[a cura del Team De Falco-Marotta • 10.10.03] Fra le molte  storie di confine che il cinema odierno ci narra, quella del film  "Le cerf-volant" (L'aquilone) della libanese Randa Chahal Sabbag (Leone d'Argento per il Gran Premio della Giuria a Venezia 60) è teneramente dolce. La sedicenne Lamia (Flavia Bechara) che ha un viso bellissimo e due occhi che sprizzano scintille, vive in un villaggio libanese -druso, a tiro di binocolo e di pallottole- da un altro villaggio annesso da Israele...

INCONTRO CON RONDA CHAHAL SABBAG: L’AMORE OLTRE IL FILO SPINATO

Fra le molte  storie di confine che il cinema odierno ci narra, quella del film  “Le cerf-volant” (L’aquilone) della libanese Randa Chahal Sabbag (Leone d’Argento per il Gran Premio della Giuria a Venezia 60) è teneramente dolce. La sedicenne Lamia (Flavia Bechara) che ha un viso bellissimo e due occhi che sprizzano scintille, vive in un villaggio libanese -druso, a tiro di binocolo e di pallottole- da un altro villaggio annesso da Israele.

Tra di loro, attraverso il megafono, spesso con esiti esilaranti e decisamente gustosi, si svolgono le comunicazioni di ogni genere, compresi gli accordi per i matrimoni decisi dai maggiorenti della Comunità. Il filo spinato  li divide. Un filo spinato che gli aquiloni che fanno volare i ragazzini del villaggio, tra cui vi è Lamia con il suo fratellino, non rispettano. Per comprendere al meglio la storia, immergervisi fino alle ossa- succede anche involontariamente, per l’atmosfera rarefatta, fantastica e così solidale che ha saputo creare la regista, è necessario sapere due o tre cose sui Drusi. Essi sono una minoranza del mondo arabo- musulmano insediata tra il sud del Libano, il nord di Israele e le alture del Golan (Israele- Siria). Vivono una realtà autonoma e abbastanza tradizionale, in quanto alle usanze e ai riti, tra cui il matrimonio e ai quali non si sottraggono neanche i giovanissimi che vedono la TV e vanno a scuola. I Drusi di Israele sono fedeli al governo ed effettuano il servizio militare, a differenza degli arabi- israeliani che invece sono esentati dalla leva. Può capitare, inoltre, che alcune famiglie siano di fatto divise dal confine israelo- libanese/siriano, zona nella quale operano anche degli osservatori dell’ONU.  L’intera fascia  è sempre attraversata da innumerevoli tensioni militari e caratterizzata da un sorta di intreccio etnico- politico. Le Cerf Volant è ambientato proprio in questa striscia geografica, dove vi è un confine controllatissimo e sigillato che divide due mondi e che per casi molto speciali e, dopo svariate autorizzazioni, può essere aperto. Lamia, secondo le usanze druse, viene inviata in  sposa al cugino che abita in Israele ma il suo cuore batte per un altro ragazzo druso. Nella situazione  in cui è costretta a vivere la fanciulla, tutto può diventare un dramma. Per raggiungere lo sposo, attraversa la terra di nessuno sorvegliata da uomini armati di entrambi i settori (toccante la scena in cui supera il filo spinato nel suo abito nuziale bianco); non ama il marito, però, ma un giovane militare arabo arruolato nell’esercito israeliano che ha visto solo da lontano. Fotografato accuratamente, interpretato da attori belli e  semplici, punteggiato da intermezzi comici e musicali, il film sembra un ultimo seguace di un neorealismo italiano del tempo che fu; inclusa la denuncia  strappalacrime per l’universale male che le “frontiere” (nel Golan come in Corea, in Palestina come al confine greco- turco) producono nella vita dei giovani.
 
Incontro con la regista
Randa Chahal Sabbag, una libanese dagli occhi azzurrissimi e dal sorriso accattivante, nata e cresciuta in Libano, ha saputo tenacemente maturare le sue scelte e i suoi ideali, tra cui il cinema. Ha vinto talmente tanti premi in giro per il Mediterraneo che, l’ultimo ricevuto a Venezia, per lei non sarà che un trampolino di lancio per dire che anche in questo campo “L’Oriente e l’Occidente si baciano”.
 
Randa, ci dice qualche particolare della sua vita?
Sono nata da padre libanese e da madre irachena, sono stata tutta la vita sopraffatta dai conflitti. Non ho mai potuto sfuggire a questo stato di allerta, alla sensazione permanente di pericolo, non ho mai potuto estraniarmi dalla guerra. Realizzando questo film, volevo imparare a non essere più in collera.
 
Nel suo film il filo spinato, incombe continuamente sui personaggi. Come mai?
Il filo spinato, inventato da un contadino dell’Illinois nel 1874, un certo J.F. Glidden, è uno strumento al più basso livello dell’ingegno meccanico che, in breve, diventa uno straordinario elemento di repressione. Questa corda del diavolo, flessibile, leggera, adattabile, a buon mercato, ha attraversato il tempo, senza una ruga. E’ tuttora efficace, malgrado l’emergere di tecniche ultra- sofisticate. Il filo spinato nel mio film, fa parte della storia di Lamia.
 
Perché ha chiamato il suo film “Le cerf volant”(L’Aquilone)?
Cercavo un simbolo di qualcosa di leggero, come uno spirito capace di volare attraverso i reticolati di filo spinato, attraverso le barriere. «L’aquilone» (Le cerf-volant) è un film sulle frontiere, materiali e no, che dividono i popoli.
 
Lei è libanese: com’è la situazione nel Paese e quali luoghi avete scelto per il film?
Abbiamo girato nel sud del Libano, vicino a una montagna sulla quale sono passati, secondo la tradizione, molti profeti, tra cui Abramo. Un posto dove sembra di poter toccare Dio con un dito, che solo da poco si può visitare, dopo che gli Israeliani si sono ritirati nel 2000. Com’è noto, il Libano è tranquillo ora, a parte la frontiera sud con Israele, dove ai tiri degli Hezbollah rispondono i raid israeliani.
E’ successo anche mentre eravamo là. Una sera, verso le 22, alcuni F-16 hanno fatto tre passaggi radenti sopra di noi. Poi abbiamo sentito degli obici. I libanesi, che sono abituati, si sono gettati a terra. I francesi (il film è una produzione francese) invece non hanno capito nulla, pensavano che fosse un’esercitazione. Ovviamente, i militari sapevano che stavamo girando un film, credo volessero farci conoscere che loro erano là.
 
Quali sono i problemi pratici che avete dovuto risolvere nel girare il film?
I primi ciak sono iniziati il 12 settembre 2001, il giorno dopo le Torri. Uno dei ragazzi di un villaggio vicino era tra i dirottatori, e si avvertiva una tensione enorme nella zona. Ma per fortuna tutto si è risolto alla meglio.
 
Lamia (la protagonista) supera i reticolati di filo spinato attraversandoli come un fantasma. E’ questo davvero l’unico modo?
Non è proprio un fantasma, è uno spirito. E’ una pura volontà che supera la realtà e raggiunge il suo innamorato. Con questo voglio affermare la grandezza dell’amore che sopravanza sempre qualsiasi ostacolo. Niente lo può fermare: né fili spinati, né armi, né differenze culturali.
 
Lei ha tratto il pretesto per il film dalla cronaca?
Quando Beirut fu divisa tra Est e Ovest, nel 1979 ebbi la necessità di passare da una parte all’altra. E quando mi trovai nella terra di nessuno, che era molto ampia, iniziai a correre, correre, correre. Finché un bambino con un gelato mi disse: “Perché corri così?” e io mi accorsi di essere dall’altra parte. Questo ricordo mi tornò più volte come un incubo. E se nel film ora racconto di una ragazza che attraversa la terra di nessuno, penso che si debba a questa mia esperienza. Nella realtà, in Golan le ragazze vanno davvero a sposarsi oltre frontiera, ma nessuna torna indietro come Lamia.
 
Alcune delle scene più divertenti sono nei dialoghi tra le donne libanesi da una parte all’altra della frontiera attraverso i megafoni. Perché ha scelto questo tono di commedia?
Sono scene reali, anche se nessuna donna, effettivamente, sposa la propria figlia parlando al megafono come nel film. Penso che nelle situazioni tragiche sia necessario sdrammatizzare: la guerra è così assurda che può diventare comica. Se non vi fossero queste involontarie scene paradossali, la vita sarebbe veramente un inferno. Per tutti.
 
Crede nel  processo di pace in Medio Oriente?
Mi spiace dirlo, ma penso che non ci sia nessun processo di pace. Gli animi di tutti sono sempre inquinati da un modo di comportarsi ideologico che vuole la guerra, la violenza, la separazione. Israele rifiuta  uno stato ai palestinesi e questi rispondono con i kamikaze. Ma la cosa più preoccupante è che in questo momento tutto il mondo è posseduto da un’ideologia guerresca.
 
Allora, un film come «L’Aquilone» , crede che possa aiutare gli uomini e le donne di oggi?
Ho fatto un film impegnato su una terra dilaniata da un conflitto. Bush ha diviso il mondo in due: tra buoni e cattivi, io sto con i buoni e lui è il cattivo. Ciascuno di noi deve scegliere e capire chi sono i buoni e chi i cattivi.
 
E i giovani?
Flavia Béchara(Lamia), dopo aver visto  il film mi ha detto: “Non credi che possa servire a far credere noi giovani in una speranza diversa?. Se per i più grandi è troppo tardi, forse esiste qualcosa di positivo per i ragazzi.
 
Scheda tecnica
«Le cerf-volant». Origine: Libano/Francia 2003. Regia: Randa Chahal Sabbag. Sceneggiatura: Randa Chahal Sabbag. Fotografia: Alain Levent. Scenografia: Sylvain Chauvelot. Montaggio: Marie-Pierre Renaud. Suono: Xavier Bonneyrat, Jérôme Ayasse, Fawzi Tabet. Musica: Ziad Rahbani.
Costumi: Claudia Bahls, Jamyang Choden. Interpreti: Flavia Bechara, Maher Bsaibes, Ziad Rahabani. Produttore: Humbert Balsan. Produzione:
Ognon Pictures, Ulysse Productions. Coproduzione: Leil Productions, Gimages Films, Arte France Cinema, Soread 2M.