L’AERONAUTICA VUOLE IL CACCIA F35


Basta con gli acquisti di Eurofighter. L’aeronautica militare adesso punta a comprare un centinaio di cacciabombardieri Jsf, gli F-35 prodotti dalla statunitense Lockheed Martin, che sta sviluppando il velivolo con i partner Northrop Grumman e Bae Systems.

Il generale di squadra aerea Giuseppe Bernardis è il nuovo capo di stato maggiore dell’aeronautica, sarà in carica dal 25 febbraio. In un colloquio con Il Sole 24 Ore ha parlato dei principali programmi di approvvigionamento, con un occhio alle ristrettezze del bilancio della difesa.

«La mia opinione personale – dice – è che i soldi per gli acquisti di nuovi velivoli sono sostanzialmente sufficienti. I fondi scarseggiano invece per l’esercizio, cioè l’attività e l’addestramento. Quest’anno faremo le stesse ore di volo dell’anno scorso, 80-90mila. Anni fa erano 120mila. E sono in prevalenza voli con aerei da trasporto. Per l’attività di combattimento suppliamo con le ore al simulatore».

Quali sono i temi più importanti per l’aeronautica? «Il Jsf, insieme alla chiusura del contratto Efa», risponde. Il caccia europeo è un argomento controverso con l’industria, perché gli ordini sono inferiori a quelli del «contratto ombrello» di partenza: l’Italia ha ordinato 96 Ef2000 anziché 121, le quattro nazioni europee 496 anziché 620. «Il fabbisogno dell’Efa lo riteniamo soddisfatto con i 96 velivoli per i quali abbiamo firmato il contratto di produzione. Il requisito per l’Efa è stato fatto nel 1980. Lo ritenevamo necessario per la guerra fredda, serviva un velivolo da superiorità aerea, per intercettare aerei sconosciuti ed eventuali combattimenti aria-aria. Caratteristiche che servono ancora oggi nei mutati scenari. Poi la situazione è cambiata e le macchine che abbiamo comprato ci bastano. Peraltro siamo estremamente soddisfatti di quello che sta facendo l’Efa presso i nostri reparti di volo».

C’è sovrapposizione tra Jsf e caccia europeo? «No. Ora abbiamo bisogno di sistemi che sostituiscano gli Amx e i Tornado, la macchina adatta è il Joint strike fighter, che ha una capacità primaria aria-suolo e come aereo da ricognizione. L’Efa fa bene un altro mestiere, ma non può avere la stessa capacità di attacco al suolo. Il nostro numero di Jsf era stato fissato in 109, da consegnare dal 2015 fino al 2027, oltre a quelli della Marina. Il contratto di acquisto potremmo firmarlo tra un paio d’anni. Tra breve – spiega Bernardis – dovrebbe partire il contratto per realizzare la fabbrica in Italia, la linea di assemblaggio finale e manutenzione, la Faco, a Cameri (Novara). Lockheed e Alenia Aeronautica, in raggruppamento temporaneo d’impresa, hanno presentato un’offerta. Sta per partire il negoziato con il ministero della Difesa».

Il generale Bernardis non fa cifre sui costi della Faco e degli F-35. Le cifre sono nel programma presentato dal governo al Parlamento, che nell’aprile 2009 ha dato parere favorevole al programma di acquisizione dell’F-35: è prevista una spesa di 16,6 miliardi di dollari, pari a 12,9 miliardi di euro di allora, per 131 velivoli fino al 2026. Per la costruzione della Faco, il costo sottoposto al Parlamento è di 775 milioni di dollari, 605,5 milioni in euro. I fondi però non sono ancora stati stanziati nel bilancio dello Stato.

«Il contratto Jsf – osserva – è importante perché porterà in Italia capacità operative che non abbiamo. Consentirà all’industria di proseguire l’attività dopo l’Efa. Non c’è un altro caccia in sviluppo in Europa. Alenia potrà costruire le ali per 1.200 velivoli, un terzo del programma Jsf». Le commesse tuttavia non sono garantite. Lockheed mette in gara i fornitori, secondo il principio del «best value». Finora l’industria italiana lamenta un ritorno inferiore alle attese dalla partecipazione al Jsf. «Per l’Efa – dice Bernardis – le previsioni del contratto ombrello iniziale, 620 macchine, potrebbero essere raggiunte con l’export, anche se l’industria non accetta questo discorso».

Il nuovo capo di stato maggiore tocca il tema dell’A400M, l’Airbus militare da trasporto dal quale l’Italia si è ritirata nel 2002, evitando un disastro industriale e finanziario. «Il discorso dell’impiego dell’A400M non è necessariamente morto per la Difesa italiana. Utilizziamo in prevalenza i nostri C130J, ma non abbiamo mezzi per il trasporto pesante. Oggi per i trasporti pesanti la Difesa deve noleggiare aerei, come l’Antonov russo o il C17 americano. Per l’Afghanistan c’è un ricorso continuo a questi noleggi». Tra le esigenze dell’aeronautica c’è anche «la sostituzione degli elicotteri, gli Hh3F verranno sostituiti con gli Eh101 per omogeneità con la marina.

Per i vecchi Ab212 pensiamo a una sostituzione temporanea con elicotteri di classe Aw139, la scelta definitiva sarà poi fatta insieme all’esercito». A causa della scarsità di fondi, «le nuove macchine saranno circa metà delle 60 attuali».

[ Fonte: Il sole 24 ore ]

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