di giustizia e di amore. E’ in questo lacerante contrasto fra la potenza di Dio e l’apparente vittoria del male che noi siamo costretti a prendere posizione, a scoprire che siamo le mani di Lui, e che Egli ha scelto di agire soltanto per nostro mezzo: il nostro glorificarLo e’ dunque un riconoscerci strumenti di una Creazione che continua, di un mondo che va incessantemente modificato; e il Bambino che veneriamo e’ un figlio che ci e’ donato: generati dall’amore, dobbiamo noi stessi generare speranze. La Chiesa ha continuato a cantare il suo Gloria, nella infedelta’ che spesso la contraddistingue, nei tanti secoli bui della storia della Terra: in mezzo a terribili persecuzioni, durante guerre spietate, in anni in cui ogni valore sembrava disperso e un’ignoranza greve e profonda sembrava l’unica forza della storia: lasciar cadere il Gloria in un silenzio luttuoso a me sembrerebbe piuttosto un cedimento alla mentalita’ pagana dei rapporti di forza: cantare gloria al Piccolo e al Debole e all’Inerme, nel gelo di una storia tenebrosa significa attendere con incerta certezza, con speranza strappata testardamente, ora dopo ora, alla disperazione, che si compiano le profezie: “Allora  si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo saltera’ come un cervo e gridera’ di gioia la lingua del muto”.