25.05.11 – Trento – La Vienna di Freud

Mercoledì 25 maggio 2011, alle 17,30, a Trento, nella Sala degli affreschi della Biblioteca comunale (Via Roma 55), il Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale organizza l’incontro-dibattito La Vienna di Freud. Interviene Massimo Libardi. Introduce Fernando Orlandi.

Nello scritto del 1914 Per la storia del movimento psicoanalitico Freud si pronunciava in termini molto chiari contro l’ipotesi che la psicoanalisi può essere sorta solo in una città come Vienna, in un’atmosfera di sensualità e d’immoralità sconosciuta ad altre città; la psicoanalisi non sarebbe altro che il rispecchiamento, e in un certo senso la proiezione teorica, di queste particolari condizioni dell’ambiente viennese.

Parlare del rapporto tra Freud e la capitale dell’Impero austro-ungarico significa ricostruire l’ambiente viennese intorno alla svolta del secolo. Va inoltre notato che a Vienna si misero a punto non solo il metodo analitico, ma tutti i metodi moderni per il trattamento dei disturbi mentali: terapia farmacologica e terapie di shock.

L’interesse per la sfera della sessualità è radicato nella cultura austriaca di fine secolo: austriaci sono Richard von Krafft-Ebing, l’autore della Psycopatia sexualis, il primo tentativo di studio sistematico, quasi “enciclopedico” dei comportamenti sessuali devianti; Leopold von Sacher Masoch, Otto Weininger. Viennese è poi Arthur Schnitzler che Freud riconosce come un suo doppio”, un “ricercatore della psicologia del profondo”.

Il “problema sessuale” è qualcosa che riguardava sia la corte sia la borghesia viennese. Ne è un cronista dalle pagine della Fackel Karl Kraus, che sarà un inflessibile critico delle teorie freudiane, critica che ha tra i suoi esponenti anche Robert Musil.

Questa discussione pone il problema del legame tra psicoanalisi e l’ambiente in cui è nato. Freud è attento a preservare il carattere scientifico e dunque universalistico della psicoanalisi. La sua è una formazione scientifica che avviene nell’ambito della visione corrente della scienza, anche se le sue scoperte modificheranno profondamente questo modello. Ma le discussioni sul “postulato di universalità” della psicoanalisi si aprono quasi subito e il punto cruciale è rappresentato dal Complesso di Edipo. Il modello di sviluppo psichico codificato da Freud può valere al di fuori della famiglia borghese, coniugale, così come si è strutturata nella società occidentale? Vale anche per culture che accettano la poligamia o allevano comunitariamente la prole? Alla discussione partecipano non solo psicoanalisti, ma anche antropologi come Bronisław Malinowski.

È tuttavia necessario considerare anche la portata filosofica delle teorie di Freud. Da un lato esse rappresentano un ulteriore tassello della critica alla struttura monarchica dell’io, tema ben presente nella cultura austriaca. Come ha messo in luce nei suoi lavori Franco Rella la psicoanalisi inaugura anche un nuovo statuto dei saperi, caratterizzato dall’importanza della narrazione, anche questo aspetto ben presente nel mondo asburgico. La psicoanalisi è però anche, e forse soprattutto, una scienza dei segni, i quali – sottoposti ad analisi – rivelano significati profondi, e non si può dimenticare che proprio nella città danubiana si mette in discussione la possibilità dei segni di essere portatori di significato: dalla Lettera di lord Chandos; ai numeri immaginari del Törless; all’inesprimibilità e al silenzio del Tractatus.

Il rapporto della psicoanalisi con Vienna è dunque un rapporto complesso e non affatto lineare.

Questa vicenda viene rivisitata da Massimo Libardi nell’incontro-dibattito La Vienna di Freud, organizzato dal Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale a Trento, nella Sala degli affreschi della Biblioteca comunale (Via Roma 55), mercoledì 25 maggio 2011, alle 17,30.