[di Shorsh Surme, Direttore del periodico kurdo Hetaw "Sole" • 10.03.02] 14° Anniversario del bombardamento con le armi chimiche  sulla cittadina kurda di Halabja nel Kurdistan dell’Iraq Venerdi 16 marzo 2002 di tredici anni fà veniva bombardata con le armi chimiche la cittadina  kurda di Halabja provincia di Sulaimanya 260 km Nord Est di Baghdad;  nel giro di mezz'ora morirono più di 10.000 persone.

HALABJA: HIROSHIMA DEL KURDISTAN

L’Occidente allora si limitò a una timida manifestazione  nei confronti di Saddam, nonostante questi avesse palesemente agito contro i diritti umani usando un’arma bandita della convenzione di Genivra nel 1925. Alla fine di marzo del 1988  l’opinione pubblica internazionale  viene a conoscenza, grazie a videocassette clandestinamente e fortunosamente giunte in occidente del massacro perpetrato attraverso le armi chimiche nella cittadina di Halabja: uomini, donne,bambini,vecchi morirono tra spasmi atroci a causa dei gas tossici. La città si svuotò, numerosi tra suoi abitanti trovarono rifugio in Iran: Halabja è ancora oggi una città ferita, come  numerosi altri villaggi nei dintorni delle maggiori città kurde, kirkuk, Arbil, Sulaimaniya e Duhok. Dopo il massacro di Hiroshima Nakazaki si sperava che queste armi non venissero mai usate, invece, il problema delle armi chimiche rimane ancora una questione da risolvere, dato che molti paesi del terzo mondo possiedono questa arma micidiale  anche grazie alle tecnologie dell’Occidente che riesce costituire. Oggi i kurdi preoccupati per il loro futuro, ricordano questa giornata  e quei  morti innocenti massacrati da un  regime dittatoriale come quello di Saddam Hussien che tuttora è saldo al potere e continua a  sottoporre  tutta la popolazione irachena alla fame e miseria  a causa della sua arroganza e mania  di potere. Dopo la guerra del Golfo una parte del Kurdistan è stata liberata a prezzo altissimo del suo popolo, quel popolo che  da millenni vive su quella terra, ma che soltanto per un brevissimo periodo, ha potuto godere di libertà e autodeterminazione. Il resto della sua storia è fatto di guerra , sangue, oppressione, ingiustizia e dolore. Chi è in Occidente è a conoscenza del fatto  che i  Kurdi , pur stremati da anni di guerre contro Saddam, hanno avuto la forza di organizzare in pochi mesi libere elezioni, che hanno portato alla formazione di un Parlamento democratico, e poi di un  governo  che legifera e amministra il diritto, e si sforza di gestire le poche risorse del paese? Chi sa che al suo interno si lotta per mantenere in efficienza un sistema sanitario dignitoso, una pubblica istruzione accessibile a tutti, una libertà e pluralità di opinioni che si confrontano all’interno di un contesto di stampa e mass- media aperto ad ogni contributo? Ma soprattutto, chi conosce le disperate condizioni economiche che questa nuova realtà politica deve affrontare, privato di ogni risorsa, come petrolio, le vie di comunicazione e di commercio, ostacolato da una parte dal tiranno di Baghdad, dall’altra dagli assurdi provvedimenti di embargo decretati nell’ignoranza della reale situazione della regione irachena? Per questo occorre andare al di là della semplice cronaca e della doverosa e necessaria informazione, per effettuare un’analisi storico-politica più approfondita del fenomeno Kurdistan. Domandarsi chi sono i Curdi e cercare una risposta è già di per sé un segno importante di rispetto, democrazia e civiltà da parte di un popolo come quello italiano che dolorosamente conquistato la propria libertà verso un’altro popolo che da secoli la agogna senza averla ancora ottenuta.