[di SERGIO PARONETTO • 17.09.03] Sotto la schiacciante impressione prodotta dall'ostentazione di potenza, osservava Bonhoeffer, martire del nazismo, si viene spesso derubati della propria indipendenza interiore e si tende a rassegnarsi. Ma "per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in questa vicenda, ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene?"...

IL DIRITTO COME FIUME POSSENTE

Sotto la schiacciante impressione prodotta dall’ostentazione di potenza, osservava Bonhoeffer, martire del nazismo, si viene spesso derubati della propria indipendenza interiore e si tende a rassegnarsi. Ma “per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in questa vicenda, ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene?”. Come garantire, diremo oggi, il futuro della democrazia? Come non farsi derubare la dignità della coscienza morale? Oggi la questione morale si presenta sempre più come  questione democratica globale. La recente legge che blocca i processi di Berlusconi secondo molti autorevoli giuristi è passibile di censura per illegittimità costituzionale. Alla vigilia di un’importante sentenza, di fatto essa garantisce al capo del governo l’impunità, distrugge il valore dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, viola il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, annulla il diritto all’eventuale risarcimento per le vittime o per i danneggiati. Berlusconi dice spesso di essere un cittadino “più uguale” degli altri perché eletto dal popolo, come se il voto fosse una forma di assoluzione preventiva! Come se una pratica democratica fondasse un privilegio! Siamo al rovesciamento della politica intesa come  difesa della “dignità” del cittadino e costruzione del “bene comune”! Siamo ben lontani dalla  rimozione degli ostacoli che impediscono “il pieno sviluppo della persona umana” e “l’effettiva partecipazione” alla vita politica, economica e sociale (articolo 3 della Costituzione)!     Il “sovversivismo che viene dall’alto” ha ricadute devastanti ad ogni livello. Il cattivo esempio dei potenti diffonde un clima di confusione istituzionale, di insicurezza giuridica, di instabilità  sociale e di degrado civile. L’affarismo diventa arma di corruzione della democrazia che può generare, osservava lo studioso statunitense William Sumner (morto nel 1910), il governo dei ricchi, cioè “plutocrazia”.  Piegare la politica al proprio interesse e fare dei propri interessi una politica: ecco l’etica della plutocrazia, “la più sordida e degradante forma di forza politica mai vista”. Il nuovo potere autoritario che si va delineando, da tempo prefigurato nel programma della Loggia massonica P2, alla quale Berlusconi è stato iscritto, costituisce una sorta di  “metastasi della democrazia”.  Non è pericoloso solo dal punto di vista politico e giuridico ma anche da quello etico, culturale e pedagogico. Si ripercuote su altri provvedimenti (verso gli immigrati, l’informazione, servizi pubblici come scuola e sanità, l’azione internazionale, il ruolo dell’Europa). Chi gioca con l’illegalità costituzionale e diffonde messaggi di impunità per i più forti e i più furbi  ostacolerà qualunque progetto di educazione alla legalità. E’ estraneo all’idea che la legalità possa diventare costume civile e che ad essa ci si possa formare. Nei fatti propone un modello di vita civile basato sulla legge del più forte, del più ricco, del più potente, del più cinico. Offre un sistema di valori fondato sull’esibizione, sull’autocelebrazione, sull’arroganza, sull’intimidazione verso chi compie il proprio dovere o dissente.
La necessità di presentare un’immagine prestigiosa a livello europeo è del tutto strumentale. Gli interessi di un governo diventano più importanti delle “evidenze etiche”. L’idea di difendere a tutti i costi il  prestigio di una carica porta al “relativismo totale”. L’immagine conta più della sostanza etica.  Il vero “prestigio” è quello della gloria del diritto, diceva il filosofo Italo Mancini. Non siamo solo davanti a uno dei tanti strappi costituzionali ma anche a una norma che renderà impresentabile agli occhi dell’Europa il futuro presidente dell’Unione e determinerà una caduta di credibilità dell’Italia. La violazione dell’etica democratica era  già stata segnalata nel 2002 dal Parlamento europeo, dal Consiglio d’Europa  e dalla Commissione diritti umani dell’ONU a proposito del conflitto di interessi lesivo del pluralismo televisivo e dell’indipendenza della Magistratura.
La recente legge sull’impunità è l’ultimo capitolo di un assalto alla Magistratura e alla Costituzione orientato a costruire un nuovo regime populistico e autoritario. Alcuni dicono che è esagerato o prematuro parlare di “regime”. Ma il “punto di non ritorno” è per definizione irreversibile. Una volta che sia stato raggiunto, per molto tempo diventa impossibile o inutile protestare. Dovere civico è prevenirlo. Occorre vigilare sull’erosione graduale delle regole, sullo svuotamento delle istituzioni, sull’aggressione delle coscienze civili, sui rischi di assuefazione, sulle armi di distrazione di massa di cui è in possesso l’attuale comando dispotico dell’informazione, dell’economia, della politica.
E’ necessario mobilitarsi in tre direzioni: abrogare le leggi dell’impunità, promuovere un “Istituto nazionale per la difesa dei diritti umani” secondo il modello previsto dall’ONU e dalla sua “Carta dei difensori dei diritti umani” varata nel 1998, organizzare percorsi di educazione alla legalità costituzionale. E’ bene che i  vescovi italiani aggiornino le indicazioni del documento del 1991 “Educare alla legalità” e seguano il  monito del cardinale Dionigi Tettamanzi.  Nel dicembre 2002, l’arcivescovo di Milano osservava che “l’eclissi di legalità è l’eclissi della moralità”.  A suo parere, è necessario vigilare per non svendersi a nessuno.  E’ urgente  il “risveglio della coscienza morale” perché “uno dei mali più gravi della coscienza è che si ammutolisca e, anziché diventare un richiamo all’impegno personale e sociale, finisca per far cadere nella sordità di fronte all’aspetto morale”.  L’aggressione della coscienza può avvenire “dal di dentro” quando “il criterio delle scelte fatte non è il criterio della verità, ma del proprio interesse; non è il criterio di un servizio agli altri, ma di un proprio comodo” (“La Repubblica” 20.12.2002).
“La giustizia scorrerà come acqua e il diritto come fiume possente”, proclamava il profeta Amos. Luther King lo citava spesso per dare forza al suo sogno di libertà e di uguaglianza.  L’azione nonviolenta può salvare la democrazia. In ogni caso la espande e la irrobustisce. Nonviolenza è “forza della verità” e “potere dell’amore” che trasforma la vita. Gli operatori di pace sanno che pace e democrazia sono sorelle. Intendono resistere e progettare, “liberi e forti”, “ribelli per amore”.


Sergio Paronetto fa parte del Consiglio Nazionale di Pax Christi