[di Giuliana Sgrena • 2001] Spostare il vertice Fao è estremamente grave, il governo italiano vuole scaricare sul sud i problemi della povertà come ha fatto il G8, che ha concesso solo elemosina. Per risolvere i problemi della fame occorre rimettere in discussione le regole del mercato". Abbiamo raggiunto, telefonicamente, Alex Zanotelli a Nairobi. Ha appena letto sul Daily Nation la notizia che il vertice della Fao di novembre potrebbe tenersi proprio in Kenya "perché - scrive il giornale - il governo italiano non vuole tenere un altro summit internazionale in Italia dopo la violenza scoppiata a Genova".

INTERNAZIONALE – LA FAME DI BERLUSCONI; INTERVISTA AD ALEX ZANOTELLI

Che cosa ne pensa di questa sortita di Berlusconi? E’ estremamente grave e vuol dire prima di tutto che Berlusconi è rimasto profondamente scioccato da Genova. Non voglio esprimermi sul problema della violenza perché ho ricevuto solo dei rapporti frammentari, ma sicuramente questa ha offuscato una organizzazione e molta gente che voleva manifestare seriamente. Genova ha colpito profondamente Berlusconi che non vuole contestazioni. Per cui rimuovere un vertice di tale importanza da Roma, dove c’è il quartier generale della Fao, e portarlo a Nairobi o in un’altra città del sud del mondo, mi sembra una decisione politica estremamente grave sia sul piano interno che internazionale: è una dimostrazione del suo atteggiamento nei confronti di alcune realtà. Dopo aver detto che a Genova si erano affrontati i problemi dell’Africa, ora si vuole allontanare un vertice che dovrebbe entrare nel merito dei problemi. Se lo scopo di questo vertice è quello di dimezzare il numero di chi soffre per fame entro il 2015, mi sembra un obiettivo decisivo per l’Africa. Comunque, la mia reazione sul vertice del G8 di Genova è stata di profonda delusione per le decisioni prese. I soldi stanziati – 1 miliardo e 300 milioni di dollari – per combattere le malattie infettive e l’Aids sono solo elemosina, una colletta dei grandi per i poveri di questo mondo. E’ ora di finirla con la carità, non è questo il modo di affrontare il problema. Agli otto grandi si chiedeva una decisione politica per lottare contro l’Aids. La risposta era molto semplice: si trattava, mercato o non mercato, di chiedere alle case farmaceutiche di ridurre al minimo i prezzi delle medicine perché diventino accessibili alla maggior parte dei 24 milioni di malati di Aids che ci sono in Africa. Togliere i brevetti e non fare l’elemosina con 1 miliardo e 300 milioni di dollari, una miseria se pensiamo che spendiamo 900 miliardi di dollari all’anno in armi e 13 miliardi, solo in occidente, di cosmetici. Quindi il problema della povertà e dell’Aids in Africa non è stato preso seriamente in considerazione dal G8, è pura illusione quella che si è fatta apparire a Genova. L’intenzione di Berlusconi di trasferire il vertice è un’altra dimostrazione di scarsa considerazione? Mi sembra che, alla conferenza stampa con Bush, Berlusconi abbia detto che attraverso questa economia che abbiamo, globalizzata e globalizzante, certamente i poveri usciranno dalla loro povertà e dalla loro miseria. Si ritorna alla vecchia teoria delle gocce che cascano giù e favoriscono i poveri, una teoria che si è dimostrata in questi cinquant’anni una grande falsità storica. A Nairobi sono arrivate le notizie di Genova? I giornali ne hanno parlato solo un po’, anche perché di problemi qui ne hanno tanti… Il Kenya accetterebbe il trasferimento a Nairobi? Penso che il Kenya non avrebbe problemi, visti i soldi – e sono introiti in dollari – che entrano con le conferenze internazionali. Per venire al vertice Fao – che non è la stessa cosa del G8, anche le proteste non avrebbero lo stesso segno – ma non c’è dubbio che anche nella Fao se non c’è una volontà politica dei paesi ricchi, si richiano obiettivi non realizzabili o fallimentari. Sarò ancora una volta brutale. Anche un vertice Fao non può far nulla, ricordiamoci che da molti anni ormai sta lavorando e facendo promesse mai mantenute. Degli stessi fondi Fao – quelli stanziati dai governi – l’80% viene usato per il mantenimento delle strutture. Le agenzie dell’Onu sono strutture elefantiache il cui costo di mantenimento è notevole, lo dicevamo già quando stavo a Nigrizia e non vediamo nessun cambiamento. Per cui un vertice Fao è praticamente inutile perché non ha potere decisionale sul piano politico, sono i governi che decidono. Tutto l’apparato organizzativo delle Nazioni unite è ormai parte integrante del sistema dell’economia mondiale, non è alternativo: è il sistema che si autogenera. Voler sfrattare il vertice non è simbolicamente molto negativo? E’ una decisione politica molto grave. Pensavo che Silvio Berlusconi fosse molto più intelligente. E’ chiaro che una decisione del genere, se portata avanti, gli creerà ulteriori problemi: aumenterà l’opposizione della maggior parte della gente che è andata a Genova, profondamente motivata; questo movimento non è una questione di partiti o di organizzazioni sovvenzionate dallo stato, si basa su idealità, contesta il sistema e di fronte a molta gente che soffre cerca di reagire. Questa è la forza morale del movimento, un movimento inarrestabile, Berlusconi può fare quello che vuole ma più decisioni del genere prenderà e più questo movimento troverà forza, perché si convincerà sempre più di avere ragione. Se tu dovessi proporre al prossimo vertice Fao un obiettivo determinante per far fronte alla fame nel sud del mondo che proporresti? Il problema è questo: nessuno vuole rimettere in discussione le regole del mercato, non abbiamo il coraggio di mettere al primo posto l’uomo, l’uomo che soffre, e poi trovare le regole, abbiamo bisogno di regole che però servano all’uomo e non che lo vendano in nome del mercato. Ci troviamo di fronte a una realtà mondiale assurda: 30/40 milioni di persone l’anno muoiono di fame mentre noi buttiamo via il cibo. Quindi bisogna ripensare le leggi del mercato in funzione dell’uomo, ripensare al tipo di agricoltura. E’ ridicolo che si punti il dito sui paesi poveri mentre negli Stati uniti i contadini sono sovvenzionati dal governo federale per non produrre. Un altro esempio: il Kenya, ora sta esportando tè, caffè e anche fiori, ma mentre fino alla metà degli anni 80 era autosufficiente in chiave alimentare, ora importa dal 60 all’80% del proprio fabbisogno, è inevitabile se si produce in funzione dell’esportazione per ottenere valuta pregiata per pagare i debiti o i macchinari. E sono chiarissime le conseguenze: per molti sarà la fame. Occorrono decisioni politiche, non carità, si deve ripensare veramente all’economia globale ma non in funzione di quel 20% che si pappa l’80-82% dei beni di questo mondo, ma in funzione di tutti. Il vertice Fao non lo potrà fare perché i governi lo impediscono. Se non si affrontano i problemi alla radice i vertici serviranno da passerella dei grandi, magari anche con qualche bel discorso, come quello di Fidel Castro all’ultimo vertice di Roma, ma alla fine senza conseguenze.