«Rwanda» (tratto dall’album «Tra i fuochi in mezzo al cielo» 2005) è la canzone vincitrice del Premio Amnesty Italia. La sua autrice è Paola Turci premiata in quanto il testo sa affrontare il tema dei diritti umani con sensibilità senza dimenticare la denuncia. Una canzone che ricorda all’opinione pubblica il genocidio dei 100 giorni, durante il quale, nel 1994, nel paese africano venne sterminato quasi un milione di persone.
«Rwanda» parla delle donne che hanno perso tutto, dei fiumi dalle acque rosse del sangue dei cadaveri, del traffico irresponsabile di armi che permise il genocidio, delle responsabilità della comunità internazionale, che non intervenne per fermarlo. [Anche per ricordare tutto ciò, vorrei prossimamente dar voce a storie e testimonianze di donne africane…].
Il prestigioso premio, indetto dalla Sezione Italiana di Amnesty International e «Voci per la Libertà», viene assegnato ogni anno al brano che meglio ha saputo affrontare il tema dei diritti umani. A vincere le tre edizioni precedenti erano stati «Il mio nemico» di Daniele Silvestri (2003), «Pane e coraggio» di Ivano Fossati (2004) ed «Ebano» dei Modena City Ramblers.
Ecco il testo completo di «Rwanda»
Volevo vivere la mia esistenza
Lavorando e amando
Come ho sempre saputo fare
Come ho sempre saputo fare
Ma la guerra ha scelto per noi
Con le sue leggi senza senso
E il paradiso è diventato inferno
Sentirsi diversi e mostrarsi uguali
Ma come si vive se non puoi respirare
Ma dimmi come si vive senza ossigeno
Ci hanno chiamati per definizione
Un avanzo dell’ umanità
E cosa ancora peggiore
Ci hanno lasciati soli in balìa del vento
E il fiume ora spinge i suoi morti verso ovest
Verso ovest
E il fiume spinge i suoi morti verso ovest
Ma come puoi vivere se non puoi respirare
Ma dimmi come si vive
Senza ossigeno
quando il silenzio esploderà
questa terra sarà già deserto
quando la fine arriverà
la storia non salderà il conto
sembra così vicina adesso
Questa luna fredda, ghiacciata
Di fronte alla follia dell’uomo
Che non conosce tregua nè compassione
Ma che cos’è la paura in fondo
Quando il vero nermico
Il vero nemico
É il sonno della ragione
Perchè non puoi vivere
Se non puoi respirare
Ma dimmi come si vive senza ossigeno
Quando il silenzio esploderà
Questa terra sarà già deserto
Quando la fine arrivrà
La storia non salderà il conto
Quando il silenzio esploderà
Questa terra sarà già deserto
Quando la fine arrivrà
La storia non salderà il conto.
Gli altri 9 brani in gara quest’anno erano «Ora o mai più» di Giulio Casale, «Gambadilegno a Parigi» di Francesco De Gregori, «Holyland» di Eugenio Finardi, «Mani in alto» di Jovanotti, «Sale» dei Negrita, «Gastarbeiter» di Roy Paci & Aretuska, «Corpo a corpo» dei Subsonica, «Bomba innescata» dei Sud Sound System e «Immi Ruah» di Renato Zero.
Paolo Pobbiati, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International, spiega: «Questo brano ricorda una delle più grandi tragedie che hanno insanguinato la fine del XX secolo allora la comunità internazionale fu colpevolmente assente e ancora oggi ci interroghiamo sulle reali motivazioni e dinamiche di quell’abominio. Quanto accaduto successivamente in altri paesi africani dimostra quanto poco la lezione del Rwanda ci abbia insegnato a distanza di quasi dodici anni». (Fonte: Nigrizia)
CON GLI OCCHI DELLA SOCIETA’ CIVILE
Eugenio Melandri, direttore della rivista del Cipsi «Solidarietà Internazionale», ex parlamentare europeo (ma lo ricordo con affetto ai tempi della sua direzione di Missione Oggi e, in particolare, quando assieme al direttore di Nigrizia, padre Alex Zanotelli, nel 1986 ebbero il coraggio di portare all’attenzione dell’opinione pubblica la scandalosa e annosa problematica della vendita di armi ai Paesi in via di sviluppo, n.d.r.) qualche giorno fa ha scritto: «L’Africa vista con gli occhi della società civile non è un continente marginale. Anzi, è forse il continente dove più forte è la crescita della società dal basso, in una miriade di iniziative e lotte che ne fanno un vero e proprio laboratorio. Noi europei fatichiamo a capire. Abituati ad avere dell’Africa una visione negativa, stentiamo a riconoscere il passo assunto dalla sua gente che ha saputo e sa resistere anche in situazioni drammatiche; che ha saputo e sa progettare strade nuove per costruire un futuro non venduto ai modelli della globalizzazione che viene da occidente. Ho in mente tanti esempi di resistenza e di ribellione: dalle donne di Bukavu che da anni si battono contro la guerra e che sono scese in piazza a seno scoperto gridando di non voler più nutrire figli della guerra, ai giovani del Burundi che hanno rifiutato la divisione tra Tutsi e Hutu e si sono messi insieme per costruire un paese unito e riconciliato. Una società civile che ha saputo superare situazioni spaventose e che oggi vede premiato il proprio impegno. L’elezione di Ellen Johnson-Sirleaf, una donna, a presidente della Liberia, un paese per anni in mano ai signori della guerra, ne è la prova più eclatante (…). Certo, la pace non è ancora arrivata nella Regione dei Grandi Laghi. Ci sono ferite che faticano a rimarginarsi e, come tutti sanno, i signori della guerra remano contro perché, senza conflitto, sono più difficili i traffici illeciti (…). A noi europei tocca metterci al fianco di questa gente e camminare con loro…».
Paola Turci riceverà il premio durante la IX edizione del concorso “Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty” che si terrà dal 19 al 24 luglio 2006 a Villadose (RO).
Amedeo Tosi