Ma i centri delle decisioni e del potere sembrano collocarsi a livelli troppo lontani, fuori portata… E tuttavia, proprio nel momento in cui la situazione sembra diventare troppo complessa, proprio allora va recuperata l’essenzialità dei concetti del nostro sentire, il significato elementare delle parole. Guerra è guerra, nonostante il goffo tentativo di travestirne e nasconderne il significato con sinonimi e aggettivi di vario genere. E alla semplicità terribile di questa parola noi contrapponiamo la parola pace, volontariamente e coscientemente ignorando i fiumi di argomentazioni storiche, socio- economiche, politiche… certamente importanti, utili e necessarie ma soltanto se non cancellano la consapevolezza della cruda realtà: guerra è guerra. E a chi lavora nella scuola, a chi ha il compito primario di formare i giovani alla conoscenza, al confronto… il compito di formare “l’uomo e il cittadino”, chiediamo di aprire spazi all’analisi, al dibattito, al confronto. Nella propria classe, durante le lezioni, nel proprio intervento pedagogico quotidiano. Chiediamo di far diventare la scuola, la classe, luogo e momento di ascolto disponibile e rispettoso di vissuti, di pensieri, di storie diverse. Qualcuno forse pensa che la scuola di altro si debba occupare, che il dibattito e il confronto su quanto sta avvenendo appartenga “al mondo della politica”, dei professionisti della politica, e che sia quindi estraneo ai compiti primari del lavoro di chi insegna: sta avanzando in modo dilagante il tentativo di espropriare la scuola del compito fondamentale della formazione. E cosa dovremmo dire noi insegnanti alle giovani generazioni che chiedono di capire, di confrontarsi su quanto sta avvenendo? Dovremmo rispondere che questo non è compito della scuola? Che compito fondamentale sono… le tre “i”: impresa, internet, inglese? La cruda, tragica realtà di quanto sta avvenendo in questi giorni rivela la vacuità, la strumentale pericolosità di questi slogan che sovvertono concettualmente la natura stessa della scuola così come è definita nella nostra costituzione. Saremo in grado di opporre cultura aperta alle differenze e concreta pratica pedagogica a questa deviante tendenza? (La Segreteria CGIL scuola – Verona)
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