[M.M. volontaria in servizio civile internazionale presso l'associazione Papa Giovanni XXIII • 07.01.04] Il 4 Gennaio 2004, la Corte Militare di Jaffa ha condannato ad un anno di prigione cinque obiettori di coscienza che rifiutano di arruolarsi nell'esercito israeliano. Un anno di prigione che si aggiunge al periodo di detenzione, di oltre un anno, gia' scontato dai giovani ragazzi...

ISRAELE. CINQUE OBIETTORI DI COSCIENZA CONDANNATI AD UN ANNO DI PRIGIONE

Tel Aviv – Il 4 Gennaio 2004, la Corte Militare di Jaffa ha condannato ad un anno di prigione cinque obiettori di coscienza che rifiutano di arruolarsi nell’esercito israeliano. Un anno di prigione che si aggiunge al periodo di detenzione, di oltre un anno, gia’ scontato dai giovani ragazzi.
Haggai Matar, Noam Bahat, Shimri Tsameret, Adam Maor e Matan Kaminer, chiamati alle armi nell’autunno del 2002 e sotto processo dinanzi la Corte Marziale dal Marzo 2003, rifiutano di prestare servizio militare perche’ contrari all’occupazione. Essi oppongono il proprio rifiuto di svolgere servizio militare sia nei Territori Occupati che altrove: ”qualunque azione posta in essere in seno all’esercito ha a che fare con l’occupazione”, spiega infatti Haggai Matar.
”Il Paese sta affrontando un periodo di lotta e di terrore in cui molti hanno perso la vita” ha detto il Giudice scorrendo la sentenza. ”Questo periodo richiede una particolare unita’ sociale che i renitenti alla leva stanno compromettendo”. ”La liberta’ di coscienza deve essere bilanciata con altri interessi, primo fra tutti la sicurezza dello Stato” aveva affermato lo stesso durante la scorsa udienza, ”concedere l’esenzione dal  servizio militare ai cinque significa mettere in pericolo l’intero Paese”. ”Inoltre” aveva detto la Corte ”nel tentativo di coinvolgere altri giovani e l’opinione pubblica, i cinque stanno compiendo un’azione di disobbedienza civile volta a cambiare la politica del Governo, piuttosto che un atto di coscienza”. ”La condanna ad un anno di prigione vuole essere un avvertimento, una punizione esemplare” sostiene Anat Matar, madre di Haggai. ”Se pensano che questa decisione possa scoraggiare il movimento dei refusenik” hanno dichiarato i cinque alla fine del processo ”si sbagliano! Avremmo potuto opporci al servizio militare in silenzio, e ottenere l’esenzione facilmente. Abbiamo scelto invece la strada piu’ difficile gridando ad alta voce il nostro rifiuto, e di questo siamo orgogliosi”.
Nel frattempo, da piu’ parti si levano voci in supporto dei giovani obiettori: il parlamentare israeliano Roman Bronfman ha scritto una lettera indirizzata al Generale Gil Regav, capo della dipartimento delle risorse umane dell’esercito israeliano, chiedendo di commutare la condanna ad un anno di prigione in servizio civile, cosi come richiesto piu’ volte dai cinque. ”Mettere in prigione questi giovani non contribuisce al benessere dello Stato d’Israele” ha affermato il deputato in un articolo comparso nel quotidiano Haaretz, ”e’ tempo di sfruttare le loro abilita’ in modo alternativo, permettendo loro di svolgere servizio civile per un periodo corrispondente a quello del servizio militare”. ”Essere pronti ad uccidere quando viene dato l’ordine o prendere parte ad un’occupazione che viola la dignita’ umana, sono atti di profonda rilevanza per chi li compie” sostiene Joseph Raz, professore di filosofia della legge presso l’Universita’ di Oxford. ”Per questo, il diritto all’obiezione di coscienza nei confronti di tali atti deve avere la precedenza sull’obligazione legale di realizzarli”. I ragazzi inizieranno a scontare la loro pena mercoledi prossimo nella prigione Athlit. Una manifestazione di solidarieta’ e’ stata organizzata per il 10 Dicembre di fronte la prigione. Quanto all’altro processo in corso, quello contro il pacifista Yoni  Ben-Artzi, non e’ stata ancora pronunciata la pena. La sentenza di condanna era stata emessa lo scorso 12 Novembre.

(M.M. volontaria in servizio civile internazionale presso l’associazione Papa Giovanni XXIII)