[di GIORGIO BOCCA • 12.01.02] Berlusconi si vanta di essere l'ideologo di questa fabbrica del consenso e della demagogia spettacolo. Cos'è il regime? E' il controllo dell'economia attraverso l'informazione da cui discendono il controllo della politica, della giustizia, dello spettacolo, dello sport, di tutto.

GIORGIO BOCCA: DA VESPA A COSTANZO, IL REGIME NASCE IN TV

Nei giorni scorsi abbiamo assistito a due celebrazioni di regime: il lancio di un libro di Bruno Vespa e il ventennale del Maurizio Costanzo Show. Qual è uno dei segni rivelatori di un regime? La mancanza di ritegno, l’ostentazione pretoriana del privilegio, da Roma di Tigellino, da cronaca tacitiana. I massimi dirigenti della televisione non si accorgono che è un privilegio quello accordato a Bruno Vespa di presentare un suo libro in tutti i programmi a più alto ascolto, per una somma di minuti pubblicitari valutabili in miliardi di lire di pubblico denaro? Non se ne accorge il dottor Zaccaria che passa per un uomo della Margherita, cioè dell’opposizione? Non si accorgono i Fassino, i Bertinotti accorsi alla presentazione di Vespa o alla celebrazione del Maurizio Costanzo Show che stanno partecipando a una celebrazione del regime che nasce? Il regime nasce sotto la regia berlusconiana che è l’essenza della furbizia commerciale: corteggiare per cooptare, porgere la mano all’avversario per metterlo, consenziente in ginocchio. A Massimo D’Alema, a Fassino a Veltroni al buonismo Ds non è bastata la sconfitta elettorale e la consegna del governo a Berlusconi, continuano a dire che bisogna cercare l’accordo con i vincitori. Il regime chiama regime, il servilismo di regime diventa regola, si allarga, celebra i suoi trionfi. Il qualunquismo plebeo di Alberto Sordi che sembrava destinato all’oblio torna alla ribalta, viene ripresentato in televisione in coppia con Giulio Andreotti: i campioni dell’Italia baciapile, furbastra, dei medici della mutua, dei borghesi piccoli piccoli, di quelli che avevano paura, e lo ripetono, che i cosacchi arrivassero ad abbeverarsi nelle santiere di San Pietro. Presentati come modelli di saggezza civica. E citano anche la signora Ciampi che per Sordi stravede. Non lo sanno i Fassino, i Bertinotti, i D’Alema e altri personaggi della sinistra fantasma che Vespa è uno che ha tirato la campagna elettorale del centrodestra, che ha organizzato la mattanza di Di Pietro convocando tutti i ladroni di Tangentopoli? Non lo sanno che il salotto di Costanzo è il salotto del regime? Lo sanno benissimo ed è proprio perché lo sanno che ci accorrono. Ci chiediamo spesso il perché per un vizio illuministico, quando lo sappiamo benissimo questo perché. Perché i domatori della televisione, i signori dei talk show sono i rappresentanti e in parte i gestori del nuovo potere.
Berlusconi si è vantato, alla celebrazione di Costanzo, di esserne il suo ideologo, di averlo quasi inventato lui il Costanzo Show, la fabbrica del consenso, della demagogia spettacolo, del volemose bene condito con qualche barzelletta. La forza di Berlusconi è la sua autenticità, lui ai convegni dei potenti del mondo prende per un braccio Bush o Chirac e gli racconta una barzelletta. E così che ha messo assieme un impero dell’informazione ed è arrivato al potere, come dirgli che ha sbagliato? Ma sono i suoi avversari, è questa sinistra di ricotta che lo imita, lo blandisce e curva la schiena a nuove bastonate. La storia italiana è piena di questi perché, quella della sinistra in particolare. Perché ogni giorno cala le brache? Perché ogni giorno cade nelle trappole dell’avversario? Perché sta al gioco sin troppo evidente del regime che monta? Perché il regime è la nostra normalità, perché nei secoli ci siamo abituati a riverire il potere disprezzandolo, perché l’essere opposizione, l’essere minoranza lo viviamo come una vergogna, come un insulto alla nostra furbizia, arte dei servi. Guardare oggi la società italiana è come star sulla riva di un fiume quando arriva l’alluvione: gli argini resistono per qualche ora poi cade un albero, si stacca una pietra, rovina giù un blocco di terra, ti rendi conto che tutto è pronto per dissolversi, per sparire nella fiumana. L’irresistibilità del regime! Anche perché questo è un paese clericale educato alle unanimità clericali, pronto a sentire puzza di eresia di fronte a ogni minoranza, pronto ai «blocchi», quello liberale dei tempi giolittiani e poi il fascista del ventennio, e poi gli immobili schieramenti contrapposti della guerra fredda e ora la marea azzurra. Convinti che fuori dal regime non c’è salvezza, non c’è lavoro, non c’è modo di mantenere la famiglia, di aspirare a una carriera, a una elezione, a una direzione. Chi non è per il regime si accorge che il regime monta, e che lui sta diventando agli occhi dei concittadini un «uomo nero», uno che è meglio non frequentare, non citare. E neppure la sinistra resiste a questa emarginazione progressiva, si convince che andare a Porta a Porta o/a una delle altre fabbriche del regime sia un modo per resistergli mentre è il modo di farsi assorbire, digerire, corrompere. L’immagine non è tutto nella modernità? Chi non si fa vedere non è come morto? Chi non ha audience non è un fantasma destinato all’oblio? Può darsi, ma quando si perde si salvi almeno la dignità.


Fonte: la Repubblica, 21 dicembre 2001