[di Umberto Santino • 12.01.02] Il traffico di droghe; Droghe e armi; Il traffico di organi.

L’INDUSTRIA DELLA MORTE: DROGHE, ARMI, ORGANI UMANI

Il traffico di droghe
Il traffico internazionale di sostanze stupefacenti negli ultimi anni ha visto il moltiplicarsi delle sostanze classificate come psicoattive e abitualmente denominate droghe (ai derivati della cannabis, agli oppiacei e alla cocaina si sono aggiunte varie droghe sintetiche, tra cui la piu’ diffusa e’ l’ecstasy), il proliferare di gruppi criminali dediti alla produzione e alla commercializzazione, la diffusione del consumo. Le zone tradizionali di produzione sono: per l’oppio il Triangolo d’oro (Birmania, Laos, Thailandia) e la Mezzaluna d’oro (Afghanistan, Iran, Pakistan); per la foglia di coca: Bolivia, Colombia, Peru’, Ecuador; per la marijuana: Messico, Colombia, Giamaica; per l’hashish: Libano, Pakistan, Afghanistan, Marocco. Negli ultimi anni coltivazioni di coca e di papavero da oppio sono state installate in nuove aree del mondo, per esempio la coca nella Repubblica democratica del Congo e il papavero in Kenya. Secondo il World Drug Report dell’Undcp (Programma antidroga delle Nazioni Unite) del gennaio 2001, la produzione di cocaina sarebbe diminuita del 20%, mentre sarebbe stabile quella di oppio, invertendo il precedente andamento di crescita, e la produzione di derivati dalla cannabis sarebbe di circa 30.000 tonnellate all’anno. Il traffico invece si sarebbe globalizzato, pero’ i dati sui sequestri dimostrerebbero che molti paesi hanno cominciato ad affrontare seriamente il problema. Sempre secondo il rapporto dell’Undcp negli ultimi anni ’90 i consumatori di droghe sono stati circa 180 milioni: 144 milioni di cannabis, 29 milioni di stimolanti tipo amfetamine (Ats), 14 milioni di cocaina, 9 milioni di eroina. Negli USA si sarebbe registrata una diminuzione del 40% del consumo complessivo di droghe, del 70% per la cocaina, in seguito all’incremento degli investimenti per la riduzione della domanda. Questi dati vengono contestati da organismi e studiosi che considerano il rapporto falsato da una volonta’ apologetica del lavoro svolto dall”Undcp: nel rapporto non si parla delle droghe sintetiche, della criminalita’ organizzata e del riciclaggio e i dati sarebbero stati manipolati. Quel che e’ certo e’ che le campagne di eradicazione hanno portato a una diminuzione della produzione di coca in Bolivia e Peru’, compensata dall’incremento in Colombia (da 44.700 ettari del 1994 si e’ passati a 122.500 ettari nel 1999) dove fino a dieci anni fa non c’erano coltivazioni di oppio mentre oggi si producono piu’ di 100 tonnellate: il paese e’ diventato il quarto produttore mondiale e il primo fornitore di eroina per gli Stati Uniti. C’e’ stata una diminuzione della produzione di oppio in Pakistan ma un aumento in Afghanistan. In Pakistan e’ aumentato il consumo di eroina: i tossicodipendenti sarebbero circa un milione e mezzo, piu’ dell’intero mercato europeo e statunitense. Nel caso delle droghe naturali i profitti piu’ rilevanti vanno ai paesi consumatori, con uno scarto tra il prezzo delle materie prime e del prodotto finito e distribuito in piccole dosi tra 1000 e 2500 per cento. Le stime dei proventi oscillano tra i 300 e gli 800 miliardi di dollari l’anno, tra droghe naturali e sintetiche. Piu’ contenuta la valutazione del Gafi (Gruppo d’azione finanziaria internazionale): 122 miliardi di dollari. Il proibizionismo introdotto nel 1914 negli Stati Uniti si e’ imposto a livello internazionale con la stipula di convenzioni, la piu’ recente e’ quella di Vienna del 1988. Si parla di una vera e propria “guerra alla droga” con la presidenza di Ronald Reagan e l’avvio delle campagne di eradicazione delle piante da droga realizzate attraverso l’intervento militare, particolarmente pesante in America Latina. Recentemente, con uno stanziamento del Congresso Usa di 1.374 milioni di dollari, e’ stato varato il Plan Colombia, un programma di fumigazioni delle coltivazioni di coca e di sostegno alla politica del presidente colombiano Andres Pastrana, che comporta l’intervento militare diretto degli Stati Uniti non solo sul territorio colombiano, dove da molti anni operano gruppi guerriglieri, ma in un’area piu’ vasta.

Droghe e armi
La droga e’ stata la ragione per lo scatenamento di conflitti armati, come le guerre dell’oppio tra Inghilterra e Cina (la prima dal 1839 al 1842, la seconda dal 1856 al 1858), o ha funzionato come moneta per il finanziamento dei conflitti, come nel Sud-est asiatico, in Afghanistan, in America centrale (i contras antisandinisti in Nicaragua), con un ruolo di primo piano dei servizi segreti, in particolare della Cia, e piu’ recentemente in America latina e nei Balcani, e il traffico di droghe spesso e’ collegato con quello delle armi e da qualche tempo con quello di materiali nucleari. Gia’ negli anni ’70 e ’80 l’inchiesta del giudice Carlo Palermo aveva portato alla luce un fitto intreccio di traffici di armi e droga che vedeva al centro esponenti di organizzazioni criminali (mafia siciliana, turco-siriana, altri trafficanti), compagnie di trasporti, imprese, la loggia massonica P2, servizi segreti, da quello bulgaro alla Cia, e riforniva di armi (dai carri armati agli elicotteri, alle bombe atomiche) vari paesi. Negli ultimi anni, in seguito al crollo dei paesi socialisti, con lo smantellamento degli arsenali, e in coincidenza con i conflitti nell’area dei Balcani, il traffico di armi si e’ intensificato e ha visto affermarsi il ruolo delle mafie dell’Est. Nell’aprile del 2001 la Dia (Direzione investigativa antimafia) di Torino ha tratto in arresto il petroliere ucraino Alexander Zhukov, il cosiddetto “re dei missili”, e sequestrato duemila tonnellate di armi. Il traffico era gestito da uomini dell’ex Kgb e dalla “Brigata del Sole”, un potente clan della mafia russa, e ha alimentato nei primi anni ’90 il conflitto serbo-croato. Parte del ricavato del traffico sarebbe confluito nella Trade Concept, una societa’ di Jersey (Gran Bretagna) definita dagli investigatori “il motore finanziario di un’enorme holding impegnata nel commercio internazionale di petrolio greggio e derivati”, di cui Zhukov e’ socio. Il traffico illegale di armi e’ solo una parte di un piu’ vasto fenomeno: la produzione e il commercio di armamenti che si intensificano all’interno del quadro attuale delle relazioni internazionali. Le proposte di riconversione dell’industria bellica si scontrano con questa realta’. Nel luglio del 2001 le Nazioni Unite hanno presentato un rapporto sulle armi leggere, adatte a usi sia civili che militari: senza contare quelle in possesso clandestino, ci sono in circolazione circa 550 milioni di armi da fuoco, 305 milioni in possesso di privati. Il commercio legale avrebbe un volume d’affari di circa 4 miliardi di dollari l’anno, per quello illegale si parla di un miliardo. I principali paesi produttori sono Stati Uniti, Cina e Russia. In Italia alcune associazioni e organizzazioni non governative hanno promosso una campagna sulle armi leggere, chiedendo la moratoria delle vendite ai paesi africani, in cui le armi vengono usate nelle guerre in corso, e la campagna “Banche armate”, contro le banche che finanziano operazioni legate al commercio internazionale di armamenti.

Il traffico di organi
Tra i caratteri piu’ disumani della globalizzazione e’ la mercificazione degli esseri umani, con lo sfruttamento del lavoro a costo zero o irrisorio e la riduzione dei corpi a prodotti usa e getta e a banca di organi. Uomini, donne, vecchi e bambini vengono tratti in schiavitu’ per essere utilizzati per i lavori piu’ faticosi o per essere avviati alla prostituzione. I “nuovi schiavi” sarebbero secondo alcune fonti 27 milioni, ma altre fonti parlano di non meno di 200 milioni. Secondo l’Ilo (Organizzazione internazionale per il lavoro) i bambini che lavorano in condizioni disumane sarebbero 250 milioni. Il giro d’affari della prostituzione non sarebbe inferiore a quello delle droghe. Anche se le prove giudiziarie sono ancora inadeguate, il traffico di organi umani sarebbe in pieno sviluppo ed e’ in gran parte sotto il controllo di organizzazioni criminali, che pero’ non potrebbero agire senza la collaborazione di medici specialisti e di strutture ospedaliere. I casi di cui si parla sono svariati: dall’immigrato che paga il costo del viaggio con l’espianto di un organo ad adulti e bambini fatti sparire, ai caduti nelle guerre in corso (per esempio, durante la guerra in Cecenia ci sarebbero stati reparti speciali che prelevavano organi dai corpi dei soldati caduti in combattimento), ai condannati a morte in Cina. Negli anni ’80 e ’90 al centro del traffico d’organi era l’India dov’era possibile comprare organi legalmente; secondo una recente inchiesta il mercato illegale degli organi negli ultimi anni avrebbe come centrale la Turchia. Almeno duecento “donatori” di reni sarebbero venuti dalla Moldavia, un paese poverissimo dove non ci sono soldi per pagare l’elettricita’ nelle strade e dove opera una “mafia internazionale degli organi umani”. A chi si sottopone all’espianto vanno 6 milioni in lire italiane, mentre il chirurgo che pratica i trapianti illegali chiede da 200 milioni a mezzo miliardo, per un giro d’affari di 2 miliardi al mese.