LA «LETTERA» DI ETTORE MASINA

C’è stato un tempo, circa vent’anni fa, in  cui, andando all’estero, i miei colleghi ed io ci sentivamo chiedere. «Ah, lei è un deputato italiano? Come sta Cicciolina?». Io rispondevo che la democrazia italiana era così salda da potersi permettere di avere in parlamento anche una pornodiva. Detestavo i radicali (li detesto ancora) per questa stupidissima goliardata (erano stati loro a eleggere l’inconsueta parlamentare: sessocrazia vs partito-crazia) ma ammettevo che in tutti i parlamenti entrano spesso persone moralmente assai  più riprovevoli: dopo tutto, una spogliarellista fa commercio del proprio corpo ma certi uomini di potere comprano e vendono i destini della povera gente. Adesso il sorriso degli stranieri continua ad essere ironico, ma con un’ombra di inquietudine: «Ah, lei è italiano? E come sta Berlusconi?». Sarà che i corrispondenti da Roma e da Strasburgo sono tutti pericolosi bolscevichi in trasferta, ma in  giro per il mondo, e soprattutto in Europa, il nostro premier è conosciuto non soltanto come plurimiliardario ma anche come macchietta. È il politico che racconta infami barzellette sui malati di AIDS, fa le corna a chi gli sta davanti in una molto ufficiale foto di gruppo di governanti del continente, insulta un parlamentare europeo che ha osato porgli domande scomode, dichiara di avere esercitato il suo fascino di macho sulla presidente della Finlandia, gongola nel dare pacche sulle spalle all’ex agente del KGB (e dunque bollitore di bambini) Vladimir Putin, e guarda con sguardo scodinzolante il suo legnoso amico Georges W.

Stamattina (9 aprile 2006, ndr) nostra figlia è arrivata da Monaco di Baviera, portandoci i quotidiani tedeschi: Berlusconi vi è raffigurato come uno di quei venditori di cartoline pornografiche che le mostrano ai possibili clienti aprendo per un istante il proprio cappotto: solo che in questo caso il nostro premier vende i propri ritratti. La stampa europea è unanime nel bonario disprezzo. Autore di pagliacciate, lo definisce lo spagnolo «El País».

PERSONAGGI

Se poi Berlusconi compare in pubblico insieme al suo governo, l’estetica politica e la nostra buona fama all’estero ne rimangono confuse e contuse. Fatto subito fuori perché troppo saggio e dignitoso il ministro Ruggiero, intorno a Berlusconi si sono andati assiepando personaggi come il tetro Martino, lo spocchioso Scajola (quello che definì “rompicoglioni” il professor Biagi, lasciato uccidere perché senza scorta), il bonario Buttiglione, bocciato in sede europea per le sue dichiarazioni sui diritti umani, il festoso Giovanardi che ha accusato di nazismo il parlamento olandese, il portavoce Bondi, il cui volto evoca irresistibilmente altre rotondità, il livido Schifani. che chiamò la polizia perché la “maschera” di un cinema si era permessa di contraddirlo; e, ancora, il compagno di merende massoniche nella P2  Fabrizio Cicchitto. Il virtuoso Previti, sodale di giudici perbene e massacrato da quelli in toga rossa, l’amico del cuore Marcello Dell’Utri, condannato a 9 anni per «consapevole e volontario rafforzamento della mafia». Poi ci sono il povero Bossi, difensore dell’acqua benedetta quando non è impegnato con l’acqua del Po dei suoi riti celtici; il giulivo Calderoli, che ha reso più popolare l’Italia nei paesi arabi con le sue (come dire?) esuberanze davanti alla platea del TG1; il ministro di Grazia e Giustizia Castelli, che odia la grazia e vorrebbe una giustizia che metta i rei in galera e getti la chiave; il raffinato Storace così generosamente attento alle parole dei suoi avversari. Infine – nonostante tutto accanto a lui – la signora Mussolini con i suoi simpatici ragazzi della Hitlerjugend nostrana… Come mi piacerebbe poter dire ai miei amici stranieri: questa gente l’abbiamo mandata a casa.

INQUINAMENTI

E tuttavia se anche, domani, a vincere sarà l’Italia democratica (confesso il mio pessimismo), neppure allora potremo abbassare la guardia. Comunque vada, a casa non riusciremo a mandarli: non solo perché sono così ricchi e potenti ma perché hanno profondamente inquinato l’anima e l’intelletto del nostro Paese. Berlusconi ancora ieri l’altro chiedeva rispetto per la sua carica costituzionale ma se c’è stato un esponente di governo lontanissimo dal rispetto per la Costituzione, è stato lui. Giurerei che non ha mai letto la Carta fondamentale del nostro Stato. L’ha guardata da lontano, con noia, perché d’intralcio alla sua autosufficienza e alle mene dei suoi devoti alleati, i leghisti. Per coccolare questi ottusi razzisti ne ha imposto lo sfregio ai democristiani del suo schieramento. Con qualche contorcimento e gemito, essi hanno accettato: così come con contorcimenti e gemiti hanno accettato le vergognose leggi ad personam, anzi ad personas perché a quelle salva-Silvio si sono aggiunte quelle salva-Previti.

L’aggressione alle leggi spudoratamente agìta e quella incessante alla magistratura non poteva non portare a un ottundimento dell’etica pubblica e della cultura nazionale. Berlusconi, del resto, aveva già corroso la nostra democrazia molto prima di inventare il suo partito-azienda. Se il cardinale Ruini avesse dato di quando in quando un’occhiata ai programmi televisivi di Mediaset forse sarebbe stato un po’ più cauto nel manifestare tanta simpatia per il cavaliere di Arcore. A che serve ottenere aiuti (incostituzionali) per le scuole cattoliche se poi i ragazzi che le frequentano, così come tutti i loro coetanei, sono “acculturati” da programmi come il Grande Fratello o dai bla bla di Maurizio Costanzo e della sua gentile Signora che certo di etica civile non conoscono neppure il significato? La televisione pubblica, per sopravvivere, è stata costretta ad abbandonare largamente la funzione culturale per la quale era stata creata, sprofondandosi nel banale, nel grassoccio, nel linguaggio casermizio.

CERTI SILENZI

La gerarchia ecclesiastica italiana è stata, purtroppo, tristemente inerte, o peggio, davanti ai guasti del berlusconismo e dei suoi alleati. Aveva insegnato il Concilio: «La Chiesa si serve delle cose temporali nella misura che la propria missione richiede. Tuttavia essa non pone la sua speranza in privilegi offertile dall’autorità civile. Anzi essa rinunzierà all’esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso potesse far dubitare della sincerità della sua testimonianza». Ebbene, il cardinale Ruini e non pochi vescovi italiani dovrebbero rendersi conto che molti nostri connazionali si domandano se certi silenzi e, per contro, certe predicazioni monche, centrate e limitate soltanto su alcuni problemi della vita morale, non siano segni di un attaccamento a certi privilegi. Come si può annunziare agli italiani il messaggio evangelico, tacendo che il governo nazionale e la maggioranza parlamentare lo stravolgono, per esempio con la legge sulla cosiddetta legittima difesa e spargendo a piene mani l’odio per lo straniero, il diverso e il deviante? E la guerra? Sua Eminenza si fa cappellano dello Stato alla celebrazione dei funerali ecclesiastici (con squilli di tromba e presentat’arm al Cristo eucaristico!) per i poveri morti di Nassiriya e li chiama operatori di pace. Ma il cardinale non può non sapere quello che Berlusconi e i suoi ministri sanno benissimo: i soldati italiani sono stati incardinati nello schieramento britannico, forze d’occupazione. Sta soltanto nell’occuparsi degli embrioni la difesa della vita? La precarizzazione dei giovani, il costante impoverimento delle famiglie, non attengono alla vita?

AMICI

Non ho ancora fatto i nomi di Fini, di Casini e di Pera. Anche questi non riusciremo a mandarli “a casa”, neppure se l’Unione vincerà le elezioni. Se Berlusconi dovrà cedere il bastone del comando, anzi, la posizione di Fini, tanto più politicamente astuto, riceverà nuovo crisma. L’uomo è abbastanza spregiudicato per “defascistizzare” ulteriormente il suo partito e diventare il leader di una destra meno aziendale e avida e arrogante, ma altrettanto pericolosa. Fini è certamente un uomo che tiene la democrazia come uno schermo con cui coprirsi. È  il leader che stava nella “centrale operativa” della repressione a Genova, nei fatti del settembre 2001. Mi pare significativo.

Per essere un uomo così importante, Casini, avendo soltanto 51 anni, è giovane. È un grande camminatore: è riuscito a transitare per tutte le correnti della vecchia DC. Era un bel ragazzo quando, figlio d’arte, è stato eletto la prima volta alla Camera; adesso il suo volto, sotto le due folte sopracciglia, ha peso ogni innocenza. Diceva Emerson che dopo i quarant’anni ognuno è responsabile della propria faccia (io evito di guardarmi allo specchio…): quando tuona in difesa della famiglia o ripete parole che furono di De Gasperi, di Moro o di Zaccagnini siamo in molti a vedere sulla faccia di Casini l’ombra della insincerità piuttosto che la passione civile e religiosa di quelli che dovrebbero essere i suoi antenati. Della vecchia DC, infatti, Casini ha conservato piuttosto la capacità di tessitore di piccoli  e grandi inganni, che fu di Andreotti, di Forlani, di Rumor; ma anche costoro avevano un senso dello Stato e delle istituzioni che a lui pare desueto. Scalpita dietro l’ombra di Berlusconi; lo segue, come s’è visto in questi mesi, nella calunnia degli avversari, nella manipolazione della verità e negli appelli ai moderati, ma spera di succedergli e agisce di conseguenza. Non ha, io credo, grandi doti; ma continua a incarnare una possibilità di ritorno dello Scudo Crociato.

E Pera? No, non l’ho dimenticato, anzi lo considero particolarmente nefasto. L’altro giorno è morto il segretario particolare di un papa. Ripensando alla sua figura e ai rapporti che ho avuto con lui, ho nuovamente considerato quanto siano importanti le persone che hanno frequentazione con i pontefici. L’amicizia che Benedetto XVI dimostra a Pera mi pare fra le caratteristiche più inquietanti del pontificato ratzingeriano. Il movimento “occidentalistico” che l’ex laicista ha fondato avrà certamente nel futuro prossimo una grande importanza. (Quanto alla dignità e imparzialità con cui Pera ha retto il Senato, vi invito a leggere la testimonianza del senatore Nando Dalla Chiesa, in calce al mio scritto).

La presenza di questi signori e la massa di voti che certamente in queste ore essi stanno raccogliendo, insieme con gli errori micidiali compiuti dall’Unione, a cominciare dalla scelta dei candidati, sono testimonianze della gravità della crisi politica della nostra nazione. Vittoriosi o sconfitti, è necessario che ne prendiamo pronta coscienza e che usciamo dalla nostra inerzia. Vi sono ideali che se non vengono vissuti con coerenza, testimoniati nella quotidianità, “scadono” come certi medicinali. Non possiamo più continuare a lamentarci dell’inefficienza, o peggio, dei partiti tradizionali; se pensiamo impossibile farne parte, cerchiamo nuove forme di aggregazione, da vivere inserendole ai primi posti delle nostre agende. Chiariamoci a noi stessi: che cosa desideriamo veramente? Che vuol dire essere di sinistra? Nel corso del suo duello con Prodi, Berlusconi ha citato come uno scandalo vergognoso che vi sia chi pensa che il figlio di un operaio possa essere considerato pari al figlio di un professionista. Ecco un esempio chiarificatore. E ancora: dobbiamo essere più informati, non rimanere soggetti alla schiacciante prevalenza “berlusconiana” dell’informazione che riceviamo gratuitamente; dobbiamo stringere maggiormente le nostre amicizie e nel contempo allargarne la cerchia; dobbiamo creare nuove occasioni culturali. Se siamo cristiani, dobbiamo coinvolgere maggiormente le nostre comunità di fede nei problemi della povertà, della giustizia, dei diritti umani. Che se poi, a questo elenco di cose da fare, rispondiamo che non  abbiamo tempo di fare più di quello che già facciamo, allora siamo già sconfitti anche se domani sera stapperemo le bottiglie dell’allegria.

Ettore Masina

 

Nando Dalla Chiesa

HO VISTO

Ho visto approvare in Parlamento la legge sul falso in bilancio il giorno dopo l’11 settembre. Di corsa, per onorare con il nostro lavoro – così ci venne detto –  i morti di New York. Ho visto la commissione giustizia del Senato prolungare i suoi lavori dopo la mezzanotte per tre leggi in cinque anni: per il falso in bilancio, per la Cirami, per l’immunità delle più alte cariche dello Stato.

Ho visto aprire l’ultima legislatura con una legge ad personam, quella che abolisce l’imposta di successione sui patrimoni più grandi. E l’ho vista chiudere con una legge ad personam, quella che abolisce l’appellabilità delle sentenze di assoluzione.

Ho visto il Parlamento decidere quali magistrati possono o non possono restare in servizio alzando e abbassando l’età pensionabile secondo le convenienze: fuori Borrelli dentro Carnevale.

Ho visto il Parlamento decidere quali magistrati possono dirigere gli uffici giudiziari più delicati. Insomma, ho visto il Parlamento scegliere i giudici.

Ho visto più di mezzo Senato applaudire in piedi l’appoggio alla guerra preventiva in Iraq. Ho visto la standing ovation della maggioranza e i sorrisi di festa, in attesa dei bombardamenti dei giorni dopo. Ho visto sbeffeggiare le senatrici che si battevano per le quote rosa. Le ho viste sommerse dagli sberleffi della maggioranza. Le ho sentite chiamare “vacca” e “gallina”.

Ho visto togliere ai giudici di pace la competenza sugli incidenti stradali più gravi. Lavoravano troppo velocemente creando problemi alle assicurazioni. Anche alla Mediolanum.

Ho visto portare nel Parlamento repubblicano una legge per equiparare le brigate nere di Salò ai combattenti delle forze armate e ai partigiani.

Ho visto violare il regolamento del Senato anche sei volte in due giorni. Ho visto violare la Costituzione in presenza della seconda autorità dello Stato. A volte invocando precedenti inesistenti. Altre volte senza precedenti.

 

Ho visto un parlamentare svenire a un passo dall’infarto per l’indignazione, di fronte al numero legale ottenuto più volte senza pudore. L’ho visto steso a terra, insultato e fischiato dagli avversari che lo accusavano di far perdere tempo.

Ho visto censurare o bloccare negli uffici interrogazioni critiche verso il governo o verso esponenti della maggioranza; ho visto funzionari solerti mutilare i diritti costituzionali dei parlamentari. Ho visto rifare mezza Costituzione, come niente, da personaggi senza storia. Per liberare da ogni controllo di garanzia e da ogni contrappeso il potere di chi vince le elezioni. Per mettere lo Stato ai piedi dell’uomo più ricco  e potente del paese.

Ho visto barattare pubblicamente in aula l’unità del Paese con gli interessi televisivi del Capo del Governo.

Ho visto un senatore votare per cinque, per dare alla sua maggioranza il numero legale. Ho visto tollerare anche quindici voti di assenti per volta.

Ho visto stabilire il tempo massimo di un giorno per discutere in seconda votazione la riforma di mezza Costituzione.

Ho visto fischiare in un’aula parlamentare il Capo dello Stato mentre il presidente del Senato leggeva il testo del rinvio alle Camere della legge di riforma dell’ordinamento giudiziario.

Ho visto scritto nella relazione ufficiale della commissione antimafia che la mafia non porta voti, che il controllo del voto da parte di Cosa Nostra è «uno dei miti più a lungo e pervicacemente sostenuti».

Ho visto Giovanni Falcone commemorato sull’autostrada per Punta Raisi, località Cinisi, da un ministro che aveva sostenuto che dobbiamo convivere con la mafia.

Ho visto un ministro definire il carcere di Cagliari un albergo a cinque stelle pochi giorni prima che vi si uccidessero due detenuti. Ho visto leggi importanti e sulle quali era stata annunciata una dura opposizione votate in Senatoalla presenza di poche decine di esponenti della minoranza.

Ho visto decine di senatori dell’opposizione lavorare seriamente ed essere trattati come incapaci o complici del governo. Ho visto sospetti ingiusti. Ho visto fiducie ingiuste.

Ho visto uomini dello Stato oggetto di insolenze e di accuse sanguinose, grazie a un uso prepotente della immunità parlamentare.

Ho visto chiamare tutti i manifestanti di Genova violenti e terroristi e assicurare ufficialmente che nel carcere di Bolzaneto non ci furono violenze. Ho visto negare una commissione d’inchiesta su Genova per non interferire con il lavoro della magistratura. Ho visto dimenticare questo principio per istituire la commissione Telekom Serbia.

Ho visto ridere in faccia alla richiesta di maternità o paternità assistite di persone non felici.

Ho visto esibire i fazzoletti padani a un metro dal tricolore sulle bare nei funerali di Stato.

Ho visto prolungare la durata del Parlamento per uso personale. Per ottenere l’impunità in un processo, per monopolizzare le televisioni.

Così ho visto sfregiare, nel mio Paese, il più grande simbolo della democrazia.

Nando Dalla Chiesa