[Segreteria CGIL scuola • Verona, 21.10.01] Ognuno di noi, in questi giorni, in queste settimane, ha avuto modo di vedere, ascoltare, leggere, riflettere. Spesso ci siamo trovati forse storditi, forse “soli” con le nostre riflessioni, con la sensazione di impotente solitudine di fronte al vorticoso e caotico precipitare degli avvenimenti, soli con l’esigenza di capire, comunicare e far pesare le nostre convinzioni…

LA GUERRA CHE VERRA’

Ma i centri delle decisioni e del potere sembrano collocarsi a livelli troppo lontani, fuori portata… E tuttavia, proprio nel momento in cui la situazione sembra diventare troppo complessa, proprio allora va recuperata l’essenzialità dei concetti del nostro sentire, il significato elementare delle parole. Guerra è guerra, nonostante il goffo tentativo di travestirne e nasconderne il significato con sinonimi e aggettivi di vario genere. E alla semplicità terribile di questa parola noi contrapponiamo la parola pace, volontariamente e coscientemente ignorando i fiumi di argomentazioni storiche, socio- economiche, politiche… certamente importanti, utili e necessarie ma soltanto se non cancellano la consapevolezza della cruda realtà: guerra è guerra. E a chi lavora nella scuola, a chi ha il compito primario di formare i giovani alla conoscenza, al confronto… il compito di formare “l’uomo e il cittadino”, chiediamo di aprire spazi all’analisi, al dibattito, al confronto. Nella propria classe, durante le lezioni, nel proprio intervento pedagogico quotidiano. Chiediamo di far diventare la scuola, la classe, luogo e momento di ascolto disponibile e rispettoso di vissuti, di pensieri, di storie diverse. Qualcuno forse pensa che la scuola di altro si debba occupare, che il dibattito e il confronto su quanto sta avvenendo appartenga “al mondo della politica”, dei professionisti della politica, e che sia quindi estraneo ai compiti primari del lavoro di chi insegna: sta avanzando in modo dilagante il tentativo di espropriare la scuola del compito fondamentale della formazione. E cosa dovremmo dire noi insegnanti alle giovani generazioni che chiedono di capire, di confrontarsi su quanto sta avvenendo? Dovremmo rispondere che questo non è compito della scuola? Che compito fondamentale sono… le tre “i”: impresa, internet, inglese? La cruda, tragica realtà di quanto sta avvenendo in questi giorni rivela la vacuità, la strumentale pericolosità di questi slogan che sovvertono concettualmente la natura stessa della scuola così come è definita nella nostra costituzione. Saremo in grado di opporre cultura aperta alle differenze e concreta pratica pedagogica a questa deviante tendenza? (La Segreteria CGIL scuola – Verona)